La settimana santa (corta) è cominciata, Sanremo 2020 è partito, l'intero paese si blocca a commentare i monologhi di Sanremo, le polemiche di Sanremo, gli ospiti di Sanremo, i redivivi di Sanremo, i look di Sanremo, le esibizioni di Sanremo sul palco dell'immortale Teatro Ariston. E delle canzoni di Sanremo 2020, parti integranti della kermesse, si arriva a parlare sempre con la speranza che durino, in bilico tra la nostalgia ricorsiva 20-30-40 (gli anni in meno di ispirazione) e la necessità di ossigeno che viene dalla musica di oggi. Che esiste, è presente, è viva, anche se chi dovrebbe comprenderla non riesce a farlo. Gran parte del pubblico di Sanremo vive su una nuvola che determina l'umore televisivo dei 5 giorni di festival e l'eventuale caduta degli dèi immediatamente successiva, ignorando spesso cosa accada al di fuori della riviera ligure in una piccola porzione di febbraio.

Non tutti, certo. C'è chi il festival lo vive con curiosità e apertura, chi si appella ai fasti che furono. Sanremo è pura dicotomia di approccio culturale che riverbera nella musica presentata: l'operazione svecchiamento/ringiovanimento iniziata da Claudio Baglioni nelle due edizioni precedenti sta proseguendo sotto l'egida di Amadeus (e Fiorello a dargli bordone) con modi e tempi ancora incerti. Intanto la playlist ufficiale di Sanremo su Spotify raccoglie le nuove uscite: i conteggi determineranno chi entrerà nella Viral Italy e nella Top 50 Italy aggiornata giorno per giorno prima di tutti. Perché le canzoni di Sanremo 2020 prima serata hanno funzionato, sostenute dai fandom e dall'esplosione dei social (la Rai ha comunicato che le interazioni tra Twitter, Instagram e Facebook avrebbero superato i 3 milioni), e al netto delle quattro ore di diretta che avrebbero sfiancato di tensione anche un monaco zen. I 12 brani della prima tranche sono riusciti nell'intento di tenere insieme mondi e linguaggi diversi, se non opposti tra loro, mixando anacronismi di giovani vecchi, energia di leonesse di antica fibra spettacolare, retromania pop, alte citazioni sacre desacralizzate e l'immancabile tocco kitsch+trash+camp che risponde all'aggettivo/sostantivo nazionalpopolare dai tempi del deus ex machina Pippo Baudo.

Cosa resterà delle canzoni di Sanremo 2020? Dalla prima serata si garantiscono l'augurio di lunga vita e prosperità Achille Lauro, Elodie, Anastasio e Diodato, che musicalmente parlando hanno spiccato il volo per infiniti motivi. I loro sono quattro pezzi diversissimi, un poker di interpretazione del pop: raffinati tagli personali (Fai rumore di Diodato è una piccola poesia), voce intensa saggiamente affidata ad autori bravi (la Andromeda di Elodie è firmata da Dardust e Mahmood, vincitore dello scorso anno, e la cantante ha una presenza scenica sempre più sicura e matura), immaginario di altissimo spettacolo (solo Achille Lauro, e chi sennò, poteva vestire di tutina nude glitter la sua Me ne frego), furia espressiva incanalata nel rap (Anastasio è Rosso di rabbia).

Una menzione speciale per l'energia la merita Rita Pavone, che ogni volta fa sospirare "vorrei arrivarci io all'età sua così" e con Niente (Resilienza 74) ha dato una lezione di tenuta palco ad almeno due generazioni di speranzosi interpreti. Ed entrerà negli annales dei video di Sanremo l'esibizione storta, ironica, post-punk di Sincero di Morgan e Bugo, che abbraccia virtualmente tutti quei tardoadolescenti che gioivano dei festival di Fabio Fazio nel nuovo millennio (mai guariti dallo stupore di Subsonica e Bluvertigo all'Ariston). Per il resto, le canzoni della prima serata sono scivolate via nella media del pop che più classico non c'è. Entreranno più in circolo con le future esibizioni o verranno definitivamente scalzate dalle canzoni di Sanremo 2020 seconda serata?

Una domanda che ha avuto risposta 24 ore (infinite) dopo, quando la seconda tornata di canzoni ha cristallizzato i debutti di tutti. Cominciando a determinare anche gli ascolti futuri: Musica (e il resto scompare) di Elettra Lamborghini si prepara a restare fortemente nelle radio, nonostante la partecipazione all'Ariston stia palesemente diventando n boomerang per la divertente reggaeton diva, così come la Tikibombom di Levante e la Ringo Starr scanzonata dei Pinguini Tattici Nucleari (che entrano a modo loro nel solco dei non supereroi della vita già citati da Cesare Cremonini: la musica vive del principio di Lavoisier "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma"). Un paio di zampate le piazza Piero Pelù con Gigante, che è puro pieropeluismo in cui la voce dei Litfiba si accomoda come su un trono animalier.

La quota pop decolla con Viceversa, terza partecipazione al Festival di Francesco Gabbani (che conclude la serata in testa alla classifica della demoscopica, segno che il sodalizio con Sanremo funziona), quella rap viene vivificata dalla potenza del flow di Rancore con Eden e dal ritornello catchy di No, grazie del discutissimo Junior Cally. Riconoscimento speciale "classe assoluta" a Tosca, che con Ho amato tutto riporta la bella canzone di una volta (cit.) alle vette autorali e interpretative dell'eccellenza, e si candida a favorita ad almeno un premio della critica tra i tanti. Dopo le serate dei duetti sulle canzoni della storia di Sanremo -e l'interrogativo eterno: riusciremo mai a lasciare in pace certe canzoni di Mia Martini?-, la finale di sabato sera sarà lunga e parecchio combattuta tra le varie percentuali.