Luciano De Crescenzo è morto, e che tristezza grande si deve portare sulle spalle nel salutare, dopo Andrea Camilleri, due personaggi che con i loro libri, i loro toni garbati, la filosofia pratica di vita meridionale hanno sparso una patina luccicante sulla storia recente del Sud italiano. Per tutta la sua vita Luciano De Crescenzo è stato un personaggio versatile, curioso, capace di fare tante cose e tutte bene. Aveva 90 anni, l’età a cui tutti speriamo di approdare, e già 20 anni fa si rammaricava, con chi aveva la fortuna di frequentarlo, di aver perso un po’ di memoria e di non avere più la forza di un tempo. Napoletano doc, cresciuto nel quartiere di San Ferdinando, compagno di scuola – guarda tu a volte il destino – di quello che sarebbe diventato Bud Spencer (Carlo Pedersoli all'anagrafe), era figlio di un guantaio, mestiere prestigioso all’epoca. Ha frequentato tutta l’intelligenza goliardica italiana possibile, da Renzo Arbore a Roberto Benigni, ed era davvero quello che, con un termine abusato, si può definire solo “un genio”.

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Perché era laureato in Ingegneria idraulica, una di quelle materie che si tirano in ballo quando si intende metaforicamente che una cosa è difficilissima da capire, e questo dettaglio ogni tanto ne faceva oggetto di gag nella sua goliardica compagnia. Ma recitava, con la stessa efficacia, in film comico-sperimentali come il Pap’occhio di Renzo Arbore dove lui, che si definiva “ateo cristiano”, interpretava Dio, o era capace di reggere il confronto con Sofia Loren recitando in Sabato, domenica e lunedì di Lina Wertmüller. Ed era autore televisivo, sceneggiatore, il suo lavoro meglio riuscito: Croce e delizia del 1995. Ma gli riusciva benissimo anche il ruolo, non marginale, di “scrittore divulgatore”. Pubblicò tanti libri, tutti di gran successo soprattutto negli anni 80 e 90. Romanzi diventati classici come il libro Così parlò Bellavista, che venne tradotto persino in giapponese, ma anche tutta la lunga serie di filosofia commestibile per tutti, un grande lavoro di diffusione della cultura con un linguaggio dalla semplicità incoraggiante, a cominciare da Oi dialogoi, che lo portò anche a svolgere lo stesso ruolo di divulgatore filosofico in tv. Ma quel che forse più conta, per chi lo ha perso, è che era un’ottima compagnia. Che ora mancherà.