Sono le 7 di mattina del 13 ottobre 1928 nel castello di Hvidøre, non lontano da Copenaghen. Una nobildonna danese di 81 anni sta lasciando il mondo dei vivi nel suo letto, circondata dai suoi cari. O meglio, da ciò che resta dei suoi cari, perché parte della famiglia di questa aristocratica, che alla nascita si chiamava principessa Dagmar di Danimarca, è stata sterminata il 17 luglio di 10 anni prima in Russia, il paese di cui era stata imperatrice da quando, sposando lo zar Alessandro III, era diventata Maria Fëdorovna, imperatrice di Russia, fino alla morte del consorte. Ma per tanti motivi, il suo ultimo soprannome è stato “Signora delle lacrime”. Dagmar era nata il 26 novembre 1847, figlia di re Cristiano IX di Danimarca e di Luisa di Assia-Kassel. Era molto graziosa, in salute e con grandi occhi neri che in Danimarca facevano di lei una bellezza esotica. Sia lei che la sorella Alessandra, più grande di tre anni, erano molto popolari fra i sudditi e anche se la loro non era una dinastia molto facoltosa, erano osservate con interesse dalla nobiltà europea come buone candidate per sistemare i propri rampolli. Sin da bambina, chiamata affettuosamente in famiglia “Minni”, Dagmar sapeva che il suo destino sarebbe stato quello di lasciare la Danimarca per sposare il sovrano di qualche altro paese. Inizialmente pensava di finire nel Regno Unito per sposare Albert, il figlio maggiore della regina Vittoria, il futuro Edoardo VII. Ma per quel matrimonio fu scelta sua sorella Alessandra che sarà poi madre di Giorgio V, il nonno dell’attuale regina Elisabetta. La corte britannica prese in considerazione di chiedere Dagmar in moglie per Alfred, il secondogenito della regina Vittoria, ma la sovrana stessa giudicò quella ragazza “troppo intelligente e graziosa” per non lasciarle l’opportunità di diventare una regina. Infatti, su di lei posò gli occhi lo zar Alessandro II che per il suo erede Nicolaj, detto Nixa, voleva una moglie che non provenisse dalla Germania come era stata tradizione della dinastia Romanov fino a quel momento. Nixa si recò in Danimarca nel 1864 per chiedere in moglie Dagmar e la proposta fu accolta. La 17enne principessina, favorevolmente colpita dal giovanotto, ricevette come dono di fidanzamento dai Romanov dei diamanti e una collana di perle, quest’ultima come dono personale della futura suocera. I due ragazzi posarono insieme per una foto in cui apparivano già affiatati, poi lui proseguì per un giro d’Europa - passò anche per Firenze - e scrisse molte lettere alla fidanzata. La corrispondenza si diradò quando in Italia Nixa iniziò a soffrire di forti dolori alla spina dorsale. All’inizio la famiglia non diede peso ai messaggi in cui informava i familiari del suo malessere. Consideravano il ragazzo di costituzione forte e credevano che stesse omettendo di aver preso parte per gioco a qualche incontro di lotta libera. La fidanzata, invece, si lamentava scherzosamente con lui per la lentezza delle risposte, chiedendogli se si fosse innamorato di un’italiana dagli occhi neri più belli dei suoi. Quando Nixa cominciò a peggiorare, i medici lo mandarono a prendere un po’ d’aria buona a Nizza. Ma lì il ragazzo si aggravò tanto da rendere necessario che la famiglia e la fidanzata lo raggiungessero. Morì a 21 anni, probabilmente di meningite cerebrospinale, anche se alcune fonti ipotizzano la tubercolosi, e si dice che in punto di morte espresse la volontà che suo fratello minore Alessandro sposasse Dagmar, prendendo la mano di entrambi. Dagmar si disperò, fu necessario portarla via a forza dal letto di morte del fidanzato. Si era innamorata di lui, aveva letto molti libri sulla sua futura patria e aveva iniziato a studiare il russo. La disgrazia della povera Minni fu per qualche settimana l’argomento di un intenso traffico di missive fra i nobili europei (compresa la regina Vittoria) mentre la principessina, tornata in Danimarca, passava le giornate a piangere in camera sua facendo preoccupare la famiglia per l’ostinata inappetenza. Lo zar e la zarina, devastati dal lutto, erano commossi dal dolore di Dagmar per il loro figlio. Lo zar Alessandro II le scrisse una lettera in cui le chiedeva se potesse considerarla ancora un membro della famiglia, un modo garbato per sondare la sua disponibilità a considerare davvero il secondogenito Alessandro, che a quel punto era l’erede al trono.

