Il caso di Sarah Everard ha lasciato il Regno Unito ed è entrato nelle nostre vite perché porta con sé una domanda provocatoria che ci riguarda tutte: perché. salutando gli amici, dovremmo avvisarli quando siamo arrivate a casa, come se una strada non fosse ancora sicura per le donne? Intanto le manifestazioni di protesta si stanno moltiplicando in Inghilterra contro quello che è l'ennesimo caso di femmincidio con l'aggravante che l'unico sospettato al momento è la figura più insospettabile possibile: un poliziotto di Scotland Yard. Come dice Stephen King, purtroppo una donna uccisa da un uomo non fa molto notizia da tempo, ed è per questo che nei film e nei romanzi viene sempre più spesso raccontato l’inverso, la donna assassina, che suscita più curiosità. Ma domandarsi chi è Sarah Everard e perché la sua morte sta demolendo alcune certezze fondamentali nel Regno Unito è invece importante per tastare il polso della situazione in un periodo storico che ha sfasato tutti i parametri ed esasperato le sensibilità.

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Sarah Everard, 33 anni, direttrice marketing che viveva nel South London, alle 21.00 del 3 marzo di quest’anno è uscita dalla casa di un amico vicino al parco di Clapham Common. Mentre cammina fa una chiamata di circa 14 minuti al suo fidanzato e il suo passaggio viene registrato dalla telecamera di un videocitofono alle 21.28. Poi, il nulla. Sarah non è mai arrivata a casa. Il mattino dopo il suo fidanzato ne denuncia la scomparsa e scatta la ricerca. Scotland Yard setaccia la zona e lancia appelli agli abitanti anche sui social per chiedere informazioni e aiuto. Vengono perquisite 750 abitazioni, dragati gli stagni nel circondario, le ricerche si estendono fino alla Contea del Kent, a sud-est. Ma niente, fino al 9 marzo quando viene arrestato un sospettato. Si tratta di Wayne Couzen, ed è un agente di polizia del Comando di protezione parlamentare e diplomatica, l'unità incaricata di proteggere la tenuta parlamentare del Regno Unito e le ambasciate a Londra. Lo sgomento si impossessa delle forze dell'ordine.

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Il giorno dopo, il 10 marzo, in una zona boscosa della città di Ashford, nel Kent, vengono ritrovati dei resti umani in condizioni che non ne permettono il riconoscimento. Due giorni dopo, l’esame delle impronte dentali conferma che il corpo apparteneva a Sarah Everard. L’arresto di Wayne Couzens viene convalidato e il vicecommissario di Scotland Yard, Ephgrave, è il primo a dichiarare il suo disappunto: “il fatto che a essere stato arrestato sia un ufficiale di polizia metropolitana in servizio è scioccante e profondamente inquietante", dice. “Il nostro compito è pattugliare le strade e proteggere le persone", aggiunge il capo della polizia metropolitana Dame Cressida Dick, “l'arresto ha provocato un'ondata di rabbia, e parlo a nome di tutti i miei colleghi quando dico che siamo completamente sconvolti da questa terribile, terribile notizia”. Dichiarazioni ovvie ma dovute. Ma l’evento drammatico produce un effetto George Floyd nel Regno Unito. Parte una valanga di commenti-confessione di donne sulla sensazione di insicurezza nel camminare da sole per le strade di città in Paesi che dovrebbero essere civili, e rispuntano i dati di un recente sondaggio secondo cui il 97% delle donne in Gran Bretagna ha subito molestie. Riaffiora la domanda “perché per non correre rischi dobbiamo essere segregate noi, e non gli uomini potenzialmente pericolosi?”. L’onda emotiva allarga le sue vibrazioni in tutto il paese.

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Sabato 13 marzo centinaia di persone si radunano al parco di Clapham Common in una veglia a lume di candela per Sarah Everard sotto lo slogan Stava solo tornando a casa. Ma l’evento non è autorizzato, a causa delle restrizioni del Covid-19, e si trasforma in uno scontro tra manifestanti e polizia con quattro donne ammanettate e portate via mentre la folla inferocita urla "vergogna!”. Il brusco intervento delle forze dell'ordine non fa che infiammare gli animi e la diffidenza contro la polizia, di cui l’assassino è un membro. Parlamentari e governo si schierano dalla parte dei manifestanti, il ministro dell'Interno Priti Patel definisce "sconvolgenti" le immagini della repressione, il sindaco di Londra Sadiq Khan le bolla come “inaccettabili” e tutta la politica invoca un’indagine su Scotland Yard. Cressidra Dick, prima donna ad aver assunto il comando della Polizia Metropolitana, è sotto pressione e le viene chiesto di dimettersi per la gestione brutale della veglia del 13 marzo. Un terremoto che sta scuotendo dalle fondamenta il paese del fair play, anche per la destabilizzazione di un concetto (tristemente) cristallizzato un po’ in tutto il mondo, che vuole le donne uccise perché sono state imprudenti o accompagnate da cattivi soggetti scelti da loro. Ma se a uccidere è un poliziotto, il rappresentante estremo della difesa dei più deboli, non resta davvero più spazio al victim shaming e questa storia è destinata a segnare il corso degli eventi.