"Ho la sensazione che mi sia rimasto ancora un altro buon volo da fare". Si avvicinavano i 40 anni per Amelia Earhart, un’età critica per una nata nel 1897, quando la vecchiaia arrivava molto prima di oggi. Amelia Earhart era la prima aviatrice della storia americana con un bel record personale da battere. Era stata la prima donna ad attraversare l’Oceano Atlantico in volo da sola, impresa che aveva realizzato solo un uomo fino a quel momento, Charles Lindberg. Ora voleva fare il giro del mondo col suo aereo, ma le cose non andarono come sperava. “281 nord Howland - chiama KHAQQ - oltre il nord... non ci reggerà a lungo... sopra l'acqua... spengo”. E si concluse con messaggi di questo tenore in codice Morse la sua impresa, lasciando ai posteri uno dei misteri più tristi ma affascinanti della storia dell’aviazione. Di cui ora, forse, qualcuno sta trovando la soluzione, in attesa di sapere se l'aereo individuato sui fondali dell'Oceano Pacifico sia davvero il Lockheed 10-E Electra, che Earhart stava pilotando quando scomparve mentre tentava di fare il giro del mondo.

Già nel 2019 l'allora 77enne Robert Ballard si era incaponito nel voler trovare Amelia. Come ci tiene a ricordare il New York Times, Ballard ha trovato i resti del Titanic, nel 1985. Ha trovato il relitto della nave da guerra nazista Bismarck. Ha trovato numerose imbarcazioni di valore archeologico sul fondo del Mar Nero, dove si sono conservate bene grazie alla salinità, dando un senso al perché i Greci lo avessero chiamato “Mare Ostile”. Ma quello che gli premeva ritrovare, da sempre, era il relitto dell’Electra Lockheed, l’aereo su cui la Earhart e il suo copilota Fred Noonan viaggiavano cercando di raggiungere l’Isola di Howland nell’Oceano Pacifico, prima di sparire nel nulla il 2 luglio del 1937. L’area in cui cercare era molto vasta, per questo Ballard non ha mai tentato. Ma poi sembrava aver trovato il modo per restringere il campo, e ora il gruppo più recente che si è unito alla ricerca è un team di archeologi sottomarini ed esperti di robotica marina di Deep Sea Vision, una società di esplorazione oceanica della Carolina del Sud, che forse ha messo la parola "fine" alla biografia di Amelia Earhart, rimasta incompleta.

Amelia era stata una bambina sveglia e intelligente. Nata ad Atchison, in Kansas, il 24 luglio 1897, durante le vacanze di Natale del 1917 era andata a trovare sua sorella a Toronto e lì aveva avuto il primo colpo di fulmine, vedendo decollare da molto vicino un piccolo velivolo: "Credo che quel piccolo aeroplano rosso mi abbia detto qualcosa", racconterà in seguito. Nel 1920, durante una fiera simile a Long Beach, provò un volo di 10 minuti a pagamento. Appena si staccò dal suolo capì che quella doveva essere la sua vita. Sei mesi dopo prendeva lezioni di volo. Il suo primo aereo lo comprò con l’aiuto economico della madre. Era un biplano verniciato di giallo che lei chiamava “Il canarino”. Due anni dopo stabilì già il record di altitudine di 14mila piedi.

Le imprese di Amelia Earhart finivano sui giornali, dove venne ribattezzata Lady Lindy in omaggio a Lindeberg. Proprio l’editore del famoso aviatore, George P. Putnam, contattò anche Amelia per assicurarsi l’esclusiva della biografia. Lavorando molto insieme al progetto finirono per innamorarsi e si sposarono. Intanto Amelia era diventata una star, firmava capsule di moda, si prestava come testimonial di prodotti e di compagnie aeree, batteva un altro record di altitudine e diventava la presidente di The Ninety-Nines, la prima organizzazione di aviazione femminile. Ma voleva tentare continuamente imprese storiche. Decise di bissare quella di Lindberg e il 20 maggio 1932, 5 anni dopo di lui, decollò da Harbour Grace, Terranova, con destinazione Parigi. Il maltempo la dirottò in Irlanda e, con le ali appesantite dal ghiaccio, atterrò in un podere di Londoderry fra mucche terrorizzate. Poco importava: la sua impresa durata 15 ore di volo completamente sola era riuscita e fu premiata con numerosi riconoscimenti internazionali. Forse a volte non ci rendiamo conto che i nostri comodi voli aerei, oggi, non ci sarebbero senza eroici pionieri come la Earhart.

Amelia continuò a battere un record dopo l’altro. Era talmente famosa che quando decollò da Miami, il 1 giugno 1937, per fare il giro del mondo che progettava da tempo, c’è pure la fanfara in aeroporto. Con lei c’era il copilota Noonan con cui si preparava ad affrontare l’impresa – tenuta segreta da lei e dal marito fino all’ultimo momento – volando in direzione est. Dopo 29 giorni di volo, Earhart e Noonan atterrarono a Lae in Nuova Guinea. Il grosso era fatto, gli mancava di superare il Pacifico. Tappa successiva: l'isola di Howland fra le Hawaii e l'Australia, 2.556 miglia da Lae. Un’isola piccolina, lunga circa 2 chilometri e mezzo e larga meno di un chilometro. Per atterrare serviva una precisione estrema. Per cui, per precauzione, venne aperto un canale di comunicazione radio con la nave della Guardia costiera americana Itasca che si trovava già al largo. La mattina della partenza da Lae il tempo era molto piovoso, cosa che oggi fa sospettare danni subiti dall’antenna radio dell’Electra. Cosa accadde da quel momento, non è ancora chiaro.

