Sono le 12 passate, fa un caldo tremendo, e Roma sonnecchia pigramente. C’è gente in pausa dal lavoro che si rintana sotto le fronde degli alberi, e ci sono le mamme che sorvegliano i loro bambini mentre giocano al parco. A San Cosimato, all’ombra dello schermo del Piccolo America, si smonta il mercato. Alessandro Borghi viene avanti da una delle viuzze laterali, in t-shirt e pantaloncini, un sorriso sulle labbra e il casco sottobraccio. Biondo, occhi azzurri, la barba curata. Ha appena finito una lezione d’inglese. «Serve per i provini, e poi serve a me», dice.

Con Roma, Alessandro Borghi ammette di avere un rapporto particolare. Di amore e odio. «Perché questa è una delle città più difficili del mondo, ma pure, quando la guardi al tramonto, la più bella». È in una delle sue rarissime pause dalle riprese della seconda stagione di Suburra, la serie di Netflix disponibile a inizio 2019. «Ricominciamo venerdì, e poi finisco il 3 agosto. Quest’anno le cose sono diverse, è tutto più bello e semplice». Gli episodi sono diventati otto, ci sono nuovi registi e meno sceneggiatori. «Ci sarà da divertirsi», promette Alessandro. Prendiamo la sua moto e attraversiamo la città.

Arriviamo a un piccolo locale, con le sedie e i tavolini all’aperto, e ci fermiamo. Tutti sembrano conoscere Alessandro Borghi: lo salutano, scherzano, l’abbracciano. «Vengo a mangiare sempre qui, non sono mai solo». La nostra intervista comincia adesso: una chiacchierata fiume lunga ore, che va avanti e indietro tra passato e presente, tra film, ricordi ed esperienze.

«Se mi chiedi come sto, ti dico bene. Perché sono felice di quello che sta succedendo nella mia vita. E io metto la felicità al primo posto. Capisco che sono una persona fortunata. Sul set de Il primo re di Matteo Rovere (ancora senza data d’uscita, ndr), me ne sono reso conto. Noi attori siamo abituati a lamentarci. Perché magari finiamo tardi, perché torniamo a casa stanchi. Perché per periodi interi non possiamo fare altro. Poi, però, capiamo che questo è il prezzo da pagare per un lavoro che non è un lavoro, ma una passione».

Hair, Facial hair, Beard, Moustache, Hairstyle, Human, Surfer hair, Long hair, pinterest
Courtesy Netflix/01 distribution
Alessandro Borghi in Il Primo Re

Quando Alessandro ha cominciato, è stato per caso. «Pensa che non sapevo nemmeno che si potesse preparare un provino. Io ho iniziato per pura coincidenza e ho sempre cercato di aggrapparmi all’istinto. Solo in un secondo momento ho studiato alla scuola di Jenny Tamburi». Il successo è arrivato con Suburra di Stefano Sollima e con Non essere cattivo di Claudio Caligari: «Da allora, ogni cosa è entrata a far parte della mia vita. Ci vediamo e ci sentiamo sempre, con la Banda Caligari. E il ricordo di Claudio è uno dei più forti che conservo. Se c’è una cosa che mi ha insegnato è di non avere pregiudizi. Di non giudicare. Perché nessuno di noi è nella posizione per farlo». Questa è una cosa su cui Alessandro torna spesso, e lo fa appassionatamente, ribadendo ogni parola con cura.

«Per capire la realtà della borgata, devi conoscerla. Mio cugino è del Trullo ed è stata la persona che mi ha cresciuto emotivamente. Mi ha fatto vedere la strada vera, quella fatta di gente brutta, dove hai il bisogno di sentirti protetto. Mi ha permesso di non essere né vittima, né complice di quel mondo. E lui le ha provate su se stesso, queste cose. Perché è stato sia vittima che complice. I miei personaggi più forti, come Vittorio e Numero 8, sono ispirati a lui. Io guardo a quella realtà consapevole di non poterla spiegare».

Movie, Conversation, Screenshot, Human, Scene, Fun, Action film, Adaptation, Photography, Photo caption, pinterest
Courtesy Netflix
Alessandro Borghi interpreta Stefano Cucchi

Tra i prossimi film di Alessandro Borghi, c’è Sulla mia pelle di Alessio Cremonini dove interpreta Stefano Cucchi: «Mi sono dato come primo obiettivo quello del fisico. Mi sono detto che se non arrivavo a pesare 62 kg, non sarei stato credibile. Ero terrorizzato. In quel periodo mi si erano sommate tantissime cose. E per un momento ho temuto di non farcela. Poi piano piano, come succede sempre nella mia vita, ci sono riuscito». E si è trasformato: magro, smunto, lento, la parlata trascinata, gli occhi incavati. Alessandro scompare e appare Stefano. Sulla mia pelle, prodotto da Lucky Red, aprirà la sezione Orizzonti della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2018 e sarà distribuito il 12 settembre sia in sala sia in streaming su Netflix.

