Riassumendo, fiumi di lacrime. Questa Venezia 78 è una Mostra con molti bei film, alcuni anche bellissimi e, se siete un po’ emotivi, vi verrà da piangere spesso. Record di pianti con È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, frontrunner per il Leone d’oro e probabilmente anche per altri premi internazionali (finita la presentazione a Venezia, regista e cast sono scappati al festival di Telluride dove sono stati accolti trionfalmente). È comunque la vera Venezia della rinascita, del ritrovarsi davvero, finalmente vaccinati e non più titubanti come per l’edizione scorsa che, per quanto eroicamente organizzata, era ancora troppo condizionata dalla pandemia. Anche quest’anno le sale sono capienti a metà, al Lido c’è un servizio di tamponi rapidi e le mascherine sono sempre di rigore durante le proiezioni e in tutti i luoghi chiusi. Però la sensazione che quello che si faceva “prima” si possa fare ancora c’è, ed è fortissima. Quindi, non è solo per la riuscita dei film che si piange, emozionati. Ho visto in lacrime anche Paul Schrader, 75, uomo dalla scorza dura, è lo sceneggiatore di Taxi Driver, fate voi. Alla fine della proiezione del film che ha scritto e diretto, Il collezionista di carte (già in sala, correte, merita), sommerso dagli applausi della Sala Grande, aveva gli occhi lucidi e se li è asciugati con il dorso della mano, quasi incredulo. Si è accorto delle lacrime, subito, il protagonista del film Oscar Isaac e gli ha messo un braccio sulle spalle. Un gesto affettuoso e complice da parte dell’attore re della Mostra di quest’anno. Sì, perché Isaac (serio candidato alla Coppa Volpi per il film di Schrader) è arrivato anche con Dune e con Scene da un matrimonio. È l’attore del momento, come si dice. Ma non è spuntato dal nulla. Anzi, dieci anni fa era a Venezia, fu la sua prima e fino a quest’anno unica volta: aveva un piccolo ruolo nel film diretto da Madonna W.E., quello su Wallis Simpson. Ai tempi, aveva l’aria smarrita, adesso non più e, come dargli torto: è all’apice. All’apice anche Kristen Stewart che, liberatasi da tempo dalla saga Twilight, ha iniziato un percorso nel cinema d’autore (Woody Allen, Olivier Assayas) che comincia a dare i suoi frutti. In Spencer del regista cileno Pablo Larraín, interpreta una Lady Diana ai bordi della follia e porta a casa con classe un personaggio pieni di rischi. Anche Penélope Cruz si sta dimostrando di gran bravura. È stata a Venezia con due film: uno, Madres Parallelas di Pedro Almodóvar in cui continua la collaborazione con l’amico/regista/genio. L’altro, Competencia oficial dove è veramente scatenata in una parodia spassosissima: fa ridere nel ruolo della regista intellettuale e sadica, tirando fuori una personalità che le aggiunge fascino. Chissà che non arrivi una Coppa Volpi anche per lei, che ha appena compiuto 47 anni, di cui 30 di cinema, quasi sempre di ottima qualità. Intanto una nuova generazione avanza: Zendaya sinuosa come una duna ha stregato tutti, Timothée Chalamet ha fatto rivivere un po’ di isteria adolescenziale. Ma attenzione, Tim, c’è in giro anche Benjamin Voisin, francese, 24 anni, protagonista di Illusioni perdute, bello il film e bello lui. Ne risentiremo parlare.