C’è un momento in cui pensi che Pierfrancesco Favino sarebbe potuto diventare il miglior imitatore del mondo. Ma è un attimo, e, mentre scorrono le scene girate da Gianni Amelio con lui avvolto nel caftano di Bettino Craxi ad Hammamet, vorresti ringraziarlo per non aver ceduto alle lusinghe di una carriera pop-televisiva.

Oggi, a 50 anni, può dire di aver interpretato alcuni tra i personaggi più importanti della Storia. Pierfrancesco Favino non perde mai umiltà e gentilezza. Con le quali riesce contemporaneamente a rispondere alle 100 domande e a sua figlia Lea che fa capolino nella stanza e gli confessa che si sta «molto annoiando».

1) Come hai fatto a diventare così uguale a Craxi? Ho cercato soprattutto di non farne una macchietta o una imitazione. Ho letto e visto di tutto su di lui, sono entrato nelle sue paure, ho frequentato i suoi luoghi.

2) Hai cambiato idea su di lui? Come molti ventenni di allora ne ho conosciuto le vicende giudiziarie. Qui ho conosciuto l’uomo. E questo è un lavoro nel quale un vero attore non lascia entrare la propria opinione.

3) Gli attori possono esprimere posizioni politiche? Un attore che lo fa rischia di essere come quello che fa l’allenatore al bar dopo la partita. Bisogna conoscere ciò di cui si parla. E poi penso che l’opinione politica sia sempre una cosa privata.

4) Si dovrebbe accettare di fare personaggi detestabili? Se li detesti profondamente no.

5) Quale ruolo non interpreteresti mai? Il pedofilo.

6) Tu e Gabriele Muccino siete sempre quelli dell’Ultimo bacio? Si registrano variazioni. Ma alla fine sì.

7) Gli anni più belli è una seduta di autocoscienza con Muccino? Sì che lo è. Siamo cresciuti insieme. Mi piace pensare che somigli al rapporto che avevano i grandi del cinema italiano, come Vittorio Gassmann e Dino Risi

8) Che cosa è successo in questi anni alla tua generazione? È cresciuta nell’imitazione dei fratelli più grandi. Eravamo convinti di essere protagonisti ma non era vero. Andavamo alle manifestazioni con i loro simboli.

9) Ci si deve rassegnare a essere bollati come l’ondata silenziosa? In Padre nostro, il film di Claudio Noce che sto girando ora, racconto come da piccoli eravamo invisibili ai nostri genitori: mentre fuori infuriavano la lotta armata e la violenza, l’attenzione è su due ragazzini che volevano soltanto essere amici.

10) Quei due ragazzini chi rappresentano oggi? Sono il simbolo della prima generazione laica, fatta di individui che hanno imparato a pensare con la propria testa. Però non abbiamo creato lobby o enclave culturali e questo ci penalizza.

11) Qual è la cosa di cui i cinquantenni possono andare fieri? Aver inventato Internet.

12) Poi però i trentenni di oggi ci hanno fatto i soldi. Siamo schiacciati tra loro e i fratelli grandi che ancora non si sono arresi a un ricambio.

13) Che cos’è il potere? A volte è questione di linguaggio: i politici ai tempi della Prima Repubblica nei comizi usavano il noi, mentre oggi usano sempre l’io.

14) Che rapporto hai con il denaro? Non è mai stato centrale nella mia vita.

15) Sei ricco? Ancora mi stupisco della vita che conduco, non era mia intenzione.

16) Hai realizzato i tuoi sogni? Volevo fare l’attore e ce l’ho fatta.

17) Oggi è più difficile coltivare dei sogni? Forse sì, vedo che i soldi sono un argomento più forte dei sogni.

18) Che infanzia hai avuto? Felice. Non ci rendevamo conto dei problemi, non avevamo paura.

19) Un ricordo delle elementari? Mia mamma che mi viene a prendere a scuola perché hanno rapito Aldo Moro. Nell’inconsapevolezza dell’infanzia io e i miei compagni festeggiavamo.

20) Poi hai capito la gravità del fatto? In qualche modo sì, perché in tv non c’erano i cartoni.

21) Le tue figlie (Greta, 15 anni, e Lea, 5, ndr) sono più consapevoli? Sono abituate alla violenza che gli arriva in casa attraverso tutti i mezzi. Oggi la paura è un’emozione che ti accompagna sempre.

Dal 14 gennaio l'intera intervista è sulla nostra versione per mobile e dal 16 in edicola.