È solo una delle molte giovanissime cantanti o rapper italiane che preferiscono esprimersi in inglese (come Elisa molto prima di loro, dopo tutto). Lo sanno alla perfezione, hanno una pronuncia impeccabile e un vocabolario ricco: Hån confessa che le è sempre venuto naturale scrivere in questa lingua, «come un flusso di coscienza». E come lei lo dicono Rose Villain, Nahaze o Adele di Any Other. Giulia Fontana, questo il suo vero nome, ha 24 anni ed è cresciuta sul Lago di Garda. Da poco è uscito il suo ultimo singolo Jenny!, all'inizio di un'estate che sarà purtroppo povera di live, dove di solito Hån sa dare il meglio di sé. Tanto apprezzata da aver già tenuto concerti in giro per l'Europa, ha aperto per i Cigarettes After Sex e si è esibita al Primavera Sound di Barcellona e all'Eurosonic. Per ora è prevista solo una data: il primo agosto al Diluvio Festival di Passirano, in provincia di Brescia.

Jenny! anticipa l'ep in uscita il 17 luglio (che comprenderà tra gli altri anche i singoli già pubblicati Lens, Gymnasion, It's Better When I Sleep) e che sicuramente non deluderà i suoi fan, italiani e stranieri, perché continuano le atmosfere oniriche e i testi non scontati, anche se in Jenny! si sente finalmente emergere di più la vera Hån, come lei stessa ammette, e meno le influenze esterne da cui sta cercano di diventare più indipendente. Dopo la laurea in lingue a Trento, Hån è stata ammessa a un master musicale a Londra ed è in attesa di partire. Nella capitale inglese questa "music witch" - così si descrive lei sul suo profilo Instagram - non potrà che trovare nuovi stimoli e ispirazioni. All'apparenza così eterea, introspettiva e delicata nel suo modo di cantare, Hån in realtà sembra nascondere molto di più sotto quella voce sussurrata e Londra è sicuramente una città adatta per lasciarsi andare.

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Qual è la tua formazione musicale?
Sono una autodidatta per quanto riguarda la chitarra e il piano. Ho sempre ascoltato tanta musica, anche grazie a mio padre, ma ho iniziato a voler suonare e soprattutto cantare verso i 12 anni.

Cosa significa Hån?
È una parola svedese che significa "scherzo, presa in giro" ed esiste in realtà in tante lingue del Nord Europa. Mi piacciono le atmosfere nordiche e penso riflettano bene la musica che faccio e la mia estetica sognante e nostalgica.

In molti dicono che hai uno stile nordico, cosa c'è di italiano?
Credo poco, perché ho sempre ascoltato musica in inglese. Conosco bene Lucio Battisti perché mio papà aveva tutti i vinili, ma non saprei dire come quegli ascolti d'infanzia si riverberano nella mia musica di oggi.

Scrivi mai niente in italiano?
Di getto scrivo in inglese. Quando ero più piccola scrivevo poesie in italiano, ma la musica è sempre stata legata a un suono anglofono per me. Ultimamente, però, mi sento più aperta verso la mia lingua e ne vedo la bellezza musicale.

Chi c'è nella tua playlist attuale?
La cantante belga Angèle, Frank Ocean, gli italiani Cosmo e Venerus. E poi Alice Phoebe Lou, una cantautrice sudafricana di base a Berlino.

Come sei cambiata dagli ultimi singoli usciti nel 2019 a oggi?
Cambia sempre tanto da quando scrivi qualcosa a quando viene pubblicato, perché spesso passa molto tempo. Nel momento in cui lo pubblichi tu sei già cambiata rispetto a quello che dici nel testo. Penso di essere molto più onesta in quello che scrivo, penso di non dover assomigliare a qualcuno stilisticamente, mentre all'inizio ero maggiormente influenzata da quello che ascoltavo.

Quando è stata scritta Jenny!? Di cosa parla?
Un annetto fa, il testo mi è venuto spontaneo mentre cantavo e non succede mai. L'ho scritta perché sto pensando un sacco a quello che voglio essere, in termini di identità e sessualità, avevo e ho tanti dubbi su come debba definirmi, sul senso delle etichette. Racconta una storia ispirata dal Piccolo Principe che va su diversi pianeti: anche Jenny vola su un pianeta dove non esistono etichette, definizioni o paranoie e lì vive nel modo in cui vorrebbe vivere.

Quali altri temi emergono dai singoli nell'ep che esce il 17 luglio?
In Saint Saint uso una metafora un po' estrema, quella del martire religioso, per descrivere una relazione non equilibrata e malsana, in cui una delle due persone si immola per l'altro. In Lens c'è il tema dell'abuso di potere all'interno della relazione, anche in ambito lavorativo, dove qualcuno sfrutta il potere che ha sull'altra persona per prevaricare. Parlo molto di relazioni ma anche di identità, sono forse le due tematiche principali dell'ep.

Un complimento che ti ha fatto piacere ricevere?
Quando mi esibisco live mi dicono che si vede la mia sensibilità, che sembro delicata e sensibile. Non sono certa mi faccia piacere, non so come vorrei apparire, non penso di essere solo quello.

Il live per te finora più emozionante?
Ricordo un concerto all'Ohibò di Milano, che purtroppo ha appena chiuso, che è stato bellissimo perché per la prima volta erano presenti tante persone a me vicine. E poi sicuramente il Primavera Sound a Barcellona, quando abbiamo suonato dentro l'università. È stato molto bello, perché era in conclusione di tre giorni di concerti e il pubblico era attento e preso. Mi sembrava di essere arrivata a un punto dove non ero mai stata prima.

Se pensi alla carriera di un musicista che ti piacerebbe in qualche modo eguagliare?
Più che altro se penso al futuro vorrei avere un'identità artistica ben formata, essere totalmente convinta e orgogliosa di quello che faccio, che sia rappresentativo per me. Sicuramente ammiro tanto Alice Phoebe Lou, perché è sempre rimasta indipendente. Ha fatto busking e continua a farlo anche se ormai fa sold out in grandi location. Mantiene tutta la libertà artistica che vuole anche se ha successo di pubblico.

In Italia il genere rap e trap stanno avendo un momento di grande popolarità anche per le artiste donne e molte hanno più o meno la tua età. Anche se è un genere lontano dal tuo, c'è qualcuna di loro che segui e ascolti?
Non conosco tanto il sound e l’ambiente, ma penso che Madame sia molto valida. In ogni caso io ascolto qualsiasi cosa, il genere non è importante.

In cosa ti senti una rappresentante della tua generazione e in cosa ti senti invece diversa?
Mi sento parte della mia generazione nella confusione. Vedo che i ragazzi e le ragazze della mia età sono confusi sul futuro, su cosa faranno tra cinque o dieci anni. Oppure sappiamo cosa vogliamo fare, ma non come farlo o come raggiungere qualcosa. Al contrario io tendo a non gestire bene la velocità delle relazioni di oggi, mi trovo meglio a parlare faccia a faccia con qualcuno, ad approfondire la relazione più che ad averne tantissime ma solo abbozzate. Questa velocità che ormai pervade ogni ambito… A volte io sono un po' più lenta.