Ha 23 anni, un sorriso rotondo, il velo ben aderente alla testa. L'unica foto che circola la ritrae in allenamento sul tappeto del taekwondo paralimpico, la sua disciplina sportiva. Zakia Khudadadi prima atleta paralimpica dell'Afghanistan, e prima donna a qualificarsi per la competizione internazionale di massimo prestigio nel suo sport, le Paralimpiadi di Tokyo 2020. Ma non ci andrà, la delegazione afghana ha rinunciato ufficialmente a partecipare ai Giochi Paralimpici: la presa della capitale Kabul da parte dei talebani ha impedito la partenza degli atleti fissata per lunedì 16 agosto, il giorno in cui l'aeroporto è stato invaso dalle persone che hanno cercato di imbarcarsi su quanti più aerei civili o militari possibili, pur di scappare dal paese. Le speranze paralimpiche dei due atleti afghani Zakia Khudadadi e Hossein Rasouli sono rimaste a terra, nonostante i tentativi di assicurarsi un volo, anche esoso, per portarli in Giappone. "Questa situazione ha lasciato la nazione senza parole, ha distrutto tutti i sogni di pace e prosperità" ha commentato il capo delegazione Arian Sadiqi sul Telegraph. Le preoccupazioni adesso riguardano l'incolumità dei due atleti, Hossein Rasouli, discobolo paralimpico che ha perso il braccio sinistro per lo scoppio di una mina, ma soprattutto Zakia Khudadadi. Donna, giovane, atleta, simboleggia l'indipendenza femminile (e umana) che il regime talebano punta a estirpare o vietare. "Mi si spezza il cuore a pensare a tutti questi anni di lavoro per dare visibilità alle donne, e ora devo dire alle mie donne in Afghanistan di tacere e scomparire. Le loro vite sono in pericolo" ha commentato al Washington Post Khalida Popal, direttrice della nazionale di calcio femminile in Afghanistan, che vive in esilio a Londra dopo le minacce di morte ricevute.

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La storia di Zakia Khudadadi, 23 anni, dalla provincia di Herat, è quella di una generazione di talenti nuovi che si trova per la prima volta di fronte a temute restrizioni di regime. Disabile dalla nascita, ha scoperto il taekwondo da ragazzina grazie alle Olimpiadi, viatico prezioso di rivelazioni sulle discipline sportive meno conosciute o raccontate. Ad affascinare la ragazzina sono le imprese olimpiche di Rohullah Nikpai, taekwondoka afghano, primo e unico sportivo del paese ad andare a medaglia alle Olimpiadi: nei giochi di Pechino 2008 e Londra 2012 ha vinto due bronzi, un vero e proprio record per l'Afghanistan che nelle sue 14 partecipazioni complessive ai Giochi ha vinto solo con lui. Sulla scia dell'eroe sportivo nazionale, Zakia Khudadadi esprime il desiderio di imparare il taekwondo. "Mi ha ispirata, ho deciso di fare questo sport e per fortuna, la mia famiglia mi ha sostenuta" ha raccontato l'atleta paralimpica afghana al sito ufficiale Paralympics. Non è così scontato, o tantomeno semplice, apprendere una disciplina simile quando sei una ragazza con disabilità, per di più in un paese dalla storia contemporanea complicata. Lo sport femminile è timidamente esploso, le ragazze possono allenarsi liberamente e condividere gli spazi con i ragazzi in palestra. Il talento di Zakia Khudadadi si rivela quando è appena maggiorenne, nel 2016, e vince una medaglia d'argento ai campionati africani di para-taekwondo in Egitto, finora il suo migliore risultato.

Per attrezzature e strutture dove allenarsi, la situazione in Afghanistan non sembra migliorare col tempo. I fondi sono minimi, risicati, servono a malapena alla manutenzione degli impianti. Atleti e atlete si arrangiano come possono, senza mollare un colpo: si allenano nei parchi, nei giardini, nei garage, ovunque riescano a trovare lo spazio necessario per praticare la propria disciplina d'elezione. La complessa emergenza sanitaria mondiale peggiora ulteriormente il quadro, la chiusura delle palestre e delle rare piscine è un colpo enorme. Zakia Khudadadi non molla, nonostante il Covid-19 le precluda le qualificazioni regolari alle Paralimpiadi di Tokyo ottiene fortunatamente una wild card all'ultimo, categoria K44 (riservata agli atleti con amputazioni o perdite di funzionalità alle braccia, o mancanza delle dita dei piedi che impediscono di sollevare il tallone): "Ero emozionatissima dopo la notizia della wild card per gareggiare ai Giochi. È la prima volta che un'atleta donna rappresenterà l'Afghanistan, sono molto felice". Questo è il suo successo, fortemente simbolico, una sorta di riscatto umano per il paese e per se stessa. Ha a disposizione appena due mesi per allenarsi a dovere, si mette d'impegno col sogno di Tokyo, sa di poter rappresentare la nuova generazione di atlete, le donne, e le persone con disabilità dell'Afghanistan. Ci tiene a sfilare sotto la bandiera del suo paese. "Stavamo facendo la storia, Zakia poteva essere un modello per le donne del suo paese" ha dichiarato al Guardian Arian Sadiqi. Per ora, la storia felice ha sospeso la rotta.