“Non lasciare mai che siano le circostanze a influenzare la tua vita”. Il motto di London Breed neoeletta prima sindaca afroamericana di San Francisco, è oro puro per tutti. Abbiamo la certezza che tenerlo sempre a mente funzioni perché lo dice una che lo pratica dall’infanzia, mentre cresceva in povertà nelle case popolari di Western Addition, un quartiere periferico della città che da ora governa e dove a volte, ha raccontato, strizzava i tubetti di maionese finiti per placare la fame. San Francisco è una città con reputazione friendly da tempi non sospetti, dove Breed ha comunque vinto una battaglia elettorale ad alto tasso di diritti civili contro l’ex senatore della California Mark Leno, che aspirava a diventare il primo sindaco gay dichiarato di San Francisco, non uno qualsiasi. Quale dei due avesse vinto, ne sarebbe stato fiero comunque Harvey Milk, il primo politico gay americano, assassinato nel 1978 da un rivale politico omofobo mentre era consigliere comunale proprio a San Francisco. London Breed diventa quindi a tutti gli effetti l’erede di due grandi personaggi della storia afroamericana che hanno compiuto imprese politiche straordinarie, soprattutto considerati i tempi: Pierre Caliste Landry, l’ex schiavo che nel 1868 diventò il primo sindaco nero degli Stati Uniti a Donaldsonville, in Louisiana, e Doris A. Davis, che nel 1973 venne eletta prima sindaca afroamericana degli Usa a Compton, in California.

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Chi è London Breed, per noi che viviamo dall’altra parte dell’oceano? Una donna di 43 anni dal sorriso ispirazionale e una passione per le giacche colorate in stile Angela Merkel. Milita fra i democratici, si è laureata all'Università della California nel 1997 e ha poi conseguito un master in pubblica amministrazione presso l'Università di San Francisco nel 2012 (per sostenere le salatissime tasse universitarie americane può aver solo contato su una borsa di studio, o deve aver lavorato mentre studiava, o entrambe le cose). Prima di correre per la carica di sindaca ha già ricoperto vari ruoli istituzionali in città, l’ultimo in ordine di tempo prima dell'elezione, quello che in Italia corrisponderebbe al titolo di consigliere comunale. Con questa elezione, Breed è anche l’unica donna sindaco delle 15 maggiori città degli Usa. Le elezioni comunali non erano previste per quest’anno, sono state anticipate a causa della prematura scomparsa di Ed Lee, il sindaco in carica, detentore anche lui di un record: era infatti il primo sindaco di etnia cinese degli Usa. Per cui, come prevede la legge, madame Breed coprirà solo i mesi fino alla fine del mandato di Lee, e dovrà affrontare nuovamente le urne a novembre del 2019. E se vincerà sarà sindaca per altri quattro anni.

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“È una grande emozione per noi”, ha detto Amelia Ashley-Ward, amica del cuore da sempre di Breed che ha raccontato alla stampa come nel ghetto la nuova sindaca abbia sempre superato ogni ostacolo e schivato pallottole (che hanno a volte ucciso suoi amici), assistita e spronata dalla nonna che l’ha praticamente cresciuta mentre la sorella cadeva nella tossicodipendenza e un fratello finiva in prigione, e che ha partecipato alle sue prime campagne elettorali. “Sa gestire lo stress e il dolore in un modo impressionante”, ha detto di lei Amos Brown, il pastore della Chiesa Battista che la conosce sin da bambina, quando giocava con i suoi figli. Difficile il gossip invece sul suo stato civile: sulla stampa americana non si fa cenno a mariti e figli, per cui è possibile che sia single, anche se questa informazione negli States viene tutelata su richiesta dell’interessata, se irrilevante per il ruolo che si ricopre, tanto che è stato coniato da tempo l’appellativo generico “Ms” che una donna può scegliere di usare quando non ha intenzione di far sapere se è nubile (Miss) o sposata (Mrs). Intanto, nei quartieri periferici degli Stati Uniti, e non solo della California, molte bambine intervistate nelle scuole per commentare l’ascesa di London Breed hanno risposto di averla già presa come modello e quasi tutte hanno dato la stessa motivazione: “Lei è la prova che tutti possiamo diventare qualcuno”.

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