Quest’anno mi sono fatta la promessa di non sentirmi più in colpa per ogni cosa. Basta sentirmi in colpa per non essere sempre perfetta (se mai lo sono stata, in realtà), per non avere il più impeccabile dei guardaroba o un fisico invidiabile, perché mangio troppi alimenti con il glutine o bevo troppo caffè, perché faccio investimenti o scelte professionali che non si rivelano di successo, perché non rispondo a ogni singola email che ricevo, per non essere perfetta come madre, come moglie o come amica. (Mi sento stanca già soltanto a fare l’elenco di tutti questi inutili sensi di colpa).

Mark Zuckerberg of Facebook, seated, with his family at the Palo Alto office of Facebook in 2005.pinterest
The New York Times/Contrasto
Randi, a sinistra, con la sorella, i genitori e il fratello Mark. Per molti anni ha lavorato con lui a Facebook, come portavoce e direttore del market development.

Quando mi sono chiesta sul serio per quale ragione avessi sprecato così tanto del mio breve e prezioso tempo su questa terra a chiedere scusa, mi sono resa conto che tutto scaturiva dall’assillante pressione di avere tutto, fare tutto ed essere tutto, sempre e comunque. Non si può essere ogni cosa per ogni persona, che siate voi studenti, genitori, dirigenti, impiegati, coniugi, atleti, artisti, amici in difficoltà, imprenditori o geni dell’eclettismo. Ci è sempre stato detto di essere eccellenti in ogni campo in modo da raggiungere una sorta di equilibrio nobile e irreale in tutti gli aspetti della nostra vita. Io sono qui per sfatare quel mito. Credo che l’idea di trovare l’equilibrio perfetto valga solo per i funamboli. Credo che sforzarsi per raggiungere l’equilibrio ci spinga soltanto a una di queste tre cose: fallimento, aspettative irreali o, peggio ancora, mediocrità! Rabbrividisco.

Le persone che amate, le passioni che coltivate e gli obiettivi a cui puntate non dovrebbero risentire di quanto bene riuscite a conciliare tutte le cose. Ammettiamolo: non si riesce a concludere nulla di buono e significativo sforzandosi di fare tutto in ventiquattro ore. Senza contare lo stress! E a proposito di “fare tutto”, per quanto io sia una sostenitrice della filosofia “di più è meglio”, mi dispiace ma “tutto” non significa necessariamente “meglio”. Siete mai stati in uno di quei buffet all you can eat di Las Vegas, aperti ventiquattro ore su ventiquattro? Dieci portate dopo, alle tre del mattino, siete ancora del parere che “fare tutto” sia una buona scelta? Qualunque sia l’aspetto della vostra vita in cui volete dare il meglio di voi stessi - che sia la carriera, la famiglia, la forma fisica, una passione in particolare, la vita sociale, qualunque cosa! - dovete imparare a metterlo al primo posto della vostra lista di cose da fare. Ancora e ancora e ancora e ancora e ancora.

Ben equilibrati? Io ho una teoria diversa. L’idea di dover essere ben sbilanciati si è presentata per la prima volta mentre stavo facendo domanda al college. Ero una persona estremamente ambiziosa e motivata in una scuola molto competitiva come l’Horace Mann di Riverdale, New York. Come ogni studente che frequenta una scuola preparatoria a New York, pensavo che il culmine dell’esistenza fosse entrare all’università di Harvard. Ripetete insieme a me: ansia! Sta di fatto che io non ero la tipica persona a cui si pensa quando si pensa ad Harvard. Un anno ero stata bocciata in due materie, non avevo superato a pieni voti il test Sat, non ero rappresentante del corpo studentesco, non avevo fondato un’associazione non profit o fatto lo stage in qualche azienda cool e non avevo neppure origini familiari o contatti di un certo peso. In compenso ero un’appassionata totale di musical. Attenta, Ivy League, eccomi che arrivo… a passi di danza!

Crescendo ho trascorso ogni singolo momento della mia vita cantando o prendendo parte al mondo teatrale in qualsiasi modo possibile. Durante l’estate andavo in tournée con una compagnia d’opera semiprofessionale. Recitavo in numerosi spettacoli l’anno. Avevo creato una mia personalissima materia per cui partecipavo alle prove generali delle opere messe in scena al Lincoln Center e su queste scrivevo le mie tesine. Ho scelto Teoria musicale avanzata anziché Calcolo e, l’ultimo anno, ho mollato Scienze per potermi concentrare di più sulla musica. Il mio sogno era esibirmi a Broadway e, se non ci fossi riuscita, allora volevo aiutare a gestire Broadway.

