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Cinquantaquattro anni e alle spalle una carriera di trentacinque, Keanu Reeves è nelle nostre vite da molto tempo ma solo oggi è assurto a ossessione collettiva e ha conquistato l’ambito titolo di Internet’s Boyfriend, soprattutto grazie alle sue gesta extracinematografiche: un mix di discrezione, atti di gentilezza gratuita e momenti di sincerità spiazzante che gli hanno pian piano aperto la strada del nostro cuore. Giugno è stato il suo mese. Il 2019 sarà il suo anno? Nel mentre riassunti di un Keanu Reeves virale come neanche negli anni 90.

La sua vita low profile ha ispirato meme storici come Sad Keanu, il suo carattere naturalmente cortese e generoso ha reso virali video su Youtube in cui lascia il posto alle signore sulla metropolitana e resoconti di fan che raccontano di autografi firmati spontaneamente, solidarietà durante atterraggi aerei d'emergenza, colazioni regalate all’intero staff di un film, prestiti e passaggi dati a sconosciuti e sconosciute senza nessuna ragione apparente se non quella di essere una brava persona (esiste persino un intero thread di Reddit dedicato alle sue gesta). Eppure, è anche l’uomo che al cinema interpreta l’impassibile e sanguinario John Wick, ormai icona ufficiale di un cinema d’azione concettuale in cui le coreografie sono complesse e aggraziate come passi di danza e il personaggio principale è così modellato sull’attore che lo interpreta – il regista Chad Stahelski è uno stuntman di professione ed è stato il double di Reeves, dunque ne conosce alla perfezione la fisicità – per il carattere silenzioso e zen ma anche per un lutto molto simile a quelli di Reeves (che nella vita reale ha perso una moglie e una figlia giovanissimo), da confondersi con lui nonostante la sua immagine di mitezza nella vita reale. In più, aggiungeteci che ha vissuto su di sé la difficile esperienza di essere mixed race in America, che all'apice della carriera si è preso cura della sorella durante una lunga malattia e che per scelta non tocca mai le donne quando posa in foto con loro e otterrete un mix unico di serenità, virilità, vulnerabilità e mistero che lo posizionano in un'intersezione perfetta tra differenti modelli di uomo, perfettamente rappresentativa del momento storico che la mascolinità sta vivendo.

Infatti la cotta collettiva per Keanu Reeves (che ha già un nome, Keanuaissance) non è certo alimentata dallo stesso attore, che anzi ha una scarsissima presenza online ufficiale, anzi è frutto di uno spontaneo movimento di avvicinamento del mondo a lui, e non viceversa. Qualche anno fa, Keanu Reeves non sembrava per niente l’uomo perfetto, anche se era già la deliziosa persona che oggi amiamo e non era considerato neppure più particolarmente rilevante come attore e come celebrity. Cosa è cambiato? Non certamente lui, siamo cambiati noi: dai tempi in cui il suo nome appariva raramente online a oggi, il profilo dell'uomo ideale è cambiato così tanto che Reeves si è ritrovato a incarnarlo alla perfezione.

La transizione da un modello di mascolinità tradizionale, quella che pretende in un uomo ambizione, forza, assertività e perenne desiderio sessuale, a un modello più evoluto che mette in primo piano qualità come la gentilezza, la cura, il contatto con le proprie emozioni è diventata in questi ultimi anni un bisogno così urgente (manifestato non soltanto dalle donne, ma dagli uomini stessi) da stimolare un cambiamento culturale che pur essendo un processo ancora in divenire si riflette già prepotentemente sui media e soprattutto sugli idoli maschili che la contemporaneità si sceglie.

Seppure il modello eccessivo e aggressivo del maschio salviniano abbia ancora le proprie estimatrici e i propri estimatori, specialmente in una fascia anagrafica alta, più ci si avvicina alle generazioni più giovani e più si notano modelli di maschi famosi sempre più binary, timidi, gentili, dolci, fisicamente androgini o apertamente femministi.

Timothée Chalamet e Harry Styles, ad esempio, giovanissimi e già perfettamente consapevoli di incarnare un nuovo modello di mascolinità rispettivamente nel cinema e nella musica, per niente spaventati dall'effetto che sulle carriere potrebbe avere l'esordire interpretando un personaggio gay o il farsi vestire dagli abiti gender neutral di Alessandro Michele per Gucci. O Terry Crews, ex star della NFL oggi attore sia d'azione che comico, che su Washington Post ha dichiarato di essere stato molestato sessualmente in solidarietà con il movimento #metoo senza paura di far sollevare un sopracciglio a chi ritiene che sia impossibile, per un enorme ex giocatore di football, subire gli stessi abusi di potere che subiscono quasi sempre le donne, aiutando a far comprendere quanto la violenza sulle donne non riguardi semplicemente la sopraffazione fisica ma sia l'espressione di uno squilibrio di potere, in cui il genere rappresenta a volte un dettaglio incidentale nella dinamica tra chi decide e chi subisce. Una storia simile a quella raccontata da Brendan Fraser a GQ Usa: l'impossibilità per un uomo di essere preso sul serio se racconta di aver subito un abuso sessuale e la difficoltà di conciliare la vulnerabilità fisica ed emotiva con l'immagine stereotipata del maschio, specialmente etero.

