Sono già passati 25 anni dalla morte di Fabrizio De André, e una Genova ancora dolente per il crollo del Ponte Morandi (e un sacco di altri guai) lo ricorda con tante iniziative e con tutto l’amore che si sono dati a vicenda durante la sua esistenza troppo breve. Qualche anno fa Luca Marinelli nel ruolo di Fabrizio De André nel film Fabrizio De André, Principe libero ha dato prova di come anche un attore che non appartiene alla generazione dei fan della prima ora, e che al tempo della sua scomparsa era appena 15enne, ha sentito il bisogno di riconoscere la grandezza di un artista mettendosi nei suoi panni. E riuscendoci bene: certi sguardi, certe mosse del coprotagonista di Lo chiamavano Jeeg Robot hanno fatto dimenticare, di tanto in tanto, che si trattasse solo di finzione. Chissà se Dori Ghezzi, la compagna storica del cantautore (nel biopic è interpretata da Valentina Bellé), ha avuto la stessa sensazione guardandolo. La storia d’amore tra Fabrizio De André e Dori Ghezzi è stata una delle più seguite del mondo dello spettacolo, negli anni 70 e 80, un esempio di educazione sentimentale da imitare, per molti. A unirli ci sono state tante cose che si sommavano a mano a mano che il tempo passava: prima l’attrazione fisica, poi la passione per la musica, una figlia, un rapimento sofferto insieme, gli anni vissuti in un sodalizio più inossidabile di tanti legami meno anticonformisti del loro. “I suoi testi li abbiamo, la sua voce la sentiamo cantare. Quello che mi manca di lui è la voce con cui parlava a me, però”. Così Dori Ghezzi, in un’intervista sulla Rai rilasciata a Gianni Minoli anni fa si lasciò andare quel poco che basta per far capire cosa significa aver perso troppo presto un uomo come Fabrizio De André, detto Faber, un soprannome che gli affibbiò l’amico d’infanzia Paolo Villaggio perché Fabrizio amava molto i pastelli colorati Faber Castell. A quell’intervista di qualche anno fa, nel programma La storia siamo noi, Dori Ghezzi si era prestata a una condizione: “purché non ne esca un santino, a lui non sarebbe piaciuto”. E poi ha attaccato a raccontare di quanto il suo uomo fosse tutt’altro che deprimente o pessimista, di quanto fosse allegro e spiritoso. Di come l’avesse messa subito a suo agio, al primo incontro importante, quando con uno sguardo avevano già capito di essere fatti l’uno per l’altra.

Portrait Of Fabrizio De Andrepinterest
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Dori Ghezzi e Fabrizio De André si erano conosciuti nel marzo del 1974 in uno studio di registrazione, dopo vari incontri in cui si erano sbirciati ma non si erano mai parlati. Stavolta un amico comune, finalmente, li presenta ed è colpo di fulmine. Lei canta già da un bel po’, dal 1966, come solista (ha un paio di festival di Sanremo nel curriculum) ma soprattutto nel duo Wess e Dori Ghezzi che all’inizio degli anni 70 sta riscuotendo un enorme successo. Fabrizio è già un mostro sacro, il cantautore poeta impregnato di cultura, l’anarchico che legge Bakunin e Malatesta, che ha raggiunto la grande fama con La canzone di Marinella, e che ha visto morire suicida l’amico d’infanzia Luigi Tenco. Oggi Dori Ghezzi dice che tra loro è andata subito benissimo, che si sono scambiati subito i numeri di telefono, ma che la gente dell’ambiente della musica la metteva in guardia su Fabrizio dicendole che non doveva fidarsi si lui, che l’avrebbe fatta soffrire. “Per fortuna non ho dato retta a nessuno, il giorno dopo ci siamo già sentiti”, dice lei. Vanno a vivere insieme quasi subito. Per Fabrizio è il secondo legame importante dopo quello con Enrica Rignon, detta Puni, più grande di lui di 10 anni, sposata in chiesa nel 1962. Da lei ha avuto il primo figlio Cristiano. Nel 1974 in Italia passa la legge sul divorzio e un anno dopo lui ed Enrica scindono il matrimonio. Dori diventa la sua compagna ufficiale e nel 1977 hanno una figlia, Luisa Vittoria, che tutti chiameranno Luvi.

