“Il cuore di Davide - già più grande e quindi più pesante del cuore dei non atleti per un fisiologico rimodellamento dovuto all’attività sportiva - al momento della morte era talmente malato da pesare 440 grammi: quello di un uomo, in media, ne pesa 300”. Il cuore anatomico è al centro di questa chiamata con Francesca Fioretti, lo è stato anche al centro di un verdetto che il 3 maggio ha portato il processo per la morte di Davide Astori, capitano della Fiorentina morto nel sonno il 4 maggio 2018 a Udine, alla sentenza di un anno di reclusione al medico sportivo Giorgio Galanti. Subito dopo, fuori dal tribunale di Firenze, Francesca ha commentato il verdetto con l’equilibrio e la discrezione che l’hanno contraddistinta in questo lungo percorso legale, morale e mediatico. Poche ore dopo quella sentenza la sua voce ha l’accento campano caldo e accogliente, che scalda anche quando ci immergiamo in passaggi di un libro che “parla di amore” ribadisce Francesca ma parla anche di lutti, mancanze, amiche che ti aiutano a lavare i denti, scatole per “ricordare le misure del corpo di Davide attraverso i suoi vestiti. Vorrei che Vittoria riuscisse a visualizzarlo: forse è un’utopia?” perché è ovunque lei, quella bambina che si chiama Vittoria ed è una vittoria. In Io sono più amore edito dalla Nave di Teseo e in uscita il 6 maggio, Francesca Fioretti non è la vedova Astori, non è la ex compagna “non so ancora che tempo verbale usare”, legalmente non moglie e per questo umiliata in azioni che nel 2018/21 suonano ancora più oscene: “Tutti i beni di Davide dovevano figurare nell’eredità di Vittoria: non soltanto conti o proprietà, ma persino gli oggetti più minuti. Così ho aperto la porta di casa a perfetti sconosciuti mandati dal notaio che per ore hanno catalogato ogni singola cosa, chiedendomi chi tra noi due l’avesse materialmente acquistata” scrive nel suo primo libro. Burocrazia e problemi pratici del dolore, come il bancomat risucchiato per un conto non intestato: come lo racconti a perfetti sconosciuti che hai perso il tuo compagno, il padre di tua figlia, come lo racconti a tua figlia che quegli sconosciuti stanno passando in rassegna il vostro amore come l’inventario di un negozio? “Sono stati i momenti in cui ho avvertito di più la rabbia: io e Davide ci amavamo, stavamo crescendo insieme, è stato difficile lottare per definire ciò che significavo per lui, non so neanche se usare “ero/sono”, tutti avevano più diritti di me, la svolta l’ho vissuta quando ho visualizzato l’idea che Davide non avrebbe mai permesso tutto quello che stava succedendo. Quando ho avuto la certezza di ciò la mia rabbia è finita, ero serena, quegli iter burocratici sono diventati una routine che dovevo subire e stop. Ne ho sofferto tanto, aggiunta alla sofferenza di essere senza Davide, di crescere mia figlia da sola, di lottare per la mia indipendenza. I dolori pratici mi hanno fatto diventare più determinata nelle cose che ho ottenuto. Sarei potuta crollare da un momento all’altro” racconta Francesca.

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Danilo Falà

A Vittoria è dedicato il libro, ma anche a se stessa e a Davide Astori, un trittico che torna in queste pagine piene di amore, di vita da vivere e viaggi pazzeschi da fare, ancora. Il libro di Francesca Fioretti poteva diventare la caccia allo stregone, la fame di vendetta ma Francesca lo ribadisce subito nelle prime pagine “non sono mai stata in cerca di vendetta”, poteva diventare la fossa del dolore in cui girarsi e rigirarsi tra le coperte “non riuscivo a dormire nel nostro letto, andavo a dormire sul divano, sceglievo un programma tv noioso per sperare di addormentarmi il più in fretta possibile” scrive.

