Enigmatica? Sì. Misteriosa? Forse. Ma forse tutto finisce lì, riguardo alla mitologia che tramanda Yoko Ono come una dark lady culturale. E invece, a 76 anni, è un’artista e una signora (premiata alla Biennale d’arte di Venezia con il Leone d’oro alla carriera per i 50 anni di lavoro) libera dal ruolo di “vedova di”. Risponde con ferrea dolcezza alle domande tra una pausa e l’altra dell’installazione che occupa (fino al 20/9) la Fondazione Bevilacqua La Masa, tra sculture, video, foto, disegni. Il nome dell’opera? Anton’s Room.

1. Mi chiamo Antonio: posso ringraziarla di aver chiamato con il mio nome questo suo lavoro? (Ride. Meglio così...). Mi spiace, non è dedicato a lei. Mi serviva un nome anonimo, facile, l’equivalente per voi italiani di “Tizio, Caio, Sempronio” (Sigh!).

2. Non è che con questo premio lei (da sempre considerata un’artista d’avanguardia) corre il rischio di diventare istituzionale? Scherza? Sono sempre stata fuori dalla cultura ufficiale. Quando ho saputo del Leone d’oro sono rimasta sorpresa. Ok: sorpresa e onorata.

3. Che significa fare “avaguardia” ? Non do nomi a nulla e a nessuno. Si figuri se etichetto il mio lavoro.

4. Come le piace essere definita? Una scienziata che trova nuove soluzioni ai grandi temi della vita.

5. Testi critici a parte, cosa vuole dirci con questa installazione? All’inizio avevo pensato di intitolarlo Diario di una donna. Poi ho pensato alla storia di una vita femminile non raccontata in prima persona, ma da un uomo che potrebbe essere suo figlio. Per evidenziare le contraddizioni e le difficoltà che le donne hanno nel corso della vita, mi serviva uno sguardo maschile. Quello di Anton.

6. Le donne vivono ancora tempi difficili? Sì. Magari in superficie tutto sembra essere cambiato, ma se si va in profondità ci si accorge che viviamo gli stessi problemi.

7. Tipo? Per esempio quando diventiamo madri: a un tratto smettiamo di essere viste come femmine che hanno desideri. C’è una scultura in Anton’s Room: rappresenta pezzi di un corpo di donna. Veniamo percepite così: a pezzi.

8. Maternità: una questione di istinto o un ruolo che va imparato? Penso che nelle società primitive fosse naturale: in quelle di oggi, invece, è un’esperienza “innaturale” perché anche in gravidanza si richiede alle donne di soddisfare delle aspettative.

9. Si ritiene una buona madre? Che cos’è una buona madre?

10. Nata in Giappone, cresciuta negli Usa, lunghe permanenze in Europa: a quale paese sente di appartenere? All’universo.

11. È importante che il pubblico interagisca con il suo lavoro? Senza dubbio. In Anton’s Room ogni stanza della Fondazione Bevilacqua La Masa ha pastelli, colori e fogli dove si può scrivere ciò che si vuole sulle madri, sulla vita, su tutto.

12. È importante piacere al pubblico? Se avessi ascoltato quel che la gente diceva di me e del mio lavoro, non sarei approdata a nulla.

13. La gente la riconosce per strada? Cosa le dice? Sono molto affettuosi. C’è chi mi vuole abbracciare, chi mi chiede un autografo: mi sembra un miracolo rendere felice qualcuno solo con la mia firma.

14. Lei ha sempre detto: «il mio unico compito è essere me stessa, sempre e comunque». È stata dura essere «sempre se stessa»? Non avrei potuto fare altrimenti.

15. John Lennon la descriveva come «la più famosa artista sconosciuta: tutti sanno chi è ma nessuno sa cosa fa». 30 anni dopo è ancora così? La verità? Non lo so.

16. Suo figlio Sean ha tre aggettivi per definirla: quali sarebbero? Spero siano più di tre. Mio figlio, essendo un artista, capisce quanto sia impegnativo avermi come madre.

17. E lei, quali userebbe per lui? Comprensivo, gentile, concettuale.

18. Quanto conta essere narcisista? Quando finisco un lavoro mi dico: «Wow! Ma è bellissimo! Lo capiranno tutti!». Senza narcisismo gli artisti non riuscirebbero a vivere.

19. Yes, I’m a Witch è il suo ultimo cd: che significa essere «una strega»? Era una canzone del ’63 ma mi sconsigliarono di inciderla: avrebbe aumentato la mia impopolarità...

20. Si sente ancora una strega? Sì, ma nel senso di forza femminile. Pensi al corrispettivo maschile, “mago”. Ha qualcosa di magico, di fiabesco. Non fa paura. Almeno oggi le streghe non le bruciano più...

21. Che progresso! Crede che il mondo vada verso il peggio o no? Sono convinta che l’umanità si avvii esponenzialmente verso un futuro sempre migliore. Per questo mi auguro di morire il più tardi possibile...

