Grazie ad Artemisia Gentileschi (1593-1653), pittrice italiana di scuola caravaggesca, fu aperta la strada alla nuova ideologia che non solo gli uomini potevano ricoprire il ruolo di artisti, ma anche le donne. Evolvendosi nel tempo, il loro ruolo è divenuto sempre più preminente soprattutto nell’arte e l’arte stessa è mutata negli anni. Se prima le donne artiste avevano cura di usare dei mezzi ed espressioni che non avevano scelto, perché tutto era gestito dal genere maschile, con l’avvento del femminismo cercarono di prendere come ‘manifesto” i video e le performance, l’utilizzo del corpo per denunciare ciò che non funzionava nella società come in famiglia cercando di cambiarlo. Battaglie lunghe, faticose e dolorose per le libertà, i diritti, la parità e l’autodeterminazione femminile che è appartenuta - e appartiene - anche all’arte. Le opere delle tante artiste che hanno segnato la storia del femminismo hanno un valore storico, sociale e civile, oltre che artistico. Sono state loro a fare la storia delle donne, ma anche degli uomini. Maria Lai (1919-2013) intrecciava la sua dialettica territoriale tra isola (la sua Sardegna) e continente senza dimenticare la correlazione psicologica tra gioco e arte, ma la sua arte partiva da un ambiente domestico che conosceva bene e lì restava, tra lana e fili da unire insieme per formare e immaginare altro. Oggi, invece, qualcosa è cambiato ancora, con donne artiste che scartano sempre di più il concetto di genere (senza ovviamente mai rinnegarlo) per spingersi oltre, verso temi, confini, territori, soggetti che non erano mai stati affrontati prima da donne. Gli esempi in tal senso potrebbero essere tantissimi e non basterebbe un articolo solo per elencarli, ma visitando in anteprima la 26esima edizione di Artissima, la fiera internazionale d’arte contemporanea in programma a Torino, ne abbiamo trovati diversi e, con essi, molte artiste italiane come internazionali, attente osservatrici del sociale senza mai dimenticare il reale. Una fiera sempre più apprezzata (quasi sessantamila i visitatori) che propone la dialettica desiderio/censura come tema trasversale attorno al quale far convergere l’attenzione. “L’arte contemporanea rimane uno spazio d’incontro vero e fisico tra la persona e le sue aspirazioni”, ci spiega Ilaria Bonacossa, al suo terzo anno da direttrice, di recente confermata fino al 2021. “L’obiettivo è stimolare una riflessione aggiornata ed eterogenea sulle ambizioni e sulle utopie contemporanee, sugli impulsi che plasmano i tempi, sulle prospettive e le narrazioni che li attraversano”. Quella femminile in particolare è un’energia dirompente che riesce a infiltrarsi nelle crepe del sistema per aprire delle visioni laterali inaspettate capaci di mostrare gli spazi aperti al di là dei limiti delle convenzioni.

Arm, Skin, Leg, Joint, Shoulder, Hand, Thigh, Human body, Muscle, Photography, pinterest
Courtesy Photo
Barbara Probst Exposure #132: N.Y.C., 368 Broadway, 02.09.18, 3:56 p.m., 2018

Alla galleria di Monica De Cardenas, la tedesca naturalizzata newyorchese Barbara Probst, si interroga sul reale e sull’essenza stessa delle cose. Anni fa, fu lei stessa a mettersi in gioco su un rooftop di Manhattan con dodici macchine fotografiche. Qui a Torino gioca sul corpo nudo, mostrato, sfaccettato e studiato con delle simultaneità che creano narrazioni. Linda Fregni Nagler, milanese, investiga sull’origine della fotografia concentrandosi sulla bellezza e sull’eleganza delle donne di Lima dal corpo coperto, ma con il dettaglio dell’occhio che ammicca allo spettatore. L’inglese Chantal Joffe conquista con le sue donne eleganti, la romana Rä di Martino con immagini tratti dal suo video Afterall dalle atmosfere tipiche degli anni Ottanta.

Black, Outerwear, Black-and-white, Photography, Hood, Fictional character, pinterest
Noire Gallery
Shirin Neshat - Noire Gallery

Scopriamo Renate Bertlamann (austriaca) e Olga Georgieva (bulgara) alla galleria di Silvia Steinek che ha deciso di puntare sul dialogo tra queste due artiste molto diverse, a cominciare dall’età: 70 anni la prima, 33 anni la seconda. La donna, il suo essere e scoprirsi, lo scattare foto con il cellulare che poi trasforma in scene diverse usando l’immaginazione, come quella usata per le incisioni poste sulle pareti di una casa in legno a formato naturale. Il risultato è sorprendente.

