"Quello che stiamo vivendo in questo momento storico riguarda un aspetto della democrazia liberale che è senza tempo, che riguarda gli Stati Uniti ma anche l'Europa. Abbiamo investito nell'idea che sia il popolo ad avere il potere, il nostro contratto sociale è radicato su questo concetto, ma in realtà c'è sempre una minaccia in senso contrario. In tanti Paesi e in tanti momenti storici abbiamo assistito all'innamoramento della società verso personaggi potenti e oscuri, è una questione interessante che ci deve tenere all'erta". È un uomo politico che parla così alla folla o in tv? Da lontano sembrerebbe di sì, anche grazie a quel look tra un impiegato di banca e un avvocato senza budget, ma poi, avvicinandoci per parlare con lui, il volto e la voce non lasciano spazio a dubbi. È Edward Norton che dà il meglio di sé alla Festa del Cinema di Roma appena iniziata.

Oggi Edward Norton l’interprete, tra i tanti, di Fight Club, nominato tre volte all’Oscar per Schegge di paura, American History e Birdman, ha cinquant’anni compiuti di recente e molta voglia di sperimentare. Lo ha fatto tornando, a venti anni dal suo esordio (Tentazioni d’amore) dietro la macchina da presa con il suo Motherless Brooklyn, un noir ambientato nella New York degli anni Cinquanta in cui Lionel, da lui interpretato, è un detective lontano dallo stereotipo del genere afflitto dalla sindrome di Tourette. La sua mente brillante memorizza ogni dato, ma spesso gli provoca spasmi costringendolo a dire qualsiasi cosa gli passi per la mente. Dopo l’uccisione del suo mentore e unico amico, Frank (Bruce Willis) è pronto a tutto per trovare l'assassino e questo obiettivo lo porterà a svelare segreti gelosamente custoditi che tengono in equilibrio il destino dell'intera città.

Un grande ritorno, quello di Norton, che per realizzare questo film si è basato sull’omonimo romanzo di Jonathan Lethem da noi pubblicato da Bompiani, “che ho cambiato” – ci svela - ma ho coinvolto Jonathan che è un grande esperto di cinema e un appassionato di New York dove viviamo entrambi da trent'anni”. “Ho scelto di fondere il romanzo con una storia che aveva una dimensione politica più profonda e lui è stato d'accordo - continua lui (che la sera arriva sul red carpet mano nella mano con la moglie Shauna Robertson vestita di rosso, ndr) - abbiamo pensato a Raymond Chandler e al suo Philip Marlowe, è come se avessimo dato al suo detective una seconda avventura, una nuova storia".

"Motherless Brooklyn" Red Carpet - 14th Rome Film Fest 2019pinterest
Elisabetta A. Villa//Getty Images
Edward Norton con la moglie

Nel film le donne hanno una parte importante, ad esempio Laura Rose, un’afroamericana che lotta contro le ingiustizie interpretata da Gugu Mbatha-Raw, l'attrice inglese di origine sudafricana da tenere d’occhio (La ragazza del dipinto, La bella e la bestia) voluta proprio da Norton in sfida ai cliché delle donne nere dell’epoca, visto che non è né una casalinga, né una cantante jazz, né una femme fatale, ma una donna istruita e un'attivista contro la discriminazione razziale. Le cose brutte, ricorda Norton, ci sono e ci saranno sempre come le cose belle, ma per superarle, almeno mentalmente, ha una soluzione: “affidarsi alla musica”. “La musica – ripete più volte - ci libera tutti. Sembra di sentir parlare Haruki Murakami che in tutti i suoi libri parla di musica, compreso l’ultimo, Assolutamente musica (Einaudi), in cui ne ricorda l’importanza intervistando il grande direttore d’orchestra Ozawa Seiji. “L’importanza di sentirmi libero me l’ha trasmessa la musica – scrive Murakami, e quella frase viene citata a suo modo da Edward Norton, che proprio come lo scrittore giapponese ama il jazz, “una musica che colpisce anche per il suo improvvisare, con cui si parte da un tema e lo si sviluppa seguendo il proprio estro”.