“Uno fa cinema per scuotere gli animi, è il dovere del cinema. E questo film lo ha fatto”. Il film in questione è La scuola cattolica, la voce è quella di Valentina Cervi, la verve dolceamara è quella di un’industria cinematografica che si ribella, ancora una volta, a episodi che sembrano tratti da trame del teatro dell’assurdo e che, invece, sono la realtà con cui fare i conti, in senso stretto e in senso lato. “Censura significa che è successo qualcosa, che c’è qualcosa da discutere, che c’è qualcuno che alzerà la voce e qualcun altro che discuterà, parlerà, parlerà di cinema, di film, di giustizia e ingiustizia. Se penso a tutti i grandi film censurati nella storia del cinema, da Bertolucci a Antonioni, nel mio piccolo, penso sia un privilegio farne parte”, racconta sotto il sole di una Roma di fine ottobre l’attrice nel cast del film diretto da Stefano Mordini e tratto dall’omonimo romanzo vincitore del Premio Strega di Edoardo Albinati che racconta la storia del massacro del Circeo. Presentato al Festival del Cinema di Venezia 2021 e, poco dopo, sottoposto a divieto di visione ai minori di 18 anni. In altre parole, una censura. Per usare quelle di Benedetta Porcaroli protagonista del film insieme a Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca, “vietato ai minori il film che denuncia la violenza sulle donne”. Un casus belli che pare stridere con l’annuncio dello scorso 5 aprile 2021 che aboliva la censura cinematografica in Italia e istituiva altresì una Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche presso la Direzione Generale Cinema del ministero della Cultura, con il compito di verificare la corretta classificazione delle opere cinematografiche da parte degli operatori. “Tutto quello che è successo si è risposto da solo, è superfluo commentarlo, si commenta da solo. Venezia è stata una vetrina importante, abbiamo ricevuto molto affetto, ma mai quanto quello ricevuto all’indomani dell’episodio di censura. Una stranezza come poche che ci ha lasciato sbalorditi, un’assurdità quasi ovvia e banale, una doccia fredda fatta e finita. All’inizio ci avevano detto che il problema riguardava solo una scena, dove secondo loro venivano equiparati vittima e carnefice, poi è stata la volta di tutto il film, considerato troppo violento per i minori di 18 anni. Ma quello che non hanno capito è che questo film è stato pensato proprio per i ragazzi, per stimolarli ad agire completamente all’incontrario, per farli riflettere sulle prospettive e gli spettri che racchiude la vita. Ma sai cosa? Questa storia della censura ha mosso ancor più curiosità, e la gente sta andando a vederlo al cinema anche per questo. Quindi ben gli sta”, continua l’attrice classe 1974 e dal cv che un andirivieni Roma-Hollywood, che proprio a Venezia aveva calcato il suo primo red carpet. “La prima volta che mi sono seduta in sala a guardare il mio primo film è stato al Festival del Cinema di Venezia 1996 per Ritratto di signora, era anche la prima volta che vedevo il film, a quei tempi non ti mandavano mica un WeTransfer prima… Mi sono sentita svenire”.