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Dalla stessa parte, ma partendo da esperienze completamente diverse ci sono gli uomini di Queer Eye, reality show Netflix che si pone l'obiettivo di creare un ponte e un dialogo non solo tra gay ed etero ma anche tra conservatori e progressisti, bianchi e neri, uomini e donne, portando in giro per l'America rurale cinque favolosi omosessuali che già al loro interno rappresentano cinque modelli di mascolinità assolutamente peculiari e totalmente diversi tra loro. O ancora, c'è Justin Baldoni, star della serie tv Jane The Virgin e alfiere della lotta per ridefinire cos'è la mascolinità attraverso la Facebook Series Man Enough, che attraverso il dialogo tra maschi di varie età e culture punta a cercare di trovare il bandolo della matassa identitaria all'interno di quello che per i giovani maschi è un brave new world, in cui sentirsi finalmente autorizzati a sperimentare con la propria identità allontanandosi dagli eccessi della toxic masculinity, ma in cui è certamente possibile anche sentirsi un po' persi. Sebbene la mascolinità stia cambiando e cercando di riflettere i bisogni del presente, infatti, per un giovane uomo è difficile trovare il proprio modello ideale o anche solo un punto di partenza, dovendo districarsi tra un'iconografia del maschile in divenire che oscilla tra Putin che va a cavallo a torso nudo e Dwayne “The Rock” Johnson che salva i cagnolini.

La crisi contemporanea della mascolinità tradizionale, come racconta egregiamente Pankaj Mishra sul Guardian, viene da lontano perché certo, essere maschi è un privilegio ma costringe a sottomettersi al mito della forza che intrappola da secoli gli uomini in prigioni diverse ma altrettanto strette di quelle delle donne. Ma questa crisi ha finito per produrre come effetto collaterale, sulla parte della popolazione maschile e femminile che fatica di più a liberarsi degli stereotipi con cui è cresciuta, un’ultima disperata ricerca di potere e controllo, un anacronistico tentativo di fermare il cambiamento delle abitudini che fa vivere in una condizione di rabbia perenne verso chiunque sia diverso da loro, finendo per negare persino le evidenze più chiare degli effetti della toxic masculinity.

Eppure, il mercato parla chiaro: la necessità di una transizione verso un modello maschile più “sostenibile” è diventato un tema così urgente da rendere la new masculinity uno dei trend del marketing più caldi del 2019: a partire dalle nuove abitudini alimentari che ridefiniscono la dieta maschile diminuendo le quantità e il consumo di carne, fino all'emergere della passione per il beauty maschile consacrata da Chanel fino alla Gillette (monopolista globale del mercato dei rasoi e quindi, perfettamente in grado di capire lo zeitgeist e la direzione dell'evoluzione del maschio) che realizza uno spot che mette in discussione i luoghi comuni sull'essere maschio e trasforma la storica tag-line del brand “The best a man can get” - il meglio che un uomo può avere, in “The best men can be” - il meglio che un uomo può essere. L'elemento fondante di questa nuova mascolinità che riflette i bisogni del presente sembra essere proprio l'essere persone e di conseguenza uomini migliori: nei confronti delle donne, dei propri figli o anche degli sconosciuti come nel caso di Keanu Reeves, che ha deciso di smarcarsi dal dover aderire al modello di forza e assertività dell'eroe d'azione classico ed è quindi diventato, forse inconsapevolmente, il modello di celebrità più aderente al nuovo maschio che si sta costruendo nel nostro presente, un vero e proprio ponte tra vecchia e nuova mascolinità, che coniuga la forza dell’action con la sensibilità dell’eroe romantico, e che non aderisce a un modello precostituito di star.

Keanu Reeves e gli altri incarnano un modello di uomo che ha il coraggio di vivere la vita come vuole, senza sentire il bisogno di conformarsi e finendo per costruire un proprio modo di essere maschio personale, completamente nuovo e originale. E la risposta entusiasta del mondo alla Keanuaissance dimostra che di uomini nuovi c’è molto bisogno.