Dov'eri il 28 maggio 2017? Qualunque romanista avrà le lacrime, chiunque ami il calcio vivrà un attimo di smarrimento. Era il giorno dell'addio al calcio di Francesco Totti. L'Olimpico imbottito di cuori infranti, una cappa di shock sulla capitale. È stato il giorno della cerimonia perfetta, dei singhiozzi sui divani, dei bar con le saracinesche a mezz'asta, del commiato collettivo. Un'epica perfetta, un finale col botto. Come si racconta un personaggio così cruciale, amato, viscerale e iconico come Francesco Totti? Si scarta, come avrebbe fatto lui. Dribbling di intelligenza con il pallone sul piede magico, alleggerimento della maschera dell'eroe con qualche tocco di rincorsa. Eccolo lì: la Capitale di Francesco Totti, e il capitale umano di Francesco Totti. Rischio altissimo: una serie tv per spogliarlo del ruolo di campione, raccontare un uomo che sente l'arrivo dell'ultima tappa della sua carriera ma vuole comandarne la fine. Hype, terrore, panico. Tirate il fiato (spoiler): nessun Giuda ha osato rovinare ciò che è stato ed è tuttora Totti per Roma e per la Roma. Nasce proprio dal fatalismo romano-romanista Speravo de morì prima la serie tv su Francesco Totti. Meglio, sull'ultimo anno da calciatore del capitano, quel 2016-2017 di tensione costante. Sarebbe facile ridurre tutto all'eroe e al suo antagonista nella serie Sky Original prodotta da Mario Gianani per Wildside, del gruppo Fremantle, e con Capri Entertainment di Virginia Valsecchi, The New Life Company e Fremantle, su sceneggiatura di Stefano Bises, Michele Astori e Maurizio Careddu tratta dal libro Un capitano scritto da Totti con Paolo Condò.

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Courtesy/Sky

Non lo è, invece. A cominciare dalla scelta di affidare l'attimo dei 40 anni di Francesco Totti (classe 1976) ai neanche 30 di Pietro Castellitto. Nell'interpretarlo, l'attore e regista de I predatori ha lavorato sulla massa muscolare ma soprattutto sulla voce, nasale, profondamente popolare e riconoscibilissima. "La sfida era creare una maschera che lo ricordasse, lo evocasse ma lo stupisse la tempo stesso. Il cinema è evocazione, non imitazione" ha raccontato Castellitto alla conferenza stampa di presentazione, tenutasi sul prato sotto la Curva Sud dell'Olimpico dove lui stesso ha trascorso parecchie domeniche. Il Totti pubblico e il Totti privato, doppia chiave di lettura in equilibrio. Con l'aggravante che ogni romano e romanista ha il suo Totti, ed è convinto che nel reale corrisponda esattamente a ciò che crede. Tasselli da assemblare in un puzzle che prova a aderire allo sfuggente originale nel momento più difficile della sua vita. "Il tema principale di questa serie è la fine, e tutti si possono riconoscere in questo concetto perché tutti facciamo i conti con la fine. Totti ci viene in aiuto perché per sua natura è un archetipo, è una rete di salvataggio. A prescindere dall’essere tifosi o meno, conoscerlo o meno, ci si riconosce in lui" afferma Castellitto. Totti siamo noi negli errori di valutazione, nella testardaggine, nell'umanità. Nella vita, insomma. Che è epica, comicità, dramma shakespeariano, commedia leggera, non un genere solo. Il mix si regge su una scrittura altrettanto miscelata che trova il suo compimento più riuscito nel rapporto complicato con l'ultimo allenatore di Francesco Totti Luciano Spalletti, reso con giusta tenacia da un meticoloso Gianmarco Tognazzi.