È un ruolo che ha cambiato nel profondo Alessandro: «Perché ci stiamo rendendo conto di vivere in un Paese in cui, quando si ha a che fare con il potere, è davvero molto complicato sapere la verità». Mentre si preparava, era al Lido, lo scorso anno, come padrino, poi sul set de Il primo re. Cercava di dimagrire, ma non ci riusciva. «Avevo tantissima paura», ricorda.

Attorno a noi, Roma si è come svegliata: le persone si parlano, le auto per le strade sono più frequenti.

A casa sua, Alessandro Borghi mostra cimeli e scatti incorniciati, e racconta: «Questa foto con Luca Marinelli e Roberta Pitrone, la mia fidanzata (creative director in un’agenzia di comunicazione, ndr), l’abbiamo scattata tempo fa, immaginandoci una storia. Noi due che ci sfidavamo per il suo cuore e il suo amore. Questa invece è la foto che hanno fatto a me, Luca e Valerio Mastandrea quando siamo andati a Los Angeles per presentare Non essere cattivo. È stupenda». Appesa a una parete c’è una chitarra: «Sto imparando a suonare, è una cosa che rimpiangevo di non saper fare», poi ci sono fumetti, libri, Blu-ray e altre fotografie. Su un tavolino c’è un pugnale: «Viene dal set de Il primo re».

Il suo mondo è tutto qui: fatto di storie, di ricordi, amicizie indelebili. «Quando ho vinto il Premio Graziella Bonacchi, ho voluto dedicarlo anche ai miei colleghi. Tutti dicono che ci facciamo la guerra e invece lavoriamo sempre insieme. Io non ho mai provato invidia per nessuno. All’inizio ero arrabbiato con me stesso. Se non riuscivo a sfondare, significava che stavo sbagliando qualcosa. Ma in realtà si trattava solamente di aspettare il momento giusto». E il momento giusto, poi, è arrivato: negli ultimi anni, Alessandro Borghi è diventato uno dei volti di punta del cinema italiano. Fa parte di quella svolta iniziata con i film di Sollima e di Caligari. «Se ci sono capitato dentro, è, come sempre, per pura fortuna. Ma non è finita. È un movimento che continua ancora. I fratelli D’Innocenzo sono due talenti fuori dal comune: sono bravi, ma hanno anche cuore. Quando sono andato a vedere il loro film, La terra dell’abbastanza, ho pianto come un ragazzino. E sono stato contento quando ho saputo che nel film c’era Matteo Olivetti, che conosco da quando aveva dodici anni. Mi ricordava me quando ho fatto Non essere cattivo. Aveva la stessa incoscienza. Di se stesso, di questo mestiere, e del suo immenso talento. E anche lui fa parte di questo “nuovo” cinema: anche lui condivide il bisogno di dare qualcosa alle persone».

Per arrivare dov’è oggi, Alessandro Borghi ha dovuto capire che bisogna fidarsi degli altri. «E lo capisci solo andando avanti. Da giovane attore, nel tuo ego, pensi che se fai una cosa bella è solo per merito tuo. Ma non è così. Questo l’ho capito lavorando con Sergio Castellitto su Fortunata. Quando hai a che fare con una persona che ancora prima d’essere un regista straordinario è un attore straordinario, sai che ogni sua parola è oro colato. Ti permette di arrivare a dei punti che all’inizio non avevi nemmeno pensato. Ci sono talmente tanti modi di fare bene questo mestiere che l’unica cosa che ti resta da fare è essere sincero con la strada che scegli di percorrere».

Dare agli altri, raccontare, vivere e rivivere. E poi scegliere. La soddisfazione di riuscire, di creare qualcosa di nuovo e essere libero. Che cosa resta? «L’amore, perché racchiude tutto quello a cui tengo: la mia famiglia, la mia fidanzata, il mio lavoro. Quando ero piccolo, ero un ragazzino timido. Ricordo che ogni volta salutavo tutti, abbracciavo tutti. Non ho mai smesso di farlo. E se avrò dei figli, gli insegnerò proprio questo: se puoi fare qualcosa di bello per gli altri, fallo, non esitare»