Il 1 settembre è entrata in vigore in Texas la legge che vieta l'aborto oltre il mese e mezzo di gravidanza annunciata da tempo, e nessuno per ora, nemmeno la Corte Suprema, riesce a trovare la formula per contestarla come violazione di un diritto costituzionale. Questo perché la legge texana non vieta esplicitamente l'intervento, lo rende quasi impossibile. Sei settimane sono infatti la scadenza media in cui una donna si accorge di essere incinta, la somma fra l'attesa di almeno 15 giorni dal primo ritardo e la data dall'ultimo ciclo, un mese prima: apprendere la gravidanza quando già si è fuori tempo massimo per interromperla è di fatto un divieto. Il disegno di legge è stato approvato così proprio perché negli altri stati in cui si è cercato di introdurre il divieto totale è poi stato annullato dalla Corte Suprema. Arizona, Ohio, Arkansas, Alabama e Oklahoma sono alcuni degli altri stati americani in cui si cerca da tempo di rendere difficili le interruzioni di gravidanza aggirando la Costituzione con degli stratagemmi: in alcuni si è ottenuto di non includere l'intervento nelle assicurazioni mediche obbligando la donna a sostenere la spesa, o è stato introdotto il divieto nei casi di diagnosi prenatale della sindrome di Down. Ma il caso del Texas, che nelle prime proteste è già stato ribattezzato "Gilead" come la nazione immaginari in cui si svolge la saga di The Handmaid's Tale di Margaret Atwood, è molto più ingegnoso e rende difficile trovare il modo per delegittimare il provvedimento. "I talebani adorerebbero la legge sull'aborto del Texas", ha twittato per primo Stephen King ispirando l'hashtag #TexasTaliban. L'opinione pubblica negli Usa è infatti concentrata sul recente attentato a Kabul in cui, fra le 60 vittime, ce ne sono 13 statunitensi e la questione aborto fatica a trovare spazio nel dibattito. Da sempre sensibile alle women's issues tanto da avergli dedicato la raccolta di racconti Notte buia, niente stelle, Stephen King ha cercato di riportare l'attenzione sulle violazioni dei diritti delle donne negli Usa con una provocazione, ma in realtà anche la sharia islamica è più permissiva su questo argomento.

Nel Corano non ci sono indicazioni sull'aborto volontario, per cui i governi dei paesi a prevalenza musulmana in genere agiscono a loro discrezione. Ma dato che per l'Islam il feto viene considerato un essere vivente solo dopo 120 giorni di gestazione, nessuna legge a riguardo è peggiore di quella texana. Secondo il legislatore texano, la scelta delle sei settimane coincide invece con la comparsa del battito cardiaco nell'embrione, e il New York Times ha così dovuto interpellare la dottoressa Jennifer Villavicencio dell'American College of Obstetricians and Gynecologists, attivista per le pari opportunità, per farle spiegare che le pulsazioni rilevate in quello stadio non sono battiti del cuore, bensì attività elettrica presente anche negli embrioni che non si trasformeranno in feti, e che non si può parlare di "battito" fino a quando non si formano le valvole cardiache, molto dopo il mese e mezzo di gravidanza. La parte della legge che lascia più perplessi, come fa notare anche The Cut, è quella che introduce l'autorizzazione per i privati cittadini di citare in giudizio chiunque ritengano stia fornendo o aiutando le persone ad accedere a un'interruzione di gravidanza, un invito alla delazione che mette l'aborto sullo stesso livello dell'omicidio. The Cut ha intervistato Shae Ward, la direttrice della infoline di Lilith Fund for Reproductive Equity, la più antica organizzazione texana in difesa dell'aborto, che ha illustrato l'impatto che la nuova legge sta già avendo sulle texane in attesa di un aborto, nelle poche ore dall'entrata in vigore. La linea, che offre un servizio di assistenza a chi ha intenzione di interrompere la gravidanza, riceve in genere fra le 50 e 60 chiamate al giorno mentre il 1 settembre ne ha ricevute solo dieci, tutte di donne che avevano un appuntamento già fissato fuori dallo stato. La confusione e la paura di commettere qualcosa di perseguibile ha paralizzato la macchina. "C'erano già molte barriere contro l'aborto", ha raccontato Ward, "ma questa legge devasta qualsiasi accesso e le infrastrutture per supportare le donne che abortiscono". Per adesso, fino a quando la Corte Suprema non troverà un modo per contestare e abrogare il provvedimento texano, le donne di quello Stato dovranno ricorrere ai test di gravidanza molto precoci al primo accenno di ritardo, sperando di non rientrare nella minoranza di gestanti che continuano ad avere il ciclo anche quando sono in attesa, e che non si torni, nel XXI secolo, alle pratiche barbariche degli aborti fatti in casa.