22. Lei è ottimista? No, sono logica.

23. Logica!? Non è strano per chi è così connessa alle emozioni? No. E poi io mi sento una scienziata!

24. Cosa sognava di fare da bambina? (Domanda non fatta: lo si capisce).

25. A cosa serve l’arte? È l’unico modo per comunicare con gli altri. Nessun politico, nessun capo religioso saprà mai comunicare come un artista.

26. Neanche il Papa? No, perché invece di esprimere cos’è sentire la religione o la spiritualità, deve diffondere l’idea stessa di religiosità. Noi artisti siamo i soli a trasmettere emozioni. Siamo liberi.

27. In cosa crede? Nella responsabilità, nella continuità e nel coraggio. E naturalmente, in me stessa.

28. Coraggio: ce n’è voluto molto? Non lo so. Mi considero una persona fortunata. Molto fortunata.

29. Torna spesso a Tokyo, dove è nata? (Lo sguardo, eloquente, dice: «Ma che domande mi fai?». Ok...).

30. Lei è nota come “provocatrice”, provocare ha ancora senso, oggi? Per me provocare è trovare quel punto dove infilarsi - di solito è un punto che fa male - per dire «Ehi, sveglia!».

31. Tre provocatori di oggi che ammira, in qualsiasi campo? Io. Lei. Chiunque. Tutti siamo in grado di dare una scossa alla società.

32. Chi sono i suoi eroi? Sembra che adesso ce ne sia un gran bisogno. La notizia è: non è vero. Perché tutti possiamo esserlo.

33. Tutti possiamo essere artisti? (Risposta: un sorriso. Silenzioso).

34. Cosa ha imparato dal suo lavoro? Che la bellezza è connessa alla paura.

35. Il più bel ricordo d’infanzia? Avevo quattro anni, c’era la guerra. La mia famiglia aveva deciso di tornare a Tokyo dalla campagna dove eravamo rifugiati. Era notte, nevicava. Molti ci dicevano di non andare. Io ne ero così convinta che ho voluto essere messa su su, in cima alla montagna delle nostre cose accumulate su un camion. Da lì vedevo il precipizio su cui si affacciava la strada, tutta curve. Spaventoso. Poi ho guardato in su. C’era una luna bella, ma così bella...

36. Così bella da farle capire che il bello convive col dolore? Esatto.

37. Non le sembra che nell’arte questo sia un po’ un luogo comune? La felicità può dare luogo a quelli che io chiamo resoconti. Ma non arte.

38. Si è mai sentita odiata? Oh, moltissime volte! Ma amore e odio sono simili, hanno lo stesso quoziente di energia. Sei tu che puoi trasformarli. E crescere

39. Il più bel ricordo prima di incontrare John? Tutti gli artisti conosciuti prima di lui.

40. Come è stato amare John? Bello e naturale: non solo ci amavamo, ma amavamo reciprocamente anche il nostro lavoro.

41. Avete mai litigato? Sicuro. Ma erano sempre discussioni teoriche tipo: «Non sono d’accordo con te su quel filosofo o su quell’artista».

42. Quale ninna nanna cantava a Sean? Io? Gliele cantava John.

43. Lei continua a vivere nel Dakota, il palazzo di N.Y. da dove John Lennon è uscito per non tornare più: non è pesante? No. Perché?

44. Non è troppo doloroso? Il Dakota è dove è nato Sean, è il luogo dove ci piaceva vivere. Non vedo nessun motivo per andare via.

45. Perché vuole istituire la “giornata del perdono” l’8 dicembre, giorno in cui è stato ucciso Lennon? Lo faccio per lui, ma soprattutto per i suoi fan. Vorrei che in quel giorno si chiedesse scusa a coloro che hanno sofferto l’insopportabile.

46. Vendetta: che significa per lei? Una grande perdita di tempo.

47. Meglio perdonare o essere perdonati? Secondo lei? E poi perdonare fa bene alla salute, ti mette in pace con il mondo.

48. Com’è dentro, la sua casa? Spaziosa. Molto bianca.

49. Ci sono molte sue opere? Oh, no! I miei lavori sono in cantina. Ho opere di altri artisti.

50. Di chi? Non ho alcuna intenzione di dirglielo (si sta innervosendo...).

51. E perché non me lo vuole dire? (Aiuto...) Non ho alcuna intenzione di soddisfare delle curiosità morbose. Non mi riferisco a lei, ovvio...

52. Cosa apprezza di più in un uomo? L’apertura mentale, l’onestà intellettuale e l’affidabilità.

53. E in una donna? Lo stesso. E in più l’assoluta mancanza di aggressività.

54. La parola che ama e/o odia di più? Ogni parola può essere bella o terribile. Dipende da come le usi.

55. Meglio un anno senza amore o un anno senza arte? Per me fare arte equivale a fare l’amore.

56. Amare è la stessa cosa che fare arte? Sono un’artista - e una persona - concettuale. Se una mattina mi alzo e vedo un cielo azzurro, amo quel cielo e me ne sento riamata. E fare arte, per me, è condividere l’amore.

