Nell’ultima settimana il suo nome è stato marchiato su carta, su digitale, su(i) social. E lui l’uomo dell’apparente understatement oggi ci ha lasciato: Sergio Marchionne è morto a 66 anni a Zurigo, nell’ospedale universitario dove era ricoverato dal 26 giugno. L’uomo dietro alla rinascita della Fiat, del mito Ferrari, l’uomo che ha fatto parlare le jeep e tradotto al mondo l’utilitaria che nessuno comparava più (prima di lui), la Panda. Sergio Marchionne ha lasciato il suo incarico in FCA e Ferrari sabato quando sono state ufficializzate le complicazioni di salute dell’ex ad di FCA. Dal ricovero a Zurigo a oggi il suo nome è stato ribattuto in mille modi, raccontato da penne così diverse e istituzionalizzato (forse) dalla lettera di John Elkann ai dipendenti del gruppo. Sue anche le prime parole ufficiali nell’annunciare la morte di Sergio Marchionne “È accaduto purtroppo quello che temevamo, Sergio l’uomo e l’amico se n’è andato”.

Le condoglianze del mondo vanno alla famiglia di Sergio Marchionne, dalla compagna Manuela e ai due figli, Alessio e Tyler avuti dal primo matrimonio, ma le biografie e gli aneddoti sul numero uno del mondo automobilistico si sommano rapidamente. Arrivato nel gruppo degli Agnelli nel 2003 come consigliere di amministrazione riesce nella (prima) impresa in un momento di forte debito da parte della maison torinese. Restituisce i debiti alle banche in un momento in cui Fiat, Alfa Romeo e Lancia perdevano “due milioni di euro al giorno”. Nel 2009 la fusione di Fiat con la Chrysler, nel 2009 il gruppo FCA è il settimo costruttore al mondo di automobili. Figlio di un carabiniere abruzzese, dal 1966 cresciuto in Canada dai 14 anni, poi Svizzera (a Zug) poi tre lauree e poi (per il riassunto dei riassunti) l’incontro con Umberto Agnelli nel 2003 che lo farà entrare nel cda di Fiat. Il resto è storia.