Arrivati in prossimità dell’Isola, Earhart e Noon non riuscirono a stabilire correttamente il contatto con la Itasca, né a puntare bene verso l’isola per effettuare l’atterraggio. Secondo i pochi messaggi che vennero intercettati, i due non erano nemmeno nel punto di cui comunicavano le coordinate, probabilmente in balia di mappe imprecise. Amelia comunicò più o meno che stavano facendo su e giù da Nord a Sud, e quel messaggio venne intercettato dalla Itasca. Poi il silenzio. La nave d’appoggio iniziò a vagare per cercarli, ma non si trovava nulla, neanche un oggetto qualsiasi fuoriuscito dal velivolo che galleggiasse in superficie fornendo un indizio. Si continuò a cercare per settimane, invano. Due anni dopo, il 5 gennaio 1939, Amelia Earhart e Fred Noonan furono dichiarati ufficialmente deceduti e finirono negli annuali dei disastri aerei famosi.

Cosa è successo? Probabilmente, l’aereo si è perso ed è rimasto senza carburante in mezzo al mare, precipitando. Nelle settimane successive qualche velivolo o nave di passaggio in quella zona ha ricevuto dei tentativi di comunicazione infruttuosi, solo scariche elettrostatiche e rumore bianco. Di più non si sapeva. Gli immancabili complottisti hanno teorizzato che l’aviatrice fosse una spia e che avesse simulato la sua morte per vivere una vita comune come casalinga nel New Jersey. Parecchio improbabile. Ma qualcosa di nuovo sta venendo fuori ora. Recentemente, Robert Ballard è stato invitato nell’ufficio di Kurt M. Campbell, che ha servito come segretario di stato aggiunto per gli affari dell'Asia orientale e del Pacifico nell'amministrazione Obama, il quale, sapendo della sua ossessione per il relitto di Earhart, ci teneva a mostrargli qualcosa. Era la foto in bianco e nero, sgranata, di un'isoletta con una nave arenata su una scogliera, scattata in volo. Sulla sinistra dell’inquadratura, nella versione migliorata con tecniche digitali, si scorgeva però il carrello di atterraggio di un aereo modello 10-E Electra Lockheed. Come quello di Ameila Earhart. “Questo restringe molto la ricerca, non è vero?", ha detto un compiaciuto Campbell a Ballard. Quella foto era stata scattata nel 1937 dall’ufficiale britannico Eric Bevington tre mesi dopo la scomparsa di Earhart. La sua intenzione era di fotografare un mercantile britannico che si era incagliato anni prima nell'angolo nord-ovest dell’atollo disabitato di Nikumaroro, nel Pacifico. Il giovane Bevington non aveva identificato quella macchia un po’ più in là come un relitto aereo, anche perché nella foto è grande meno di un millimetro.

In effetti, nel 1940 un ufficiale del servizio coloniale britannico aveva trovato sull’isola di Nikumaroro i resti di un accampamento con accessori ottenuti da materiali di fortuna. C’erano tracce di un falò, ossa di animali, una scatola di sestanti, resti di una scarpa da uomo e una scarpa da donna, pezzi di abbigliamento degli anni 30, plexiglass e un pannello di alluminio. E parti di uno scheletro. L'ufficiale pensò subito di aver scoperto i resti di Earhart, ma il medico che li esaminò superficialmente disse che erano ossa maschili per cui non ritenne importante avvisare le autorità americane, senza pensare che avrebbero potuto essere di Noonan. I resti andarono persi. Secondo una recente analisi computerizzata dello scheletro fatta da una foto, è invece probabile che appartenesse una donna bianca del Nord Europa. Secondo l’International Group for Historic Aircraft Recovery, oggi, si ipotizza che l’ufficiale avesse trovato il ricovero improvvisato dai due piloti in attesa dei soccorsi. Secondo la ricostruzione, Erahart e Noonan sarebbero sopravvissuti sull’isola per parecchie settimane nutrendosi di pesce, uccelli marini e tartarughe e bevendo acqua piovana. La cosa più commovente, invece, è stata ritrovata sull’isolotto nel 2012 dalla Tighar, un’associazione di appassionati della Earhart che effettua delle ricerche sull’isola ogni volta che trova dei fondi. Si tratta di un flacone della crema per schiarire le lentiggini che usava la pilota. E intorno a quell’isola, che i due forse avevano raggiunto a nuoto, che Ballard, unendo le forze con Tighar, concentrerà la sua ultima ricerca. E forse, finalmente, conosceremo a più di 80 anni dalla sua scomparsa, che fine ha fatto la grande Amelia Earhart.