Per quanto la mia famiglia sostenesse me e i miei progetti per il futuro, ero quasi sicura che nessuno mi credesse in grado di entrare ad Harvard. Mia madre mi ha raccontato che aveva abbassato lo sguardo imbarazzata quando il signor Singer, il mio consulente scolastico dell’ultimo anno, le aveva chiesto quale fosse l’università a cui stavo puntando e lei aveva dovuto rivelargli la più improbabile delle scelte: Harvard. Come se avessero mai potuto accettarmi! Tuttavia, incoraggiando i miei sogni, mia madre mi ha accompagnata a fare un tour del campus, durante il quale, ovviamente, mi sono innamorata della scuola. Gli affascinanti edifici in stile coloniale, le grandi tradizioni, la storia… Volevo andare ad Harvard a tutti i costi.

Abbiamo incontrato un’addetta alle ammissioni che ai tempi mi disse una cosa che mi è rimasta in testa per tutti questi anni (be’, non sono poi così tanti, e che cavolo!). Le sue parole sono diventate le fondamenta di questo libro: «Randi», aveva detto la donna, «Harvard cerca due tipi di persone. Primo, quelli ben equilibrati e secondo, quelli ben sbilanciati. Gli studenti ben equilibrati sono la colonna vertebrale della classe, ma sono quelli ben sbilanciati che la rendono incredibilmente interessante».

Randi Zuckerberg Scegline trepinterest
Getty Images
Randi Zuckerberg è imprenditrice, conduttrice e scrittrice di bestseller. Vive a New York con il marito e i due figli. Il libro Scegline tre. Puoi avere tutto (ma non tutti i giorni) è uscito il 20 settembre (HarperCollins Italia, € 17,50)

Oh mio dio, io sono così! ricordo di aver pensato. Sono una degli sbilanciati! Ed eccola lì, nove mesi dopo, la mia spessa busta goffrata con la lettera di ammissione ad Harvard per l’anno accademico 2003! Il mio primo incontro con il mondo del buon sbilanciamento era stato un successo! In quel preciso istante ho deciso che vivere sbilanciata sarebbe stato il mio motto e che avrei trasmesso tutta la saggezza e la conoscenza che questa strategia mi avrebbe dato. Quando, da maturanda troppo zelante e sognatrice qual ero, mi sono seduta nell’ufficio ammissioni, ho deciso che avrei seguito le mie passioni, che sarei stata una dei tipi interessanti e che mi sarei tuffata nelle cose con tutta me stessa, vivendo una vita magica e sbilanciata.

Quando sono passata dagli studi superiori al mondo reale, sapevo di aver bisogno di qualcosa che mi aiutasse a regolare tutte le mie attività e che una semplice app non avrebbe potuto riuscirci. Avevo una marea di interessi, un lavoro molto impegnativo e insieme a mio marito stavo progettando di metter su famiglia. Lo stress mi stava schiacciando. Proprio quando mi ero ormai convinta che avrei dovuto arrendermi, rinunciando ad alcune tra le mie cose predilette come per esempio rimanere in forma e andare di continuo a teatro, mi sono ricordata di quando l’addetta alle ammissioni di Harvard aveva parlato di “essere ben sbilanciati” e mi è venuta un’idea.

Non sono costretta a rinunciare a niente! ho pensato. Magari, invece di essere equilibrata, posso capovolgere le cose e concentrarmi piuttosto su come essere sbilanciata! Se invece di provare a fare tutto ogni giorno, mi focalizzassi sugli obiettivi più importanti della mia vita (lavoro, sonno, famiglia, fitness, amici) e ne scegliessi ogni giorno tre a cui dedicarmi? In questo modo potrei fare quelle tre cose molto bene e potrei poi sceglierne altre tre il giorno dopo. Così, col passare del tempo sarei ben riposata, in forma, appagata nel lavoro e nella vita sociale… tutto con i bambini al seguito! Ed è così, da un incontro per le ammissioni ad Harvard, dove non mi aspettavo nemmeno di entrare, che è nato Scegline tre.

Sono certa di non essere l’unica ad aver vissuto un momento tanto stressante e avvilente. Tutti noi ci portiamo il peso del mondo intero sulle spalle. Anzi, sono sicura che se passassi in rassegna tutte le cose che voi portate a termine ogni settimana, probabilmente sarei io a chiedervi di autografarmi questo libro! Pensare a tutte le cose che cerchiamo di conciliare può davvero sopraffarci.