Nole Djokovic è risultato positivo al Covid-19. E la cosa non ci stupisce più di tanto. Perché le immagini che girano da qualche ora in rete, in cui il campione serbo si scatena in discoteca alla faccia del distanziamento sociale e quelle del torneo d’esibizione Adria Cup, che lui stesso ha organizzato senza alcuna precauzione, provocando un mini-focolaio fra tennisti, non lasciavano presagire nulla di diverso. Perché Djokovic, subito battezzato Djocovid da qualche cattivello, è sempre stato un po’ dottor Jeckyll e un po’ Mr. Hyde. Un po’ modello di riferimento e un po’ figura controversa. La sua carriera è stata tutta all’insegna di queste montagne russe. Di questo saliscendi continuo.

Nonostante i successi sempre gestiti col sorriso. Nononostante i siparietti in campo con i raccattapalle. Nonostante la beneficenza continua. Eppure per il nostro eroe c'è sempre qualcosa che non funziona. Forse perché per gli appassionati di questo sport il vero dualismo è fra Federer e Nadal. Lui, Nole, pur essendo un gigante, uno dei più grandi tennisti di sempre, è quello dei tre big a sembrare psicologicamente più vicino a un essere umano, sempre a caccia di consenso, di cuori da conquistare. Se Federer sembra quasi un robot. Nole è l’esatto opposto.

Sono molteplici le volte in cui il campione ha fatto storcere il naso a qualcuno. L’ultima in ordine di tempo è stata quando si è definito no-vax convinto. «Sono contrario alla vaccinazione e non vorrei essere costretto da qualcuno a prendere un vaccino per poter viaggiare fra i vari tornei — aveva raccontato Novak — Ma se diventasse obbligatorio, dovrò prendere una decisione che potrebbe condizionare la mia carriera». Apriti cielo. Le frasi hanno immediatamente scatenato il finimondo non solo fra i colleghi ma anche fra gli sportivi di tutto il pianeta. Nulla però in confronto a quanto hanno provocato le parole dell’amico e confidente Chervin Jafarieh, fondatore della società immobiliare Blaqk Diamond Group e con una passione smisurata per le filosofie orientali, durante una recente diretta social a cui ha preso parte Nole. Chervin avrebbe affermato che la pandemia è «un periodo eccitante». Poi, attraverso uno spericolatissimo volo pindarico, ha incredibilmente collegato il morbo di Parkinson di Michael J. Fox con la Diet Coke di cui l’attore americano era testimonial poco prima della malattia. In un crescendo rossiniano di idee balzane, a un tratto della chiacchierata, tenutasi davanti a 500 mila fan, è arrivato il turno di Djokovic, che si è spinto oltre illustrando curiose teorie prive del benché minimo supporto scientifico sul potere della preghiera e dei sentimenti positivi sulle molecole dell’acqua. «Conosco persone che grazie alla trasformazione energetica e alla forza della gratitudine sono riuscite a trasformare il cibo più tossico e l’acqua più inquinata nell’acqua più curativa…».

Vegano convinto, ossessionato dall’alimentazione, quando non vince in serie Wimbledon e Roland Garros, Nole se ne sta ore ad abbracciare gli alberi perché, dice, «così sfrutto il potere terapeutico del bosco». Da anni limita al minimo i contatti con la medicina tradizionale, segue una dieta priva di glutine e quella dei liquidi che entrano ed escono dal corpo attraverso l’acqua «pranizzata», sottoposta a uno speciale trattamento che la arricchisce di energia vitale.

In questo caos di polemiche, ci si è infine messa pure sua moglie, anch’essa positiva al coronavirus. La bella Jelena nei giorni scorsi pare abbia retweettato un post in cui Covid-19 e tecnologia 5G sarebbero stati messi in stretta correlazione. Ma l’elenco delle boutades è lungo.

Pochi mesi fa, era gennaio, altra polemica. Edon Cana, ambasciatore del Kosovo in Bulgaria aveva criticato aspramente il campione serbo colpevole di aver cantato “Vidovan”, brano folkloristico dell’89 dopo una delle sue tante vittorie. A mandare su tutte le furie l’ambasciatore un passaggio della canzone cantata a squarciagola in cui si dice “Nessuno può strappare il Kosovo dalla mia anima”. Frase che, visti i rapporti attuali fra Serbia e il Kosovo, si presterebbe facilmente a interpretazioni politiche. «Puoi aver vinto l’Atp Cup ma resti un primitivo e un retrogrado. Non è un caso che fra i campioni più grandi della storia del tennis tu sia uno dei meno amati», ha twettato duro il politico. Eppure sulla questione Kosovo, Nole era stato netto fin dal 2008 quando aveva affermato senza troppi giri di parole: «Il Kosovo fa parte della Serbia e sarà sempre così. È il cuore del mio Paese. Mio padre e mio zio sono nati lì. E gran parte della mia famiglia ci ha vissuto per oltre trent’anni». Più chiaro di così…

Nel 2018 invece era stato Vladimir Djukanovic, membro del partito populista serbo “Progressive Party” (già il nome è tutto un programma), ad andare su tutte le furie per un’affermazione di Djokovic. Motivo: dopo l’uscita della sua Serbia ai Mondiali di calcio in Russia, Nole aveva detto di tifare Croazia. Cosa legittimissima, che però fra i nazionalisti dei Balcani ha il sapore amaro dell’onta.

Controcorrente rispetto al pensiero unico dello sport mondiale, nel 2016, in piena polemica legata alla differenza fra i montepremi di uomini e donne nel tennis, Djoker si era invece detto favorevole a tale diseguaglianza, affermando: «i match maschili attirano più spettatori. Se ci sono statistiche e dati disponibili per verificare chi riesca ad attirare più attenzione, più spettatori, chi venda più biglietti, bisognerebbe fare in modo che i montepremi vengano suddivisi di conseguenza». E giù anche lì il putiferio.

Accanto a tutto questo, c’è però un Djokovic superman, 17 volte vincitore di Slam, cosmopolita, pacifista, orgoglioso delle origini serbe ma non oltranzista. Un campione dal cuore d’oro che ha recentemente donato un milione di dollari al San Raffaele di Milano e agli ospedali di Treviglio-Caravaggio e Romano di Lombardia, tutti in trincea durante l’emergenza sanitaria. «Amo l’Italia con tutto il cuore», ama ripetere. E lo dimostra ogni volta che ne ha l’occasione, parlando la nostra lingua in modo pressoché perfetto o facendo comparsate al Festival di Sanremo in mezzo a Fiorello e Amadeus. Perché Nole è tutto e il contrario di tutto. E va preso per quello che è. L’errore più grande che potremmo commettere verso di lui è credere che la perfezione di un suo smash o di una sua palla corta viaggi di pari passo con quella dei suoi comportamenti di essere umano. Ma questo non vale e non varrà mai per nessuno.