Cos’hai provato fuori da quel tribunale? "Non voglio essere fraintesa su ciò che ho dichiarato dopo la sentenza: non sono felice, sono soddisfatta, perché non si può essere felici della conferma che Davide sarebbe potuto essere ancora qui. Un anno di pena è comunque un altro anno senza Davide. In quel tribunale ho vissuto emozioni contrapposte: questo processo è stato un percorso combattuto e quando si parla di responsabilità medica il tema è molto delicato. A oggi sono soddisfatta che ci sia stato il coraggio, anche da parte di altre persone, di vedere e ammettere che questa cosa è successa, anche se può sembrare assurdo. Davide non ci sarà più anche quando passerà questo anno, né nella mia vita, né in quella di mia figlia. Da un lato c’è questo sentimento di soddisfazione ed è tanto l’orgoglio di aver lottato per questa sentenza e averla avuta riconosciuta. Però c’è la profonda amarezza che sia stato anche riconosciuto che lui sarebbe potuto essere ancora qui".

I capitoli di Io sono più amore sono suddivisi in: Vittoria, Corpo, Il colore del dolore, Davide e Francesca, Francesca, Costellazioni, Segni e Sogni, Luce e vuoto. Unire i puntini per ottenere il disegno emotivo del libro: “Quando mi hanno proposto di scriverlo ero molto, molto scettica. Sono stata parecchio riservata in questi anni, il mio lavoro è vicino a quel mondo mediatico, immagina le diverse pressioni che ho avuto sul parlare della vicenda, le ho dovute gestire, quotidianamente. Il mio scetticismo iniziale era dovuto all’idea di dover scendere a dei compromessi ma sono molto felice di cosa è diventato Io sono più amore. Spero sia chiaro che questo non è un libro sulla cronistoria mia e di Davide, ci sono temi più ampi: da come viene vista la donna alla gestione del lutto, dalla burocrazia del dolore ai tempi dei processi. Ho pensato di voler scrivere questo libro affinché Vittoria a 15 anni potesse leggerlo con una maturità diversa, e poi rileggerlo da donna, poi da mamma. Spero capisca tanto il lavoro che ho fatto e l’amore che ho per lei. E poi oltre che per Vittoria l’ho fatto per me, perché da tempo molti scrivono su di me articoli che, ogni volta che leggo, mi provocano la sensazione di soffocare, rimane sempre un argomento difficile da trattare ed emozioni che tornano a galla. Forse questa è la mia confessione, non è una liberazione perché non ti libererai mai di questo dolore, ma ogni volta cresco, mi sento una donna migliore grazie a ciò che mi è successo. Dal dolore si può trarre qualcosa in più rispetto a prima: io ora sono quel qualcosa in più, sono più amore rispetto al dolore, è un libro sulla forza e poi dissemino delle piccole lucine…”

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Danilo Falà

Nel libro una di queste lucine è la complicità tra lei e la figlia Vittoria: da quando parla di quell’apparente aborto spontaneo in Perù quando è in viaggio con Davide, in uno dei loro viaggi in esplorazione del mondo, al rientro e la sorpresa che il cuore (ancora lui, sempre lui) di Vittoria continuava a battere. E ha vinto lei, minuscola, e loro, grandi nel loro amore. “È Vittoria ad avermi messa al mondo come madre, ad avermi fatto rinascere due volte” scrive Francesca che oggi ricorda “io e mia figlia siamo profondamente legate, sarebbe stato facile cadere in un rapporto morboso per sopportare il dolore ma non era ciò che volevo passarle. Dovevo e devo tramandarle amore, speranza, fiammelle che si illuminano per un futuro di rinascita costante - continua - Vittoria è stata una coincidenza incredibile della mia vita: siamo tutti al mondo per delle ragioni, abbiamo delle missioni da compiere. A me doveva succedere questa cosa e Vittoria doveva esserci, è nata per una ragione e dopo che è successo tutto questo vedo la sua nascita come un segno ancora più forte. Vittoria mi ha fatto rinascere due volte perché è lei che mi ha insegnato delle cose. Voglio ammettere che devo molto a me stessa e quando certi drammi ti colpiscono pensi subito “okay adesso devo vivere per mia figlia”, non lo trovo giusto perché in qualunque circostanza vale la pena vivere questa vita, non è egoismo perché Vittoria è felice se io sto bene, parlo tanto di indipendenza da conquistare, è importante che lei abbia il suo percorso e la sua vita a prescindere da ciò che ci è successo. Spesso siamo così legati ai riti, alle credenze, agli obblighi familiari, alle cose che devono essere dette, a come devono essere dette: ma la felicità è molto più semplice, è legata a parole come libertà e indipendenza personale. Spero di trasmetterle questo”.