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Fabrizio con la prima moglie Puni e il figlio Cristiano

Il 27 agosto del 1979 Fabrizio De Andrè e Dori Ghezzi diventano i protagonisti di una vicenda che terrà col fiato sospeso l’Italia intera. Vengono sequestrati nella loro casa a Tempio Pausania, in Sardegna, una tenuta che Fabrizio stava mettendo su per lasciare qualcosa di concreto ai propri figli “che non credo riceveranno molto dai diritti d’autore delle mie canzoni”, diceva lui senza immaginare il suo futuro. I rapitori hanno tenuto d’occhio la coppia per giorni, a distanza. La sera fatidica hanno aspettato che dalla casa uscissero tutti gli ospiti che erano a cena, i loro genitori, la sorella di Dori col marito, alcuni amici. La piccola Luvi viene portata via dai nonni materni per farla stare con loro un po’ di giorni. I rapitori entrarono in azione mentre i due cantanti avevano già spento le luci. Fabrizio non fa in tempo a prendere il suo fucile, i malviventi li prelevano e li portano via. L’obiettivo è di far sborsare al padre di Fabrizio un riscatto di un miliardo. I De Andrè sono una facoltosa famiglia piemontese stanziata a Genova e il padre, laureato in filosofia, è stato il direttore di testate importanti come La nazione e Il resto del Carlino.

Fabrizio De Andre in a recording studiopinterest
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I primi giorni di sequestro, relegati in una baracca, il tempo passa veloce per colpa e merito delle emozioni forti che stanno provando. Poi tutto si appiattisce e Dori racconterà in seguito che poiché i sequestratori non fanno mancare le sigarette a Fabrizio, accanito fumatore, lui confezionerà delle carte da gioco usando il cartone dei pacchetti. Quando fa freddo, racconterà ancora lei in un’intervista a Sorrisi e Canzoni subito dopo il sequestro, fanno l’amore per scaldarsi e rincuorarsi a vicenda. Hanno paura, ma il pensiero va continuamente alle persone che attendono il loro rilascio, i genitori e i figli. La maggior parte del tempo indossano dei cappucci che i rapitori gli toglieranno solo di tanto in tanto. Per alimentarli senza slegargli le mani, li imboccano con pezzetti di salsiccia e pane. “Nessuno si era preso così tanta cura di me da quando ero bambino”, racconterà poi Faber ironico. Verranno liberati quattro mesi dopo, il 20 dicembre. I rapitori verranno catturati tutti e condannati nel 1983. Fabrizio e Dori hanno però concesso il perdono ai loro carcerieri che “a parte l’averci privato della nostra libertà, ci hanno trattato abbastanza umanamente”, spiegano. De André scriverà la canzone Hotel Supramonte proprio per raccontare questa esperienza terribile. E da quel momento, alla stampa, dirà sempre che se è riuscito a convivere con Dori in pochi metri quadri di prigionia, vuol dire che insieme stanno proprio bene.

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Il 7 dicembre del 1989 Fabrizio De André e Dori Ghezzi si sono sposati a Tempio Pausania dopo 15 anni di convivenza. L’anno dopo Dori dovrà lasciare la carriera artistica per problemi alle corde vocali. Con piccole eccezioni: nel 1992, in cui fa da corista al tour del marito, e per cantare con lui nel brano Khorakanè dell’ultimo album, Anime salve, insieme alla figlia Luvi. Fabrizio ama le donne della sua famiglia. “Ho una grande stima di mia madre, il Vinavil della famiglia”. Col padre Giuseppe, uomo tutto d'un pezzo, cosa che mal si combina con lo spirito anarchico del figlio, con la sua solidarietà nei confronti degli sbandati, si scontra spesso. Il fratello, Mauro, invece è uno che “se prendeva meno di un 30 e lode metteva su il muso”. In una famiglia di presenze così ingombranti aveva cercato il modo per emergere in un campo in cui gli altri non potevano competere: “la chitarra”. Ma a evitare che tutti si scollassero era, appunto la mamma Luisa. Con la stessa devozione tratta sua moglie Dori che gli resterà a fianco aiutandolo, sostenendolo canzone dopo canzone, tour dopo tour, album dopo album mentre i figli crescono. Fino a quando nel 1998 lui è costretto a cancellare un concerto a Saint Vincent perché si scopre malato. La passione per il fumo, che li aveva aiutati durante la prigionia con quelle carte ricavate dai pacchetti, gli sarà fatale. L’11 gennaio del 1999 un carcinoma polmonare uccide il poeta cantante a Milano. Quando una persona così immensa ti viene a mancare le possibilità sono due: precipitare nel vuoto che ha lasciato, o continuare a viverci insieme. Dori Ghezzi ha scelto la seconda, dedicandosi alla Fondazione Fabrizio De André Onlus e al Centro Interdipartimentale di Studi Fabrizio De André all’Università degli Studi di Siena. E ogni volta che partecipa a una mostra, a un ricordo di Fabrizio, Dori non manca di dire, col sorriso che non arriva mai agli occhi, sempre un po’ malinconici: “È una gioia, comunque, condividere questo mio resto della vita ancora con lui”.