Si stenta a crederlo ma a Grasse, famosa per i fiori e profumi fin dal Medioevo, la tuberosa era ormai dimenticata. In effetti non è un fiore generoso come la rosa e soprattutto il suo percepito è così singolare che porta subito un eterno desiderio o un allontanamento immediato da questo fragile bulbo. Succede però che al domaine de Manon, sempre a Grasse, nel Sud della Francia, la floricoltrice Carole Biancalana si sia appassionata al progetto di riscoperta e in sette anni è riuscita a moltiplicare così tanti bulbi da riempire diversi campi prima destinati ad altri usi. E ogni inverno ne ha anche estratti quintali dal terreno per metterli al caldo aspettando il giorno in cui potranno rivedere il sole.

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Alessandro Argentieri
Il dettaglio di un campo di tuberose di Grasse

Un progetto totalmente bio, certificato e senza affanni. «Non mettiamo mai dei concimi chimici o diserbanti. Basta piantare vicino alle righe di erba, altri fiori così le specie di insetti si nutrono e non rovinano i boccioli delicati della tuberosa. Che si raccolgono sempre al tramonto, quando il fiore è nel massimo della sua espressione olfattiva, che manterrà anche per quelle poche ore in frigo visto che al mattino presto saranno consegnate a Robertet, storica azienda estrattice di essenze.

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Alessandro Argentieri
Carole Biancalana con un cesto di tuberose appena raccolte

Qui, per estrarre l'essenza della tuberosa francese, non si usano solventi ma la tecnica dell'enfleurage ovvero si dispongono i fiori su piccole tavolette di legno in modo che il vero e naturale profumo esali su un particolare strato superiore di burro vegetale dalla formula segretissima. Da questo procedimento nel giro di qualche giorno si ottiene il famoso assoluto: un chilo di questa purezza così naturale costa più di 300mila euro.

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Alessandro Argentieri
Un momento dell’enfleurage, una tecnica francese bio per far esalare il naturale profumo delle tuberose

Ed è così che si spiega la preziosità di J'Adore Infinissime. Ce lo dice François Demachy, parfumeur e createur per Dior. A cui abbiamo fatto anche altre domande direttamente a Grasse, visto che ha utilizzato la tuberosa per questa nuova eau de parfum.

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Alessandro Argentieri
François Demachy con alcune studentesse della scuola di profumeria durante la raccolta della tuberosa a Grasse


Lo confessi: ha scelto la tuberosa francese per motivi patriottici...
«No, no... so bene come è quella indiana che è come lattata o quella messicana più dolce e anche intensa volendo. Questa invece è come una freccia, quando arriva non passa inosservata. Può anche non piacere ma abbiamo cercata in maniera da illuminare ancora di più l'eau de parfum J'Adore Infinissime».

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Alessandro Argentieri
Gli alti steli delle tuberose prima del raccolto a Grasse

Gli antichi lo usavano per sedurre. Lei ha mai usato la tuberosa per qualche suo amore?
«Personalmente preferisco la colonia Royale, ovvero di agrumi, tanto simile a quella del Re Sole, che non aveva conservanti. La si indossa, resiste per qualche minuto e poi scompare. L'esatto contrario di J'Adore Infinissime, che persiste pur con molta delicatezza. E per rispondere alla sua domanda direi piuttosto che sono stato io a essere sedotto dal profumo di certe donne».

L'eau de parfum rappresenta una profumazione più intensa. L'ha voluta perché oggi portiamo tutti le mascherine?
«Profumarsi rimane una questione personale, di intimità. E se lo dovessi sentire molto con una o due mascherine addosso, vorrebbe dire che chi lo indossa forse ha esagerato con lo spray. Io spero che grazie al gelsomino sambac e all'ylang-ylang, J'Adore Infinissime sia diventato eclatante ma non aggressivo. Spero di avere creato una buona ricetta perché la profumeria è come la cucina: mai esagerare».

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Alessandro Argentieri
L’ultima creazione Dior di François Demachy: J’Adore Infinissime

Il profumo che preferisce in casa?
«Quello delle salse: dal sugo a certi passati o vellutate».

Quando cammina per i campi fioriti però sarà il momento più felice...
«Sono sempre sorpreso perché una tuberosa ma anche un limone o un bergamotto cambiano impercettibilmente ogni stagione. E questo mi porta sempre a dei nuovi collegamenti e pensieri. All'inizio non sempre mi convince una nota, poi vado nel mio studio a Les Fontaines Parfumées e cerco di replicare, migliorare, cambiare quell'idea e quel sentore. Non proprio un attimo ma ormai so decodificare un'emozione».

Il profumo Dior da riscoprire?
«Diorama. Lo senti e sembra semplice ma dentro ci sono più di cento incredibili note olfattive».

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Alessandro Argentieri
Les Fontaines Parfumées, il laboratorio di François Demachy a Grasse