"Alle ore 18.51 del 30 agosto il socio della Forza e Coraggio di Roma, sig. Daniele Tatta, ha fatto ritorno alla Barriera di Porta Cavalleggeri incontrando diversi ciclisti e molto soci. Egli era partito dalla stessa barriera il 19 agosto, alle ore 4.45 cosicché ha stabilito il record Roma-Marsiglia e viceversa in giorni 11, ore 8 e 20 minuti". Viene raccontata così l'impresa di Daniele Tatta dalla Gazzetta dello Sport del 1905, un trafiletto che lui stesso incollò nel centro di una delle pagine del suo taccuino di viaggio e che ancora oggi si conserva nelle mani della pronipote trentenne Arianna Meschia. Lei ne ha raccolto l'eredità e, attraverso il suo progetto Prima del Giro, si propone di ripercorrere quelle strade alla riscoperta di radici familiari sopite in anni di vagabondaggi. Il suo GPS, sarà proprio il diario di viaggio del bisnonno. Una copertina cerata dove si intravede sbiadita la scritta “Record ciclistico Roma Marsiglia” e dei segni rossi, di bambino, testimonianza del passare del tempo e dell'affievolirsi di quel ricordo, di quell'impresa che aveva messo in sella un sarto ventisettenne spinto da chissà quali desideri, in fuga da chissà quali mostri e alla ricerca di chissà quali sogni. Un totale di 45 pagine, 78 firme e rispettivi timbri, sulle quali ogni tappa del giro è stata registrata a dimostrazione che i 2000 chilometri che separano le due città andata e ritorno sono stati coperti in bicicletta. Ci sono testimonianze di sedi del Touring Club Italiano, di circoli sportivi, di pensioni e dei luoghi dove Daniele Tatta ha sostato e il percorso è tracciato alla perfezione, senza esitazione davanti ad alcun bivio.

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Pensare che quel taccuino era rimasto dimenticato in un cassetto a lungo, fino all'estate del 2019 quando, durante una giornata estiva a Genova, parlando con il padre, Arianna entra in contatto con la storia del bisnonno e se ne innamora. “Quando ho scoperto questa storia non ho pensato subito di voler seguire le sue tracce”, racconta Arianna. “In quel periodo ero concentrata su altro, ero appena rientrata da anni lontana dall'Europa, ma in un certo qual modo, quella avventura mi è rimasta dentro. Pensavo di volerci scrivere un racconto, così ho iniziato a fare ricerche, ho intervistato una delle sue figlie, Siglinda, sorella di mia nonna Ofelia, che ha ricordi ancora accesi di quel padre così cauto, impaurito dal prendere decisioni sbagliate, che durante gli anni della seconda guerra mondiale girava in bicicletta a raccattare viveri e provviste”. Poi in fase di pandemia ad Arianna questa storia torna in mente e la trasforma in un progetto vero e proprio da svolgere quest'anno a fine agosto, proprio come Daniele Tatta fece nel 1905. “Da quando ho scoperto la sua storia, mi è parso di sentire la sua sete di avventura, l'amore per il viaggio, la forza di non fare necessariamente quello che gli altri si aspettano da te, come parte integrante di me”, racconta Arianna. “Questo ritorno alle origini insieme alla perenne domanda del dove e quando fermarmi mi hanno spronato a dare vita a questo viaggio che vorrei fare, l'ennesimo della mia vita”. Lei, nata a Genova, si trasferisce a Londra per studiare in Università e lì resta anche alla fine degli studi. Intraprende un lavoro nell'ambito della produzione cinematografica e per cinque anni vive una vita “normale”, scegliendo però sempre la bicicletta come mezzo di trasporto cittadino. Dopo questi anni però, il suo animo inquieto comincia a star stretto in quella ripetizione di giorni tutti uguali e così nel 2018 parte per il Malawi. “Ero già stata in questo stato Africano nel 2015, per vacanza. Ci rimanemmo per tre settimane e lo amai. Era la prima volta che uscivo dall’Europa, fino ad allora non avevo nemmeno il passaporto ed è stata un'esperienza spettacolare, calata in una realtà aliena cui sembra non abituarcisi mai. Così due anni dopo, complice la fine della mia relazione e un'insoddisfazione generale, decisi di tornare nel luogo che mi aveva fatto stare bene: era il gennaio del 2018 e avevo comprato un biglietto di sola andata”. Doveva essere un mese, poi tre, poi sei, alla fine un anno. Arianna incontra Reggie, sudafricano, e con lui si mette in viaggio su una moto dal Malawi all'Egitto per poi tornare a Johannesburg e restarci ancora qualche mese. “Sarebbe dovuto venire lui in Europa, ma per problemi di visto non è potuto partire e la conseguenza è stato il mio trasferimento lì con successivo periodo di permanenza imposta dalla pandemia di Coronavirus. Un periodo difficilissimo a cui non mi sono mai abituata: vivere in un luogo dove puoi solo girare in macchina e la tua sicurezza è messa costantemente a repentaglio è davvero un'esperienza pazzesca che non finisci mai di capire del tutto. Così a Luglio 2020 Sono tornata da sola in Europa, a Londra che ora non so più se è davvero la mia casa”. A tenerle vivo l'entusiasmo in qui mesi difficili è il pensiero di quel bisnonno, quell'affinità che trovava nell'irrequietezza e nella voglia di fare qualcosa che uscisse dall'ordinario. “Mi è capitato spesso di pensare al signor Tatta e a fantasticare su come potesse essere: me lo immagino un figo stratosferico, ma insieme una persona alla mano, genuina e con i baffi. Lo raffiguro come un creativo: era un sarto che ha lavorato per anni nella storica sartoria Caraceni in piazza di Spagna a Roma. Dai racconti, era un appassionato di opera lirica, tanto da chiamare le sue tre figlie Ofelia (mia nonna), Siglinda e Brunilde. Veniva da una famiglia umile di Itri, aveva forse la terza elementare, eppure è riuscito a crescere facendo qualcosa di così interessante sviluppando un animo epico capace di fare qualcosa di rivoluzionario”.

