«L’igiene intima non ha bisogno di una pulizia ossessiva. La vagina ha la capacità di auto-pulirsi», chiosa su Well & Good Barbara DePree, medico specializzato in ostetricia e ginecologia. Questa dichiarazione potrebbe facilmente innescare un ginepraio, oppure porre l’attenzione su un tema sconosciuto ai più: quante volte, come e con quali prodotti bisognerebbe lavare le parti intime? Per evitare il misunderstanding più rischioso della storia, meglio partire con ordine. Da quando il douching, letteralmente: lavanda vaginale a base di acqua o di acqua miscelata con altri fluidi (come aceto o bicarbonato di sodio), cadde in disgrazia negli anni Novanta in seguito agli esiti di una ricerca pubblicata da womenshealth.gov che dimostrò quanto la pratica intima fosse rischiosa anziché salvifica poiché causava infezioni e irritazioni, i medici hanno consigliato alle donne di adottare un approccio libero alla cura delle parti intime.

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Allora come si spiega il fenomeno del sapone intimo luxury da 36 dollari al flacone di Lo Bosworth, così popolare in America da andare esaurito a poche ore dalla messa in vendita? E con il bagno di vapore vaginale super sponsorizzato da Gwyneth Paltrow, come la mettiamo? «Ribadisco, l’igiene intima non richiede una cura così profonda», continua DePree, «basta il semplice lavaggio quotidiano con saponi delicati classici utilizzati sotto la doccia. La zona intima del corpo della donna è paradossalmente quella che richiede una “manutenzione” minima». Eppure. Eppure è difficile credere che i prodotti di pulizia intima e i trattamenti così positivamente recensiti siano, in realtà, superflui. O comunque, borderline. La cura della zona intima femminile è basica, quindi non ho bisogno di un detergente specifico? «Sicuramente è importante fare attenzione al ph acido del prodotto, la pelle della vagina è delicata e ha bisogno di essere detersa con saponi non troppo aggressivi», rassicura la dottoressa DePree, «può suonare strano la l’ambiente acido della vagina deve preservarsi tale perché tiene alla larga i batteri». Insomma, se non si hanno irritazioni o infezioni in corso, la cara vecchia saponetta basta e avanza.

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Il bagno di vapore vaginale è un’altra storia ancora. Sempre su W&G si legge di quanto sia una pratica largamente supportata perché (pare) tenga alla larga il possibile insorgere di infezioni, riduca i dolori mestruali e la secchezza. La dottoressa DePree però non fa mistero del suo scetticismo a riguardo: «Non c’è nessun riscontro scientifico che certifichi i reali benefici di questo trattamento. La sua efficacia non ha prove e poi il rischio di ustione esponendo una parte del corpo così delicata a un calore simile, è altissimo». Ma una controparte formata da Jill Blakeway, medico specializzato in agopuntura, ribatte: «il bagno di vapore vaginale è una pratica cinese che si pratica da centinaia di anni. È una terapia efficace e delicatissima, i professionisti che la mettono in pratica prestano massima attenzione alla temperatura dell’acqua ed abbattono al minimo il rischio di incidenti che possano lesionare la pelle». In conclusione, l’igiene personale resta personale, ma nessuno vieta di sperimentare cibi diversi in grado di alterare, diminuire o addirittura modificare l’odore delle parti intime.