unspecified   december 20  grand duke of russia alexander 1845 1894 future czar alexander iii and his fiancee marie sophie frederikke dagmar 1847 1928 who will become empress of russia as maria fedorovna fyodorovna c 1865  photo by apicgetty imagespinterest
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Dagmar di Danimarca con Alessandro III

La zarina invitò Dagmar a far loro visita in Russia, con l’intento di farle conoscere meglio Sasha, il diminutivo con cui Nixa chiamava familiarmente il fratello minore. Ma la madre di Dagmar rispose che la ragazza era troppo debilitata per affrontare il viaggio. Così, nel giugno 1866, fu lo zarevic Alessandro/Sasha a partire per Copenaghen, portando con sé delle foto del defunto Nicolaj. Con molto tatto, mentre le guardava insieme alla principessa, le domandò se le fosse possibile amare anche lui visto che erano uniti da quel dramma. Dagmar rispose che non avrebbe più potuto poteva amare nessuno che non condividesse con lei il ricordo di Nixa, e accettò la sua proposta di matrimonio mentre erano entrambi in lacrime. La principessa Dagmar e lo zarevic Alessandro si sposarono nel novembre di quello stesso anno, senza perdere tempo, con una cerimonia sontuosa. La giovanetta si era già trasferita a Mosca da settembre. Al molo di Copenaghen c’era stata una gran folla di sudditi per salutarla, fra cui il favolista Hans Christian Andersen che la conosceva personalmente per essere andato a corte a raccontare fiabe a lei e i fratellini quando era bambina, commosso per il coraggio con cui la principessa andava verso un grande paese molto diverso e a lei sconosciuto. Dagmar fu accolta con grandi onori in una corte che aveva bisogno di qualcosa di bello per riprendersi dal lutto. Fece il suo ingresso cerimoniale a Mosca indossando il costume nazionale russo e salutò i suoi futuri sudditi in festa dal balcone. Prima delle nozze si convertì all’Ortodossia e ricevette il titolo di Granduchessa con il nuovo nome, Maria. La cerimonia nuziale si tenne nella Cappella Imperiale del Palazzo d'Inverno, a San Pietroburgo. Gli unici ospiti della sposa, per vincoli protocollari, erano suo fratello maggiore Federico e suo cognato Albert principe di Galles, il futuro Edoardo VII. Sua sorella Alessandra era rimasta a Londra, in gravidanza. L’ex principessa Dagmar, ora Granduchessa Maria, indossava un vaporoso abito bianco dalle molte gonne, un mantello di ermellino che le proteggeva dal freddo le spalle nude e portava in testa la tipica tiara kokoshnik, chiamata così perché ispirata al tradizionale e omonimo copricapo russo. Quello fra Dagmar e Alessandro fu, alla fine, un matrimonio d’amore. Lo testimoniano un tenero ricordo della prima notte di nozze scritto da lui sul diario, e le lettere che la regina Vittoria scambiava con i nove figli sposati in giro per l’Europa, in cui commentavano il rapporto affettuoso della coppia. Si trasferirono nel Palazzo Anichkov di San Pietroburgo, dove vissero serenamente 15 anni, spostandosi in Crimea per le vacanze estive come una famiglia benestante qualsiasi. Dopo un aborto spontaneo a pochi mesi dal matrimonio, nel 1868 nacque già il primo figlio maschio che avrebbe assicurato la discendenza. Era sano e forte, sembrava un buon presagio per la dinastia. Lo chiamarono Nicolaj in omaggio al caro estinto. Verrà poi soprannominato Nikli e la sua somiglianza con il cugino Giorgio, il figlio di Alessandra di Danimarca erede al trono britannico, era così impressionante che nelle occasioni in cui si incontravano, i due ragazzini si scambiavano i vestiti per confondere i parenti. Alessandro e Dagmar/Maria si guadagnarono una certa popolarità. La futura zarina aveva imparato rapidamente il russo e si era dimostrata molto abile nel mantenere buone relazioni con le altre famiglie reali. L’unico parente con cui i rapporti si erano gustati era stato, infine, il suocero per dei matrimoni combinati sui quali non erano d’accordo. Lo zar che tanto l'aveva voluta in famiglia la accusava addirittura di essere “una donna senza cuore”. Nel 1873 gli zarevic andarono tutti in viaggio in Gran Bretagna per il matrimonio di quel principe Alfredo che avrebbe dovuto sposare Dagmar, e che invece avevano accomodato con Maria Aleksandrovna, una sorella di suo marito. Restarono lì abbastanza perché le due sorelle facessero sfoggio di abiti meravigliosi, spesso identici, guadagnandosi la reputazione di maestre di stile.