Heart, pinterest
Courtesy Silvia Steinek Galerie
Renate BertlmannEX VOTO, 1986

Dialogano tra loro anche le opere di Vanessa Billy e Jessica Warboys della Galleria Gentili di Firenze. Le energie più vitali tra l’artista svizzera e l’artista inglese quasi vanno a fondersi tra loro. Il corpo come ogni gesto umano va a trasformarsi, quasi a fondersi, e a spiazzare (e rimpiazzare) l’uomo con qualcosa che sembra perduto: la natura con il suo splendore, la sua fragilità e mistero come la vita stessa.

Rock, Mineral, Tooth, Sculpture, Art, Artifact, pinterest
Courtesy Photo Galleria Gentili
Opera di Vanessa Billy e Jessica Warboys, Galleria Gentili

Allo Studio Sales del romano Norberto Ruggeri ci sono Stefano Arienti, Flavio Favelli, Diego Miguel Mirabella e Davide Monaldi, ma soprattutto la poco più che trentenne Romina Bassu, anche lei romana a dispetto del cognome, una donna che ha fatto della sua pittura – decisamente poco italiana a cominciare proprio dall’uso di una palette di colori propria del nord e dell’est Europa – un mezzo per esprimere il femminile in tutte le sue forme e provocazioni focalizzandosi su come le donne percepiscono sé stesse e gli stereotipi femminili. Si intitola Speleologa il suo quadro/simbolo e raffigura una donna nell’atto di specchiarsi nelle sue parti intime indossando un paio di scarpe rosse (è la foto d'apertura di questo articolo). Le sue opere d’arte sono portatrici di immagini in grado di emancipare ciò che convenzionalmente viene considerato un tabù, grazie al desiderio di sovvertire le regole, rendendo fluidi i confini tra normale ed eccezionale.

Larisa Crunteanu viene da un paesino della Transilvania, ma da qualche tempo si è trasferita in Polonia. Nella sua stanza speciale, A room full of histerical woman, creata grazie alla galleria di Anca Poterasu, mette pannelli con scritte tratte da dialoghi di donne che hanno avuto a che fare con l’isteria – “una parola che stupidamente non usiamo molto”, ci spiega lei – da Lisistrata a Emily Bronte. Il visitatore è invitato a navigare attraverso un’architettura drammatica che decostruisce il genere attraverso l’attribuzione di oggetti e scene di uno spazio molto femminile capace però di racchiudere una realtà che è generale.

Alla Galleria Monitor, un artista come Matteo Fato, pescarese, ritrae coppie di collezionisti ponendo una particolare attenzione alla donna, mentre alla The Gallery Apart, con Bertille Bak, Gea Casolaro e Corinne Cosmaro, ci si interroga sul “Chto Delat”, sul “che fare?”, una domanda posta da un collettivo di artisti russi fondato nel 2003 a San Pietroburgo contro tutti coloro che sono “contro” qualcosa che dovrebbe essere sempre garantito, a cominciare dai diritti. Putin è il primo, ça va sans dire. Alla Ex Elettrofonica Gallery di Beatrice Bertini e Benedetta Acciari troverete invece Margherita Moscardini e Elena Mazzi. La prima – divenuta celebre anche per il suo censimento delle fontane in un campo di profughi siriani (il campo di Zaatari) – è presente con disegni di folle di Damasco o di migranti siriani in cammino; la seconda con un progetto realizzato nel viterbese, Tremila anni di storia in 324 centimetri, ripercorrendone l’analisi e la storia di quel territorio di origine vulcanica sin dalla nascita della società etrusca che tutto ha influenzato. C’è chi, poi – come la bolognese Adelaide Cioni della Galleria P420 – che reagisce alle brutture della vita dilettandosi con opere realizzate con fili che si intrecciano capaci di formare ghiaccioli colorati davvero particolari.