Questa è una immaginepinterest
Alessandro Cantarini

“Il film che mi ha cambiato la vita? Scarpette rosse, perché mi ha trasportata in un cinema fantasmagorico, terribile, raccontato in modo fiabesco, ed è stato lì che ho capito quali sono gli ingredienti che deve avere un film per essere un film, tanto per chi lo recita e lo gira quanto per chi lo guarda. Mi ha fatto capire che come artisti non possiamo esimerci dall’idea di raccontare il mondo, anche la violenza, ma non si può non farlo. Mi ha insegnato a indagare dentro me stessa, a non avere paura di affrontare film che all’inizio possono sembrare non troppo rassicuranti, a spingermi aldilà della mia comfort zone”, continua l’attrice figlia d’arte e dell’amore fra il regista Tonino Cervi e la produttrice Marina Gefter, che nel 1988 debutta al cinema in Mignon è partita di Francesca Archibugi per poi spiccare il volo, in tutti i sensi, in America dietro l’obiettivo di Jane Campion in Ritratto di signora (lo stesso che ritrae Nicole Kidman), in Francia per Rien sur Robert di Pascal Bonitzer, per cui ottiene due candidature rispettivamente al Nastro d'argento e al Premio César. E poi, ancora, fra gli altri, L'anima gemella di Sergio Rubini, Provincia meccanica di Stefano Mordini, per cui ottiene la candidatura al David di Donatello come Migliore attrice protagonista, e ancora il “La” per l’inizio di una liaison con il regista che dura ancora oggi. “Al momento sto portando nei teatri di tutta Italia La strada che va in città, uno spettacolo-monologo tratto dal primo romanzo di Natalia Ginzburg. Ruota attorno alla vita di questa ragazzina proveniente da una famiglia molto povera che, però, è attirata costantemente dalla grande città, finché non decide di trasferirsi. A quel punto deve compiere una scelta, corrompere e abbandonare la sua vita passata per ricostruirsi una vita nuova, questo vuol dire sposarsi con un buon partito per avere una vita che la società chiami degna, questo vuol dire lasciare l’amore della sua vita, un cugino con cui ha una relazione sentimentale molto dolce e appassionata, che poi diventa alcolizzato e muore. Le ultime scene sono concentrate sugli attimi prima del funerale, lei si trucca, si mette una bella pelliccia, si guarda allo specchio e fa i conti con la realtà, forse vivere a casa della madre in mezzo alla povertà e ai sacchetti pieni di ossa di pollo era orribile ma meno orribile della finta felicità che era costretta a dissimulare ora? Questa sentenza sulla sua vita è di un’amarezza che uccide il cuore, mio e di chi legge, o ascolta”.

Questa è una immaginepinterest
Courtesy Photo
Un’immagine tratta dallo spettacolo teatrale La Strada che va in città

“Abbiamo vissuto anni in cui il pubblico si era disamorato del cinema, non era più un luogo in cui andare volentieri, incontrarsi, darsi appuntamento, ma tutto questo sta cambiando, pandemia a parte. Lo dicono i numeri, non solo il mio ostinato ottimismo. Io sono sempre così, con gli occhi spalancati al mondo, in una costante apertura al bello, sempre in attesa del bello”. E se qualcuno le chiede cosa c’è che proprio non le va giù dell’industria del cinema italiano risponde. “Sicuramente manca un impianto produttivo slegato da compromessi o mode. Se non corrispondi all’idea di Netflix, Amazon o Rai, per citarne alcuni, non puoi fare un film spesso e volentieri. Io purtroppo o per fortuna sono nata a cavallo fra queste due epoche, anni fa un produttore era veramente il padre artistico del progetto, adesso invece deve rispondere e corrispondere a quello che va di moda, ci sono autori importanti che devono scendere a grossi compromessi. Si è un po’ confuso tutto”, continua Valentina. “Ma è la nostra epoca, e non si può biasimare, può farti venire nostalgia, quello sì, ma il presente è l’unico luogo dove dobbiamo essere, per fare la differenza. L’unica cosa che conta è la tua personalità, quello che sei, la tua unicità, che cozza con il mondo frenetico, iper esposto e viziato in cui viviamo oggi. È un messaggio che, umilmente, spero di lasciare ai ragazzi giovani con cui lavoro. Sono più fortunati della mia generazione per certi versi, con il moltiplicarsi di piattaforme e produzioni, possono fare più esperienza e ognuno di loro può trovare il proprio spazio per esprimersi, è come se si fossero allargate le possibilità”. E di lei, dal primo ruolo a oggi, ricorda. “Non ci sono mai stati ruoli che io abbia affrontato con insicurezza o paura, al massimo non mi sentivo sicura perché non si era creata un buon feeling con il regista. Il regista è, in qualche modo, la persona che ti deve proteggere, non ti deve essere per forza amico eh, ma ti deve mettere nelle condizioni di esprimerti e di abbandonarti nel personaggio al meglio. Anche perché quando inizi a girare, la cosa più difficile da fare è capire dove sei, che film stai facendo, dove deve andare il tuo personaggio, dove devi andare tu. E devi capirlo veramente, senza troppi voli pindarici, solo così puoi rendere giustizia al materiale che stai girando. Un bravo attore, secondo me, più che dire la propria e cercare di esistere a tutti i costi, deve sparire un po’”.

processed with vsco with al1 presetpinterest
Foto Maddalena Petrosino
Styling Valeria J Marchetti, Make up Niki Pinna, Hair Fulvia Tellone, Produzione servizio Upgradeartist, Si ringrazia l’Hotel Baglioni