Eravamo rimasti al 23 marzo, quando si invocava con urgenza la calendarizzazione al Senato del DDL Zan, perché tutti avevamo visto il video dell’aggressione subita da una coppia di ragazzi (uno dei due era l'attivista Jean Pierre Moreno) nella stazione della metro di Valle Aurelia a Roma, picchiati da uno sconosciuto perché si erano scambiati un bacio. Quasi cinque mesi prima, il 4 novembre 2020, il Disegno di Legge del deputato Alessandro Zan era stato approvato alla Camera con 265 si e 193 no. Poi, come prevede il nostro riordinamento bicamerale, doveva essere approvato anche in Senato. Ma lì era terminata la sua corsa. Per difendere la legge che inserisce nel nostro ordinamento il carcere per chi commette atti di discriminazione fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale o sull’identità di genere o sulla disabilità, e che istituirà una giornata nazionale contro l'omofobia e lo stanziamento di 4 milioni di euro l'anno per le strutture che operano in questo ambito, sono arrivati appelli dagli artisti (Fedez in primis), dalle persone comuni, persino da politici insospettabili, tutti che mostravano il palmo della mano col nome del DDL. Ma il disegno restava fermo e sembrava dovesse finire dimenticato in un cassetto, per il sollievo dei suoi detrattori.

Il 29 aprile è arrivata la notizia che dopo la votazione che ha visto 13 voti a favore contro 11 contrari, la discussione del DDL Zan in Commissione giustizia sarà calendarizzata. Vuol dire che si sta per fissare una data per la discussione e che quel giorno non dovrebbe andare oltre il mese di maggio. Un passetto in avanti per una misura che procede lentamente mentre in paesi come la Spagna è già in vigore sotto altre forme ma con contenuti simili. A dirla tutta, ciò che chiede questo provvedimento dovrebbe essere quasi scontato. La Carta europea dei diritti fondamentali, infatti condanna già tutti i tipi di discriminazione per orientamento sessuale, identità di genere e disabilità, e a noi serve solo di aggiungere queste specifiche all’art. 604-bis del Codice penale, per non lasciare troppo spazio alle interpretazioni. Allora perché (e a chi) fa paura il DDL Zan? Sarebbe facile dire "agli omofobi", ma la questione è più complicata. La Conferenza Episcopale Italiana, ad esempio, teme che una legge che combatte le discriminazioni omofobe possa mettere in questione la differenza tra uomo e donna e "la singolarità e l'unicità della famiglia, costituita dall'unione dell'uomo e della donna". Dall'altro canto, le associazioni delle famiglie arcobaleno fanno notare che anche le loro, però, sono famiglie previste dalle legge italiana: "e questo andrebbe rispettato secondo l’art. 7 Cost., e che il ddl Zan non parla di famiglia ma di tutela della dignità delle persone contro i crimini d’odio", ha twittato la senatrice Monica Cirinnà. Insomma, non c'è ancora da cantar proprio vittoria, ma nemmeno da fasciarsi la testa. To be continued.