Questi racconti sono frutto del dormiveglia: sono racconti immaginari, tra il sonno e il ragionamento”. È così che, prima della pandemia, Ivan Talarico, cantautore, poeta e teatrante, imponendosi una scrittura all’alba, le 6.00 di mattina o giù di lì, ha masticato, scritto, costruito la sua prima raccolta di racconti, il Dizionario degli Amori Impossibili (edizioni NEO). Appunto. Lui che ne ha vissuti un sacco, dice, di amori impossibili, ma questi li ha confezionati dentro un amore possibile (è sposato, e da come ne parla, si può azzardare “felicemente”). Ogni storia prende il titolo dalla parola che più la rappresenta. E ogni parola, in ordine alfabetico, crea un piccolo dizionario sulle infinite e surreali combinazioni tra amanti: un vademecum umoristico che riassume cinquantadue interi drammi in poche righe, senza farne un dramma. Illustrazioni di Antonio Pronostico, dalla A alla Z.

Gli amori impossibili sono attuali anche post pandemia?
Mi piacerebbe dire di no. Significherebbe l’affermazione di quel “Ne usciremo migliori”. Temo non sia così. Anzi, se possibile sono ancora più attuali di quando li ho scritti. Vedo una rinnovata e vigorosa fiera degli egoismi uniti a fraintendimenti. Un campionario di relazioni costruite sull’incomunicabilità. Che si fa sfiducia. Ostinata. Non si vede l’altro, se non come proiezione di se stessi, qualcosa di simile a un problema di percezione e insieme un deficit di generosità.

Come interviene la sua scrittura surreale – lo possiamo dire – in questi inciampi relazionali?
Volutamente surreale. Mi sono divertito a mettere i protagonisti come elementi di una matematica assurda del ragionamento. Avverto un eccesso di realtà nella scrittura e ho lavorato di fantasia. Sento il bisogno di alleggerire. Destrutturare. Anche i nomi dei protagonisti sono inesistenti, folli (da Fiordo e Osaria a Cilippo e Starda, per citarne alcuni): vuole essere un catalogo molto ironico, le storie d’amore viste dall’interno sono complesse e io cerco di vederle dall’esterno, mi piacerebbe fossero come uno specchio. A me piace cercare nuove possibilità. Sperimentare. L’ironia e la provocazione sono aspetti fondamentali a differenza della speranza che è una sorta di alibi continuo, mai un motore. I racconti partono da uno spunto di realtà (come può essere con Colazione e Wafer), ma poi la realtà deve essere trasfigurata: lavorando con i significanti che metti in mezzo al racconto riesci a creare modelli in cui ci si identifica. 
Non mi piacciono i giudizi a priori. Viviamo una sovrabbondanza di realtà, bisognerebbe trovare più spazio per l’immaginazione.

L’eccesso di realtà nella scrittura non trova sia qualcosa che si percepisce anche nella vita – relazionale - mediata dai social network?
Direi proprio di sì. Riponevo grande fiducia nei social, credevo potessero avere un potere proprio, uno sviluppo in positivo. Una fiducia che poi è stata tradita. C’è un prendersi incredibilmente sul serio, sempre e comunque. E in tutto questo eccesso, abuso di post e didascalie di ogni attimo di realtà, sento, non so come, che la realtà sfugga. Non la si viva per davvero. È come perdere la capacità di astrazione e insieme mortificare la fantasia. Per non parlare dei sentimenti.

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Il sottotitolo del suo libro suona così “Sentimenti e Risentimenti tascabili”.
I risentimenti sono l’altra faccia dei sentimenti e sono riconoscibilissimi in chi legge. Più si avanza nella lettura, più ne si trovano. In tutto ciò in cui non c’è simbiosi, c’è risentimento. E, lo sappiamo dalla biologia, simbiosi non sempre ha solo un’accezione negativa, come relazionalmente siamo abituati a viverla. Quando si trova un punto d’incontro tra due diversità, si raggiunge qualcosa di potente. Forte. Credo anche che ogni sentimento non debba per forza essere equilibrato, purché funzioni. Nei miei racconti non c’è molta positività. Forse è un monito...

Sua moglie – suo amore possibile – cosa le ha detto dopo la lettura?
L’ha letto con piacere, ha notato la parabola negativa, lei tende al positivo, io nella narrativa cerco lo spiacevole, il mancante: è una sorta di segnaletica per la realtà coadiuvata dall’ironia delle strade e delle possibilità. L’incontro con mia moglie è l’incontro con l'amore possibile.

A furia di vivere relazioni impossibili ti convinci che non possa essercene uno possibile. Poi ti accorgi che statisticamente esiste e ritrovarcisi è entusiasmante. Quando ti accade, e non te lo aspetti, quasi non ci credi.

Per chi sono questi racconti?
All’inizio pensavo fossero solo per me (sorride ndr) …Sono per tutti. Per chi vive gli amori impossibili aspirando a quelli possibili, per chi ha voglia di giocare con l’astrazione, per chi non ha paura di ritrovarci qualcosa di suo, per chi ha voglia di ironia. Indicato per tutte le età. Soprattutto nella bella stagione.

Qual è il racconto a cui è più legato?
Credo a Fiume, un racconto onirico di una donna sempre in fuga dal compagno, una sorta di delirio di fuga… Io devo sempre ragionare per assurdo, mi diverto a sparigliare le carte. Questo so fare. Che sia scrittura, musica o teatro.