“È facile pensare che la vita sia legata a un aspetto banale come l’essere belli, costa fatica vedere altro nelle persone, è un esercizio che tutti dovremmo fare, è più impegnativo, e molte persone non vogliono impegnarsi”

Francesca Fioretti è magnetica nella sua bellezza “lotto contro queste costrizioni sin da quando a scuola venivo considerata più bella che intelligente” scrive nel capitolo chiamato, non a caso, Francesca. Nel riprende questo passaggio è l’unica volta nel corso della telefonata che la sua voce cambia, si fa stanca e più scura: “è facile pensare che sei bella, famosa, lavori in un ambito fortunato, i problemi scivolano, sono più facili. Ci sono abituata, conosco questo mondo. È facile pensare che la vita sia legata a un aspetto banale come l’essere belli, costa fatica vedere altro nelle persone, è un esercizio che tutti dovremmo fare, è più impegnativo, e molte persone non vogliono impegnarsi” chiosa. Nel capitolo Costellazioni sono gli amici a venirle in aiuto e a loro dedica questa frase “nessuno è stato lo squarcio che mi si è aperto dentro, ma tutti mi hanno mostrato come infilare lo spago nella cruna dell’ago e ricucire”. L’amicizia è un’altra forma di indipendenza e amore? “Tutto il capitolo di Costellazioni è dedicato a chi mi ha aiutato perché è molto difficile stare vicino al dolore, sporcarsi le mani, dalle piccole cose alle più giganti. Per esempio in quei giorni avevo tanta paura di camminare da sola in quella casa, ma era anche tanta la voglia di restare dove vivevo con Davide, io e Vittoria ci siamo trasferite nel tempo, prima ho cercato di farle vivere in maniera naturale qualcosa che era già stravolgente. Per questo nel libro racconto di come, in mezzo a nuove paure e ansie da affrontare, c’era questa mia amica che mi distraeva per poi portami a lavare i denti nel bagno dove c’erano ancora tutte le cose di Davide”. Alla fine questo libro può essere specchio, in alcune parti, per molte altre persone: quei temi che esulano la storia tra Francesca Fioretti e Davide Astori: “Non si supera questo dolore, la perdita di Davide, cresci con lui, impari a dargli uno spazio: questo è un libro sull’amore per me stessa, per chi sono e da cosa mi sono dovuta difendere (non usa mai la parola “proteggere” ndr), da quello che le persone potrebbero pensare nel mio voler essere indipendente sempre, desiderosa di vivere ancora”. E quindi quale sarà il tuo prossimo viaggio Francesca? (ride più volte) "Sogno di portare Vittoria in Cina!”.

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Courtesy La Nave di Teseo

Nel servizio foto Danilo Falà
Creative direction @miaproductionagency
Fashion direction @othersrl
Make up artist Martina D’Andrea @atomomanagement
Hair stylist Piera Berdicchia @thegreenappleitaly
Photographer assistant Xenia Ivanova
Fashion assistant Francesca Matricciani
Location @magnaparshotel