57. La critica più bella che ha avuto? Di aver fatto pensare le persone.

58. E la più brutta? (Non c’ è tempo...).

59. Lei, John e Sean avete mai ascoltato insieme Beautiful Boy, la canzone dedicata a vostro figlio? Intende dire mano nella mano? (Avverto un lieve sarcasmo). Sì, l’abbiamo sentita: faceva parte di Double Fantasy, l’ultimo cd di John, che abbiamo inciso insieme.

60. In quella canzone, John canta: «Life is what happens to you while you're busy making other plans». È d’accordo? Sì. Anche se spero che la vita progetti sempre qualcosa di bello, per noi.

61. Dove si va quando si muore? Non ci voglio pensare.

62. Crede in Dio? Credo che dentro ognuno di noi ci sia un potere che si possa anche chiamare Dio.

63. Cosa mette nella sua valigia? Non me ne preoccupo proprio.

64. Aver sposato una leggenda le ha reso la vita più facile o no? Da John ho imparato molto, ma con lui mi sentivo come una donna in gravidanza: sentivo il mio sangue tutto concentrato nel ventre, come se fossi sempre incinta. Incinta di lui, naturalmente.

65. Le piace la moda? Esiste, ma non è al centro dei miei pensieri.

66. Perché si veste sempre di nero? Non mi vesto sempre di nero.

67. E i suoi occhiali neri? Non li metto sempre. O quasi. (Quasi?!)

68. Salute, amore, successo: in quale ordine? Amore, salute, successo.

69. C’è una persona che le piacerebbe conoscere? La prossima che incontrerò per caso.

70. Una domanda a cui non risponderebbe mai e poi mai? Nessuna.

71. Quanti hanno il numero del suo cellulare? Non ho il cellulare.

72. Com’è cambiato il rapporto tra giovani e società dai 60 a oggi? Spero che le nuove generazioni abbiano più consapevolezza osservando non solo le cose belle che abbiamo fatto, ma anche i nostri errori.

73. C’è ancora qualcosa che può sorprenderla? Me lo auguro!

74. Arte: solo per i ricchi? Per tutti.

75. Damien Hirst o Julian Schnabel? Damien Hirst e Julian Schnabel.

76. Cina o India? Cina e India.

77. Mick Jagger o Keith Richards? Mick Jagger e Keith Richards.

78. Ha paura di invecchiare? No.

79. Un consiglio per i giovani artisti? Non avere mai paura di niente.

80. Chi ha oggi il potere vero? Tutti.

81. Power to the People quindi: è ancora possibile? Oggi più che mai.

82. People Have the Power, come canta Patti Smith? Proprio così.

83. In Giappone ci sono due Murakami: Haruki, lo scrittore, e Takeshi, il pittore. Chi preferisce? Haruki, lo scrittore. Ma non dovrebbe farmi questa domanda!

84. E perché no? Perché sono tutti e due degli artisti.

85. E allora? È dovere di ogni artista proteggere ogni collega.

86. Primo pensiero della giornata? Che sia un giorno meraviglioso.

87. E l’ultimo prima di andare a dormire? Che il sonno sia profondo.

88. Un momento indimenticabile della sua carriera? Molti. Glielo ripeto: fare arte vuol dire, per esempio, superare anche la barriera di diffidenza di uno a cui magari all’inizio non eri simpatico.

89. E uno dimenticabile? Non ce ne sono. L’avrò dimenticato?

90. Chi o cosa la rende felice? Me.

91. Pensa ci sia ancora bisogno del femminismo, magari più moderno? Ne sono assolutamente sicura.

92. Beth Ditto ha detto «Yoko è il mio idolo». Lei cosa apprezza nella giovane rockstar americana? La sua capacità di essere se stessa e di trasmettere messaggi autentici.

93. A parte la morte di John Lennon, c’è qualcosa che non vorrebbe più ricordare? No.

94. In che modo racconterebbe la storia d’amore con John a chi non la sa? Come quella di due persone che si sono amate. Punto.

95. Artisti sopravvalutati? Nessuno.

96. E sottovalutati? Tutti.

97. Dove andrà in vacanza quest’estate? Non lo so.

98. Lavora con suo figlio? Ha prodotto il mio album Between the Sky and my Head (prende il nome dalla recente mostra al Baltic Centre for Contemporary Art di Newcastle, ndr) che uscirà a settembre.

99. Cosa farà alla fine di questa intervista? Continuerò a lavorare alle mie installazioni.

100. Sincera: potrebbe smettere di fare l’artista? Potrebbe smettere di respirare?