Ci sono voci antipatiche, voci che inondano le stanze, altre che ascolti di nascosto e, di alcune, te ne innamori. La voce è il tema che ha riempito molti palchi vuoti: in un lungo anno (non finito) di limitazioni e uffici casalinghi Alexa legge per noi, Spotify canta per noi, YouTube intrattiene audio/video per noi. I podcast sono l'attualità che, per fortuna, non è ancora diventa vecchia: sono un non social ma sono più virali di tutti i social messi insieme (Clubhouse incluso). Uno dei podcast che sta salendo le classifiche italiane è quello ideato e condotto da Francesca Michielin, Maschiacci - Per cosa lottano le donne oggi?, che a ogni puntata tratta a modo suo temi da prima pagina quanto da hate speach su Facebook. Compagna di una nuova puntata - di cui condividiamo la preview - è Beatrice Venezi, direttore d'orchestra che ha tenuto il palco di Sanremo prendendo una pausa dalla sua orchestra, gestita con maestria a soli 31 anni. Abbiamo ascoltato una preview della puntata e chiesto a Francesca dove la porterà lo strumento della sua voce.


La voce è l'argomento attuale: con podcast e canzoni intrattiene e arricchisce nella nuova realtà di smart working e isolamento ma è anche tema di dibattito sull’uso improprio, come il catcalling. Cosa ami e cosa ti spaventa della “voce”?

La voce, come tutte le cose belle e potenti, è una medaglia a due facce: da un lato un’arma, dall’altro un fiore. Con la voce si può essere violenti ma si può anche curare e portare messaggi d’amore, speranza e umanità. Capita spesso che venga usata troppo e impropriamente e, dall’eccesso, non si trae mai beneficio, né dal punto di vista sociale né da quello fisiologico. Sempre più persone parlano a sproposito di ciò che non conoscono al posto di chi avrebbe il diritto di farlo e il femminismo, per collegarmi al tema e all’intento di MASCHIACCI, lotta anche per questo: dare voce e spazio a chi non ne ha. Inoltre, da cantautrice, posso dire che la voce è lo strumento con cui comunico e su cui si fonda la mia vita, una sorta di dipendenza ma allo stesso tempo una cosa straordinaria. Cerco di averne cura e di preservarla il più possibile.


In questa puntata Beatrice Venezi ti ha raccontato anche di cliché vissuti al conservatorio: quali sono quelli che senti di vivere ancora, tutti i giorni, quando fai musica?
Credo che il conservatorio, come dice la parola stessa, sia un ambiente molto conservativo, spesso non visto come un’officina del talento ma come un luogo di tutela per la tradizione. Sicuramente deve preservare i valori musicali da un punto di vista scientifico e di conoscenza ma anche renderli accessibili agli altri, cosa che purtroppo molte volte non viene tenuta a mente perché c’è la tendenza a viverlo come un posto esclusivo ed elitario. La musica è un linguaggio universale, fluido, che abbraccia tutti. Il fatto che il conservatorio sia diviso in dipartimenti, a seconda del genere musicale, da un lato è funzionale dal punto di vista didattico, dall’altro può non esserlo dal punto di vista mentale, perché spesso chi fa classica, ad esempio, ignora completamente il jazz o il pop e vive la musica a compartimenti stagni. Io penso che la musica sia solo una e che siano invece i linguaggi e le voci a essere diversi.

roberto graziano moropinterest
Roberto Graziano Moro



Cosa avresti voluto chiedere a Beatrice Venezi che non le hai chiesto?
Devo dire che quella con Beatrice è stata una chiacchierata molto ampia ed esaustiva, lei è stata gentile e disponibile e siamo riuscite a soddisfare tutte le nostre reciproche curiosità. È una ragazza molto giovane, con un carico enorme di responsabilità e una maturità incredibile ed è stato bello confrontarsi con una quasi-coetanea musicista di fama internazionale, che ha fatto un percorso molto simile al mio e che quindi può comprendere determinate dinamiche.


Quale musicista, interprete, artista del passato vorresti in una puntata nel tuo podcast?
Tra gli artisti del passato, mi piacerebbe tantissimo poter ospitare Freddie Mercury. Per me è sempre stato una figura affascinante, capace di rappresentare più di tutti una rivoluzione. In un ambiente come quello inglese di quegli anni, da immigrato e gender fluid, ha saputo distruggere ogni canone e superare ogni limite, vivendo il rock non come espressione di una mascolinità tossica. Parlare con lui di queste tematiche all’interno di MASCHIACCI sarebbe stato di estrema ispirazione!