Quando aveva quattro anni si nascondeva tra le barcacce dei teatri. Da lì ascoltava attenta le prove dell’orchestra e la voce di mamma, che col suo canto lirico la faceva viaggiare col cuore, con la mente, e per tutto il mondo. Oggi Beatrice Arnera ha 23 anni, e dei tendoni in velluto spesso, delle assi di legno del palcoscenico, dei riflettori puntati sulla pelle chiara, continua a non farne a meno. Dalla pellicola storica di Leonardo Tiberi Noi eravamo a quella young adult Tini - La nuova vita di Violetta, passando per il musical Aggiungi un posto a tavola e la commedia di Francesco Ebbasta Addio fottuti musi verdi, Beatrice ti racconta la sua storia al telefono con una voce a tratti incontenibile, come dovrebbe essere l’appetito di chi ha sempre fatto il lavoro dei propri desideri, “senza fermami mai”.

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Hai inseguito il tuo sogno affrontando non pochi ostacoli. Cosa consiglieresti ad un giovane “timorato” dal giudizio della propria famiglia?

Che le lotte interne coi coltelli sotto i tavoli, stile commedia americana, ci sono sempre state e sempre ci saranno. Nonostante ciò, bisogna fare quello che si desidera, cercando di non bruciare troppo le tappe, cercando di rispettare dei piccoli canoni di normalità.

Tu come hai fatto?

Sono andata via di casa per un po’, per scoprire meglio la recitazione. Poi ho deciso di ritornare, dare la maturità e continuare a lavorare. Lavoro-scuola-prove a teatro, questa è stata la mia routine per svariati mesi.

In Non c’è campo hai lavorato con Federico Moccia, un regista “feticcio” della tua generazione…

Sì, ammetto di essere stata una Tre metri sopra il cielo addicted. Sì, anche di Riccardo Scamarcio… Lavorare con Federico, comunque, è stata un’esperienza stupenda. Il set era formato praticamente solo da giovanissimi alla prima volta davanti la cinepresa, un esperimento sociale a tutti gli effetti.

Oggi sei al cinema con Puoi baciare lo sposo di Alessandro Genovesi, commedia che racconta di un amore omosessuale senza essere macchiettistico (finally!).

Cadere nel cliché è un attimo, ma sono orgogliosa di poter dire che in questo film non troverete personaggi-caricatura.

Tu chi interpreti?

Camilla, una pazza bionda platino, innamorata e a tratti ossessivo compulsiva. Ho recitato insieme ad un cast stellare che mi ha accolta nel migliore dei modi. A cominciare da Monica Guerritore. Praticamente una mamma!

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Affaire Weinstein-Brizzi: cosa ne pensi?

Ammetto di avere un’idea non popolare: provo totale solidarietà con le donne interessate, ma penso che nel 2018 abbiamo tutte la possibilità di fare in modo che certe cose non accadano.

Parli per esperienza?

Minuscola, ma ho avuto un’esperienza simile anch’io. E se c’è un uomo con la panza e i capelli bianchi che ti chiede favori sessuali in cambio di altro, è assolutamente possibile declinare l’”offerta”.

Apperò.

Il confine tra apprezzamento e molestia può essere breve. Io sono autoironica, cazzara, battutara, ma credo che anche a 20 anni puoi mandare a quel paese qualcuno che ti sta infastidendo!

Mi piacerebbe sapere come “crei” i tuoi personaggi.

Non ho una metodologia statica. Spesso mi ispiro a persone che conosco, che potrebbero assomigliare al personaggio che devo interpretare. Le persone sono la mia ispirazione, mi definisco “altrodidatta”. E poi, come dice Gigi Proietti: il re ha la corona. Nel senso che “l’abito” ti aiuta moltissimo, e se entri in scena con “la corona” avrai sicuramente più possibilità di immedesimarti e di coinvolgere il pubblico.

Per interpretare Camilla infatti hai subìto 4 decolorazioni in 3 giorni…

E fatto il septum al naso. E anche l’identificazione in una stalker ossessionata dal suo ex, con tutte le paturnie, inquietudini, insicurezze del caso.

La protagonista che avresti voluto essere?

Mathilda ovvero Natalie Portman in Léon.

Il regista della vita?

Sono innamorata di Quentin Tarantino: venderei un rene per lavorarci! (ride)