circa 1900  dowager empress maria fyodorovna, 1847   1928, left, wife of alexander iii, tsar of russia from 1881, with her sister queen alexandra, 1844   1925, queen consort of king edward vii of great britain, as princess of wales  photo by w  d downeyhulton archivegetty imagespinterest
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Le sorelle Dagmar e Alessandra di Danimarca a Londra

Dagmar amava i gioielli, in particolare le tiare, ma nelle sue fotografie è ritratta spesso con una magnifica parure di zaffiri a più fili che oggi è nel portagioie della principessa Anna del Regno Unito, mentre una delle sue tiare era stata acquistata dalla principessa Margaret. Sembrava andasse tutto bene. Eppure la maledizione dei Romanov non si era estinta con Nixa. Nel 1881 lo zar Alessandro II morì per le ferite riportate dopo un cruento attentato dinamitardo e suo figlio dovette salire al trono al suo posto col nome di Alessandro III. Diventata la nuova zarina, Maria/Dagmar non si occupò mai di politica, si dedicava ai figli e alle sue opere di carità ma si impietosiva quando qualche agitazione popolare veniva repressa con la forza, e lo faceva presente a suo marito. Il secondo dei loro figli maschi, intanto, era morto di meningite come lo zio Nicolaj, e Maria si era attaccata in modo ossessivo al primogenito Nikli, mentre il marito era più vicino agli altri quattro, due maschi e due femmine. Quella sorta di Belle Époque durò poco per loro due. Appena 11 anni dopo essere salito al trono, Alessandro III si ammalò di nefrite ai reni. Era diventato un uomo pingue, che amava la buona tavola, e questo non aiutava. La cugina Olga di Grecia lo invitò a stare un po’ nella sua villa di Corfù per riprendere le forze, ma il viaggio lo debilitò ancora di più. Si fermò in Crimea, al Palazzo Maly a Livadia, e i parenti iniziarono il pellegrinaggio per dargli l’ultimo saluto. Lo zar Alessandro II fece in tempo a conoscere la fidanzata del figlio Nicola, Alice di Assia e di Renania, ma insistette a volersi alzare dal letto per riceverla in alta uniforme, nuocendo alla sua condizione. Morì il 1 novembre 1894 a soli 49 anni, fra le braccia della moglie. Maria Fëdorovna, devastata dal lutto, non era più la zarina. Suo figlio Nicola sposò in fretta Alice, che prese il suo posto. Al funerale dello zar, Maria Fëdorovna viaggiò in una carrozza separata da quella di Nicola II e di Alice, e al suo passaggio si sollevò un’ovazione che non era stata riservata al nuovo zar. Da quel momento, con il titolo di Zarina Vedova, cerco di fare da consigliera al figlio che con i suoi 27 anni era davvero troppo giovane per l’incarico. Presto si rese conto che Nikli era anche molto debole di carattere e che si lasciava influenzare dallo zio paterno, il granduca Sergej. Come andarono le cose, è storia nota. Nicola e Alice ebbero quattro femmine prima di arrivare al sospirato maschio, Aleksej e la coppia imperiale finì nelle mani del manipolatore Rasputin che la zarina vedova detestava. Quel ramo della dinastia dei Romanov si sarebbe estinto comunque anche senza la Rivoluzione russa del 1917, a causa dell’emofilia del piccolo erede che, al tempo, lasciava poche aspettative di vita. Dopo la Rivoluzione, l'imperatrice vedova si mise al riparo nel palazzo in Crimea dove era morto il consorte, viaggiando sotto le mentite spoglie di una nobile svedese che doveva rientrare in patria. Secondo la leggenda, il documento che ne provava l’identità era nascosto in una saponetta nel suo bagaglio. Restò lì fino al 1919 quando si imbarcò su cacciatorpediniere britannico inviatole dal nipote Giorgio V per trarla in salvo dal regime. Nel frattempo, il 17 luglio del 1918 i bolscevichi avevano annunciata l’esecuzione di suo figlio Nicola II, l’ultimo zar, ma non quella della moglie e dei bambini. Negli anni seguenti l’ex zarina di Russia si ritirò nella sua casa di Hvidøre in Danimarca, e morì lì il 13 ottobre del 1928. Fu sepolta nella cattedrale di Roskilde, ma nel 2006 la sua salma è stata traslata nella cattedrale di Pietro e Paolo a San Pietroburgo, accanto a quella del marito, lo zar Alessandro III. Per tutta la vita rifiutò l’idea che il figlio Nicola fosse morto. Era convinta che i bolscevichi lo stessero tenendo prigioniero con la famiglia, da qualche parte. E che un giorno sarebbe tornata da lui.

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La giovane Dagmar di Danimarca