Ricostruiremo, ci riconcilieremo e ci riprenderemo”, Amanda Gorman, 22 anni, poetessa.

In inglese si dice “being in awe”. "Awe" è la parola che si usa per esprimere meraviglia. E nel giorno dell’Inaugurazione di Joe Biden come 46° presidente degli Stati Uniti, molti di noi si sono trovati in awe, travolti dallo stupore. Dalla sorpresa, dalla grazia che può dare la normalità e la decency, la decenza. Proprio così, eravamo stupiti di quanta bellezza ci possa essere nei toni pacati, conciliatori a volte quasi noiosi di un nuovo presidente che prende il posto lasciato da Donald Trump e la sua rabbia, aggressività, indecenza. Un Trump che fino all’ultimo ha stracciato i simboli della democrazia americana non partecipando alla cerimonia dell’Inauguration Day, sperando, forse, di poter mettere in ombra il nuovo inquilino della Casa Bianca. Ma così non è stato. Come riporta il New York Times, l’inaugurazione ha trionfato sull’insurrezione. La festa, la grande festa della democrazia che si è svolta sul lato ovest di Capitol Hill, lo stesso preso d’assalto dai rivoltosi trumpiani il 6 gennaio scorso, ha spazzato via, almeno per un giorno, l’orribile ricordo della faccia peggiore del trumpismo.

Mancava Trump, ma c’erano tutti gli altri. Gli Obama, i Bush, i Clinton. Ma soprattutto c’era lei, Kamala Harris, la prima donna vicepresidente degli Stati Uniti, che ha giurato davanti alla giudice Sonia Sotomayor, prima ispanica della corte suprema, sulla Bibbia che un tempo apparteneva a Thurgood Marshall, icona dei diritti civili. Un momento invaso di simboli che forse, nell’era pre Trump, non avremmo notato, ma che oggi hanno un significato senza precedenti:

sono il segno di un cambiamento necessario per voltare pagina.

Accanto alla politica c’erano anche le star che in questi quattro anni si sono tenute ben lontane da Washington. Lady Gaga, Jennifer Lopez, Tom Hanks, Eva Longoria, Bruce Springsteen, Bon Jovi, i Foo Fighters, solo per citarne alcune. Anche la loro presenza è il simbolo di un ritorno alla normalità che tanto mancava agli americani. Lo spettacolo è parte integrante del sistema America e ieri è risalito, orgoglioso, sul palco. Su quel palco ha trovato posto anche una giovane poetessa, Amanda Gorman, che con la sua poesia, The hill we climb, ha emozionato tutti.

"C'è sempre luce/ se abbiamo il coraggio di vederla/ C'è sempre luce/se abbiamo il coraggio di esserlo"


Joseph Robinette Biden Jr.
prende la guida di un Paese ammaccato. Un Paese devastato da una pandemia, diviso come non mai. Nel suo discorso, Biden ha messo le basi per la ricostruzione, tendendo la mano ai repubblicani, chiedendo unity, unità, supplicandola quasi. Tornare a essere uniti è necessario per affrontare la crisi economica, sociale e sanitaria che ha sommerso il Paese, e se di solito si guardano i primi 100 giorni di un presidente in carica per giudicare il suo operato, qui gli occhi di tutto il mondo sono puntati verso la Casa Bianca e Biden sa che è costretto a premere l’acceleratore.

E così ha fatto. Subito dopo la cerimonia, appena entrato nello Studio Ovale, ha firmato una dozzina di ordini esecutivi, tra cui l’abolizione del bando per i viaggiatori provenienti da diversi Paesi musulmani, è rientro nell’Accordo di Parigi per il contrasto ai cambiamenti climatici e ha messo l’obbligo di indossare la mascherina in tutte le proprietà federali e durante i viaggi su treni e aerei.

Il messaggio è chiaro: l’era Trump deve finire.

Non è ancora chiaro, invece, quanto sarà semplice cancellarla visto che molti americani appoggiano il trumpismo. Il compito del 46° presidente sarà soprattutto quello di spegnere la rabbia, vaccinare l’America dall’odio che negli ultimi anni ha trovato così tanto spazio. Biden, come dice Barack Obama, è un uomo resiliente: “Il nostro Paese ha molte sfide da affrontare, ma non c'è nessuno più in grado di Joe per condurci fuori da queste difficoltà. È un uomo la cui vita è definita dalla resilienza, che ha imparato l'arte di trasformare il dolore in scopo. E so che farà lo stesso per il nostro Paese. Sostituire la divisione e l'odio degli ultimi quattro anni con una leadership in grado di curare le nostre ferite e di unirci”.

Il nuovo presidente ha dichiarato i suoi intenti davanti a duecentomila bandiere:"Insieme, scriveremo una storia americana di speranza, non paura. Di unità, non di divisione. Di luce, non di oscurità. Una storia di decenza e dignità. Amore e guarigione. Grandezza e bontà".