Se per voi Halloween è il periodo più magico e misterioso dell’anno, per me è la normalità. Non vuol dire che intagli zucche tutto l’anno, anche perché deve essere stagione. Nemmeno che mi mascheri da vampira per dodici mesi di fila. Vuol dire solo che per me il 31 ottobre è un giorno come gli altri e che la magia e il mistero sono tutta altra cosa. Perché sono stata cresciuta da una strega. Le streghe esistono, se no la leggenda non sarebbe mai nata. Ma non volano sulle scope, non hanno le bacchette magiche. Non ne hanno bisogno, per fare magie. Niente Ermione Granger. Mia nonna prendeva l’autobus per spostarsi, andava dalla parrucchiera una volta a settimana e per vivere, prima di andare in pensione, lavorava in una farmacia. Era per tutti una persona normale, che salutava sempre con gentilezza, teneva pulita la sua rampa di scale nel condominio e annaffiava le violette egiziane. Ma mia nonna era una strega. E una volta ogni tanto, mi faceva segno di seguirla perché bisognava fare “un controllo”.

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Il controllo serviva a misurare quanto “malocchio” mi avessero lanciato addosso le persone invidiose. “Quelle che non hanno figli, o li hanno più brutti di te”, mi diceva. Spegneva tutte le luci della cucina e lasciava solo una candela accesa. Io sedevo in silenzio al tavolo, al centro del quale c’era un piatto. Aspettavo che ci versasse dentro dell’acqua da una brocca, poi mormorava qualcosa che non capivo se fossero preghiere o formule magiche e da una boccettina faceva cadere delle gocce di olio d'oliva nell’acqua. Se le gocce rimanevano a galleggiare come tante piccole perle, si rallegrava. Se si spandevano e si mescolavano all’acqua si metteva le mani nei capelli. Allora ricominciava a recitare formule per levare il malocchio e quando aveva finito mi diceva “ora nessuno ti farà più del male”. Ma dopo qualche giorno poteva succedere che l’olio si spandesse ancora, e ricominciava tutto da capo.

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Credevo che tutte le nonne facessero così, per cui una volta ne parlai ingenuamente con la suora del catechismo per la prima comunione e la vidi strabuzzare gli occhi. Quando nonna mi venne a prendere, la suora la trattenne per parlare, accigliata. Mi chiamarono lì con loro e nonna mi disse sorridendo: “perché dici le bugie alla suora, che storie vai raccontando?”. Poi tornando a casa, mi spiegò che non dovevo mai raccontare a nessuno le cose che faceva, che erano un segreto fra me e lei e che un giorno avrebbe insegnato a farle, perché lei aveva avuto solo un figlio maschio, mio padre, e la conoscenza si doveva tramandare di donna in donna. Ho chiesto spiegazione a mia madre e anche se non era molto entusiasta di parlarne, mi spiegò che nonna era figlia di una guaritrice morta a nemmeno 40 anni, e che nel suo paese si diceva che avesse guarito così tanta gente da prendere con sé le loro malattie e rimanerne vittima. La bisnonna, a sua volta era figlia di un’altra guaritrice. E anche sua madre ancora più indietro.

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Anche se mia madre si lamentava che quando usciva con mio padre, da fidanzati, le capitava sempre qualche guaio ed era sicura che fosse colpa di mia nonna che non voleva farli sposare, pare che le donne della mia famiglia abbiano praticato per secoli solo la magia bianca. Mai la magia nera, quella cattiva. Da più grande ho provato a indagare fra le vecchie del paese e ne ho trovata una che sapeva la leggenda della mamma della nonna, e della nonna di mia nonna, che raccoglievano erbe e preparavano pozioni per cataplasmi da somministrare ai malati, incassando qualche soldino per il servizio. Ancora più indietro, consultando i registri parrocchiali, ho scoperto che la prima a essere arrivata al paese aveva cambiato cognome e che forse era addirittura giunta da qualche paese dell’Est nel XVIII secolo, probabilmente per sfuggire alle persecuzioni. Apparentemente, i maschi della nostra discendenza non erano mai arrivati all’età adulta, solo mio padre. E con lui, figlio unico, la stirpe delle streghe si è interrotta. Perché anche se nonna, prima di andarsene, ha cercato di insegnarmi le sue magie io non sono mai riuscita a metterle in pratica. Sì, amo la botanica e le proprietà benefiche delle piante. Ci ricorro spesso e sono quella a cui le amiche chiedono sempre un rimedio naturale per il mal di gola o il mal di testa. Ma le magie non riesco a prenderle proprio sul serio. Gusto quella per cacciare la malasorte dai posti dove si lavora, bruciando salvia secca negli angoli. L’ho fatta sempre, a ogni contratto nuovo. Ma da quando negli uffici hanno iniziato a installare i sistemi antincendio sensibili al fumo non posso farlo più. Vorrà dire che svilupperò un’app con gli stessi effetti. Magari funziona.

Testo raccolto da Debora Attanasio

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