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Un ragazzo 27enne nel 1905 doveva essere già sposato con figli a seguito, un lavoro fisso e pochi grilli per la testa. Lui no. Lui, quando ancora il Giro d'Italia non esisteva e il Tour de France aveva appena due anni, prende una bici e parte senza lasciare nessuna donna ad aspettarlo. “Il mio bisnonno ha fatto una cosa rivoluzionaria per la sua epoca che io vorrei rifare e prendere questo viaggio come rivoluzione per me stessa”, dice Arianna. “Dopo tutte le mie esperienze, sento che ho bisogno di ritrovare il mio luogo nel mondo e per questo mi rivedo molto in lui. Per quanto ne so, è l’unico della famiglia ad aver fatto qualcosa fuori dagli schemi. Questa passione per il viaggio l’ha trasmessa anche a papà e lui a me. Insomma, penso che questo fantastico bisnonno mi abbia lasciato un'incredibile eredità”. Patrocinato dal Touring Club Italiano, Prima del Giro sta prendendo forma, ricalcando l'itinerario originale che percorrere la costa italiana, in un alternarsi di tre giorni di pedalata e uno di riposo per una media di 70 chilometri al giorno. “Il tratto più duro sarà il Passo del Bracco che conta circa 700 metri di dislivello da percorrere in un giorno, per il resto sarà abbastanza pianeggiante e ho pensato sarebbe bello se qualcuno volesse unirsi a me per condividerne anche solo un pezzetto, mentre altri tratti vorrei farli da sola, per me”. Il taccuino di Arianna sarà digitale: attraverso i social racconterà la sua avventura per condividerla con chi vorrà sostenerla. “Vorrei spolverare anche le mie conoscenze cinematografiche, avrò con me una GoPro e una piccola videocamera per raccontare tramite immagini la mia avventura”. Inoltre, i sostenitori di Prima del Giro avranno l'opportunità di sponsorizzare 88 bikes che regala bici alle ragazze in diversi paesi del mondo. In cambio riceveranno una foto della bicicletta donata e della beneficiaria. “La mia ambizione sarebbe di donare almeno una bici per giorno di viaggio, ovvero 20-25 biciclette in totale. In questi Paesi, avere una bicicletta fa una differenza stratosferica soprattutto se sei una ragazza: è sia mezzo di trasporto, sia un modo per fare business, come quello dei 'taxi', ma sulle due ruote”. “Inoltre, possedere una bici vuol dire avere la possibilità di andare a scuola: spesso gli istituti si trovano lontani e tante ragazze non ci vanno perché hanno paura di essere rapite lungo la strada. Le due ruote ti permettono di andare ovunque e di fuggire veloce in caso di necessità. In fondo, in qualsiasi parte del mondo, la bicicletta è davvero un mezzo che dà indipendenza e fa assaporare la libertà”.

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