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Artissima è in fiera, nel nuovo, scenografico e futuristico spazio Oval al Lingotto, ma anche in città. Negli spazi di Jana in via Maria Vittoria, ad esempio, c’è la mostra Abstract Sex ideata proprio dalla direttrice della Fiera, Ilaria Bonacossa, curata da Lucrezia Calabrò Visconti e Guido Costa e tutta incentrata sul tema del desiderio tra fotografie, video, sculture, opere su tela e oggetti. “La seduzione ha inizio dalla testa, la parte più seducente del corpo di una donna”, ci dice Cristina Tardito, designer di Kristina T, che ha trasformato proprio quegli spazi torinesi. “La seduzione va oltre il genere, la razza e il credo: è espressione di noi con noi stessi e di noi verso gli altri”, aggiunge, ed è da questo concetto che ha deciso di creare una collezione di lingerie proprio per Artissima dal titolo “VM18”, una limited edition per donne self conscious, emancipate, decise e indipendenti che vogliono intrigare con la mentre e poi, ma solo poi, con il corpo.

Da CAMERA, il Centro della Fotografia per eccellenza torinese, troverete l’omaggio al grande maestro Man Ray con una mostra unica che racchiude oltre duecento fotografie, realizzate a partire dagli anni Venti fino alla morte (1976) tutte dedicate alla figura femminile, fonte di ispirazione primaria dell’intera sua poetica. Il corpo femminile – stando al suo obiettivo - è sottoposto a una continua metamorfosi di forme e significati, divenendo di volta in volta forma astratta, oggetto di seduzione, memoria classica, ritratto realista, in una straordinaria giocosa e raffinatissima riflessione sul tempo e sui modi della rappresentazione, fotografica e non solo. Lee Miller, Berenice Abbott, Meret Oppenheim, Dora Maar e la compagna di vita Juliet (a cui è dedicato il portfolio The Fifty Faces of Juliet ) sono state per lui fonti d’ispirazione ma – soprattutto - sono state a loro volta grandi artiste, tra l’avanguardia dada e il surrealismo parigino.

Da non perdere, poi - oltre alla cornucopia (Consider yourself as a guest - Cornucopia) del californiano Christian Holstad, che dopo la Biennale d’Arte di Venezia, grazie a FPT Industrial è arrivata all’ingresso dell’Oval al Lingotto – sono le Luci d’Artista, la manifestazione torinese nata nel 1998 e unica al mondo che rappresenta una vera e propria mostra d’arte contemporanea a cielo aperto. Ogni anno illumina le piazze e le strade di Torino e la nuova, davvero sorprendente, si intitola Miracola. Ideata dall’artista italiano Roberto Cuoghi, curata dalla direttrice del Castello di Rivoli Carolyn Christov-Bakargiev, è un’esperienza senza precedenti in una Piazza San Carlo dove le luci pubbliche e private, periodicamente, si affievoliscono creando una coreografia luminosa che immerge i passanti in istanti di assoluta oscurità, per poi illuminare di nuovo la piazza. L’opera, che si aggiunge ad una serie di iniziative sostenute da FPT Industrial che hanno celebrato questa importante ricorrenza (come ad esempio la rassegna Leonardo da Vinci. L’uomo è modello del mondo, ospitata dalle Gallerie dell’Accademia a Venezia), è stata realizzata in concomitanza con il 500° anniversario della morte di Leonardo da Vinci (1519), è un omaggio alle teorie sul rapporto tra luce e ombra del maestro e l’effetto è un approccio inedito, poetico e straniante per lo spettatore. Tutto da provare.

Sculpture, Architecture, Tree, Art, Fun, Plant, Tourist attraction, Statue, Environmental art, Plastic, pinterest
Courtesy Photo
LUCI d’ARTISTE

Ultimo, ma non certo per importanza, l’appuntamento alle OGR – Officine Grandi Riparazioni – con la personale As Walls Keep Shifting dell’artista Monica Bonvicini curata da Nicola Ricciardi con Samuele Piazza. È una nuova installazione che porta avanti l’interesse della Bonvicini per la storia, l’architettura, la sua memoria, i regolamenti e le abitudini imposte. La ricerca della Bonvicini si materializza in installazioni site specific in cui l’architettura diventa punto di partenza per una critica istituzionale e lo spazio espositivo è curato in modo da coinvolgere il pubblico in modo fisico e diretto. Il titolo è tratto da un romanzo di Mark Z.Danielewski, un testo capace di offrire una potente immagine metaforica del rapporto con l’ambiente costruito. A vedere l’installazione da vicino – una grande casa in legno a forma di casa con un sottofondo musicale particolare - abbiamo pensato molto al film Dogville di Lars Von Trier: anche lì le planimetrie originali dell’abitazione erano tagliate, c’erano solo segni e la mancanza della parte speculare della casa spinge chi guarda a considerare il vuoto lasciato nella sala. E a lasciarsi andare, a immaginare, che sono un po’ le “regole” da seguire per gustarvi al meglio questa fiera.