All'ingresso della casa-studio di Rosaria Bosso, in arte Roxy in The Box, c'è una foto in bianco e nero ormai sbadita. Si trova sul muro sinistro del suo nido nel cuore della Pignasecca, a Napoli, proprio appena si oltrepassa l'uscio. È un vecchio ritratto di sua nonna. Una giovane donna dai capelli lunghi e corvini, che le ricoprono quasi interamente il busto con morbide onde che fluttuano oltre le sue spalle. «Mi raccontò di averli fatti crescere così durante il regime fascista», mi spiega la street artist partenopea. È un piccolo particolare non insignficante, frutto di un lavoro passato, che racconta molto della ricerca che l'artista sta attraversando negli ultimi anni. A lei, conosciuta soprattutto per l'arte di strada soprannominata "Vascio Art", il brand Silvian Heach ha infatti affidato un progetto che riesce a scavare nel passato di questa città sorprendetemente senza retorica, grazie a una riflessione (molto) interessante su ciò che il concetto di icona ha rappresentato e rappresenta oggi nella cultura visuale. In particolare, per quella legata alle donne. Il risultato è "The Other Side Of The T-Pop", una collezione in edizione limitata di sette t-shirt vendute online e negli store di Napoli e Milano, dedicate ad altrettante «donne non conosciute dalla grande massa che hanno attraversato Napoli lasciando una traccia importante, dal 1300 ai giorni nostri». Ma soprattutto «donne non iconizzate del patrimonio culturale della città di Napoli - spiega l'AD di Silvia Heach Mena Marano - Ecco perché ho deciso di coinvolgere Roxy: un’artista carismatica che conosce e valorizza il territorio e la sua storia».

Quelli che state per leggere sono infatti sei frammenti di grandi vite perlopiù dimenticate (la settima t-shirt raffigura invece l'artista), intrise però profondamente nella storia partenopea e in quella delle donne che hanno a loro volta segnato la storia d'Italia. C'è chi è napoletana di nascita, come l'operaia antifascista Maddalena Cerasuolo alla quale è stato dedicato il Ponte della Sanità, e chi d'adozione come la prima donna nella storia della regia all'italiana Elvira Coda Notari. A unirle, l'amore per una terra che è di chi vi nasce ma anche di chi decide di restare. A raccontarle insieme a Roxy è l'amica e storica dell'arte Anita Pepe, autrice dei testi riportati all'interno di ogni maglietta e che pubblichiamo qui in anteprima.

1. Elvira Coda Notari (1875 - 1946)

"La settima arte esisteva da poco quando, nel 1908, nacque la Dora Film. A fondarla, la prima donna produttrice, regista, sceneggiatrice (e talvolta anche attrice) della storia d’Italia. In un’epoca in cui la parola “film” era ancora di genere femminile, girò centinaia di documentari e una sessantina di lungometraggi, raccontando, tra realismo e melodramma, la quotidianità del popolino e della borghesia meridionale. Amatissima dal pubblico (aprì pure una sede a New York), snobbata dalla critica, ostacolata dalla censura, si ritirò con l’avvento del fascismo. Sulle sue eroine - passionali, ribelli, autonome - calarono i titoli di coda".

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2. Eleonora De Fonseca Pimentel (1752 - 1799)
"Napoletane si nasce o si diventa? Eleonora de Fonseca Pimentel avrebbe risposto: la seconda. Nata a Roma da famiglia portoghese, a otto anni arrivò in una delle più grandi capitali d’Europa. Colta, acuta, appassionata, sopravvisse alla morte di un figlio, ad un marito violento e perfino al carcere, ma non alla fine di un sogno. Da poetessa apprezzata a corte, era diventata rivoluzionaria. E quando, nel 1799, a Napoli venne proclamata la Repubblica, lei fu in prima fila, a dirigere un giornale. Sei mesi dopo, il re tornò sul trono, scatenando una feroce repressione. Prima dell’impiccagione, Eleonora si assicurò che la gonna fosse ben stretta intorno alle gambe. Morì a testa alta, nonostante il cappio".

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3. Ria Rosa (1899 - 1988)
"Partivano i bastimenti: un'umanità disperata andava a cercare una fortuna in America, lasciandosi dietro tanta nostalgia. Sulla rotta Napoli-New York viaggiò per anni anche Maria Rosaria Liberti, in arte Ria Rosa. Che non era la solita cantante strappalacrime degli emigranti, né una sciantosa tutta mosse: femminista, antifascista, ironica e sanguigna, andava talvolta in scena vestita da uomo, e nelle sue esibizioni non aveva paura di affrontare temi scomodi. Come quando, per protestare contro l’ingiusta condanna degli anarchici Sacco e Vanzetti, cantò una canzone contro la sedia elettrica. Rischiò di essere espulsa dagli Usa, che alla fine divennero la sua seconda patria. Miss Liberti, miss Liberty".

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4. Maria Puteolana (XIV sec.)
"Mitica. Tanto che pure Francesco Petrarca, poeta laureato, volle incontrarla. Perché Maria Puteolana era una femmina prodigiosa, una rarità: invece di pettinature e gioielli, amava la corazza, la spada e l’elmo col pennacchio. Gli uomini preferiva affrontarli, anziché incontrarli. E mentre le altre donne stavano in casa a ricamare e farsi belle, lei pattugliava instancabile le coste della sua Pozzuoli, infestate dai pirati saraceni. Fisico possente e carattere scontroso, sottoponeva visitatori e curiosi ad incredibili prove di forza. Che, naturalmente, vinceva solo lei. Un po' Sophia Loren un po' Giovanna d’Arco, cadde combattendo, dopo una vita di castità. Fate la guerra, non fate l’amore".

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5. Diana (Annella) De Rosa (1602 - 1643)
"Pugnalata sì, ma alle spalle. Figlia, figliastra, sorella, moglie e cognata dei più importanti pittori napoletani del Seicento, Annella era un’artista di talento. Stimata e molto richiesta. Eppure, in mancanza di opere certe, ricostruire la sua carriera oggi è impossibile. Ma la dispersione del suo lavoro non è l’unico colpo basso riservatole dal destino: anni dopo la sua scomparsa, qualcuno scrisse che era stata assassinata dal marito geloso. Motivo del femminicidio? L’eccessiva intimità con il suo maestro, Massimo Stanzione. Falso: Annella morì di malattia, lasciando in eredità ai figli una discreta somma di denaro. Insomma, visse d’arte. Forse non d’amore...ma almeno non ne morì".

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6. Maddalena Cerasuolo (1922 - 1999)
"Resistere, resistere, resistere. Aveva poco più di vent’anni Lenuccia, quando i suoi concittadini insorsero contro i tedeschi. Settembre 1943: la Seconda Guerra Mondiale infuriava, l’Italia era nel caos. Napoli, sventrata dai bombardamenti e costretta a una durissima occupazione nazifascista, si ribellò e cacciò via gli invasori. Quattro giornate di battaglia, strada per strada. Uomini, donne, scugnizzi. Fra loro, una giovane operaia, figlia di un partigiano: consegnò messaggi che nessuno voleva portare, imbracciò il fucile, si sedette su un mucchio di bombe per nasconderle. Infine riuscì ad evitare una strage, sventando la distruzione del ponte oggi a lei intitolato. Che, se rimase in piedi, lo deve alla ragazza che non si piegò davanti al nemico".

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Tutte le immagini sono realizzate da Roxy in the Box per la capsule collection per Silvian Heach