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La frattura del loro rapporto è nella complessità da affrontare con mancanza di mezzi, strade che tornano a intersecarsi dopo troppa distanza. "Ho cercato di trovare un filo conduttore e l’ho identificato nel disagio. Non solo da parte di Spalletti ma della società, della squadra, di un gruppo, di Totti stesso" ha spiegato Tognazzi. "Non mi piaceva l’idea dell’antagonista o del cattivo: ho voluto approfondire il credo calcistico di Spalletti, la filosofia dell’importanza del gruppo che supera i singoli. Ho voluto lavorare sui non detti, l’aspetto interpersonale degli sguardi di queste due persone". Il punto delicato è che la militanza in spogliatoio, la fedeltà, l'identificazione di un uomo con la città e la squadra, non sono stati sempre dei lasciapassare per il Capitano. Anzi, gli si sono anche ritorti contro, e forse anche lui stesso lo ha capito solo dopo. Nella serie i dubbi emergono, si fanno corpo, fanno comprendere le ragioni di entrambi: l'uomo solo dentro lo spogliatoio è a volte Totti a volte Spalletti, il simbolo unico contro il collettivo di sfondo. L'opposizione Totti-Spalletti ha amareggiato una stagione intera per il desiderio rancoroso di rivalsa. Quando l'addio del calciatore è diventato catarsi finale, Spalletti era già lontano, riposto in una scatola da non riaprire mai più. La dimensione privata affianca il dramma umano del Francesco Totti di Pietro Castellitto con le sue famiglie. Giustamente pop-olare quella delle origini, con le battute di Giorgio Colangeli che fa da di papà Enzo il controtempo pungente-verace all'esuberanza della mamma, il "generale" Fiorella reso dall'esuberante Monica Guerritore: "Unisci madre e Roma e viene fuori la figura di Fiorella. Questa è la cosa che mi ha più diretta per riempire il personaggio di cuore, carne, passione e forza riguardo al proprio figlio" ha raccontato l'attrice. L'agguerrita difesa dell'onore calcistico del ragazzo, la coltivazione del talento, lo schierarsi costantemente dalla sua parte con cieco furore genitoriale (consapevoli, in fondo, di potersi anche sbagliare ma non volerlo riconoscere), sono resi con la giusta dose di ottimo mestiere nei tagli di luce delle case in cui seguono la carriera del figlio.

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Courtesy/Maila Iacovelli FabioZayed

La sfumatura veramente intima la dà la coppia Francesco Totti Ilary Blasi, i nuovi Sandra&Raimondo, la it-couple del calcio italiano, i Beckham di Roma Sud. A sostenere Pietro Castellitto c'è la Ilary Blasi di Greta Scarano, che si è calata nel gioco di non-mimesi invertendo la formula del collega: non la voce, difficile da copiare senza scadere nella macchietta, bensì corpo ("e io non so ballare" ammette sorridendo), movenze, sguardi, frasi nette. "La cosa interessante è stata stare accanto a Pietro, che raccontava questo personaggio mitico e leggendario con una grazia e una semplicità che non è da tutti. Abbiamo cercato di raccontare questo rapporto così solido nonostante tutte le difficoltà di una relazione lunga, e pubblica. È un grande amore che mi piace immaginare simile all’amore di Totti per la Roma. Quella coerenza, anche di Ilary, nel continuare a stare insieme e starsi vicino nel momento in cui lui deve lasciare. È la forza della loro relazione all’interno delle mura domestiche, perché sono rimasti persone normali e si sono detti le verità con molta consapevolezza". Per Scarano, il racconto di Francesco Totti in Speravo de morì prima è il dramma shakespeariano di un uomo "che deve andare via da un mondo che lo ha reso quello che è, all’apice di carriera e condizione mentale". La parabola di chi deve forzatamente smettere di essere ciò che è sempre stato, e diventare qualcos'altro. Crescere, in un certo senso, con tempi diversi dal resto del mondo. E con la responsabilità di essere Francesco Totti, di tutti da sempre, anche dei non romanisti, anche dei non tifosi. Di essere ancora vivo e presente in una nuova fase della vita mentre si celebra il suo ultimo anno e mezzo da giocatore. La bandiera reale del calcio giocato, un campione identificabile da un concetto di fedeltà e amore assoluto per la propria maglia nel bene e nel male. Il titolo della serie, quello striscione entrato nella storia, sunto di Roma, romanismo e fatalità. Lo riassume Castellitto:

Totti è qualcosa che nemmeno l’umanità, se ci prova, può immaginare. Il calcio non è calcio se Totti non c'è.