«Non mi pento di tutti i miei tatuaggi: forse un po' della mongolfiera abbozzata sul seno destro, molto di più del simbolo satanico sul collo…anche il cuore dietro all’orecchio mi ha stancato. Okay: nessuno dei miei tatuaggi, oggi mi convince davvero. Ma sono talmente abituata a tutti questi tatuaggi che l’idea di rimuoverli non è impellente» a raccontarlo è la giornalista di Refinery29, Amelia Abraham che sulla scia del pentimento da tatuaggio ha cercato altri partner in crime. Partner che, corpo ricoperto di inchiostro o minuscoli tatuaggi che ricordano un amore, oggi con Amelia condividono l’idea di aver esagerato. Ma come convincersi a rimuovere un tatuaggio appena fatto? Quando i tatuaggi femminili si rivelano tatuaggi senza alcun futuro?

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Certo attualmente c’è un’altra esagerazione sui tatuaggi: i vari reality sul cover up (coprire i tatuaggi che non si amano più con altre creazioni, soluzione più soft alla dolorosissima rimozione dei tatuaggi) e per questo la fotografa Matilda Hill-Jenkins ha ritratto e raccolto le storie di chi avrebbe volentieri evitato un tatuaggio…ma solo molti anni dopo averlo fatto (e Amelia Abraham le ha riportate, insieme alla sua esperienza, su Refinery29) per evitare che il rimorso per un tatuaggio passasse come pentimento di “stile”. Ecco cinque storie di pentite del tatuaggio (ma neanche troppo).

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La versione di Billie. «L’ho fatto io con ago e inchiostro!» esclama Billie, boccoli d’oro e ombretto pesante «era una vita che desideravo un tatuaggio: ne ero ossessionata, ma allo stesso tempo non volevo che fosse in una parte visibile del corpo, anche per evitare che i miei genitori potessero vederlo. Alla fine ho optato per una ciliegina: il simbolo di un desiderio che ne crea altri…E l’ho fatto sulla caviglia. Il soggetto è bello, mi piace, ma il risultato sarebbe stato decisamente migliore se fatto da chi sa tatuare quei soggetti old-school».

La versione di Hannah. «Avevo 18 anni quando mi sono fatta tatuare la seconda delle scritte che ho: ho scelto l’avambraccio ed è una frase di Lady Macbeth “Ci sono pugnali nei sorrisi degli uomini”. Mi ero innamorata del Macbeth a scuola. Ma proprio: innamorata follemente. Questo tatuaggio significava anche la fine dei miei studi, e con essi di una parte della mia vita. Però con gli anni, piano piano, ho pensato di coprirlo» nel mentre Hannah ha sommato parecchi altri tatuaggi, matriosche, lune, mandala «il mio tatuatore di fiducia mi ha consigliato un cover up ma ci ho pensato a lungo e, anche se non è tra i miei tatuaggi preferiti, rimane uno dei più significativi. Guardarlo mi ricorda quanto sono cresciuta da quando ho scelto quel tatuaggio a ora».

La versione di Nubya. «I miei genitori hanno scelto di darmi un nome egiziano: all’inizio mi sembrava normale chiamarmi così poi, crescendo, mi sono lasciata affascinare sempre di più dal mondo egizio, dalle antiche scritture geroglifiche tanto da decidere di scrivere il mio nome completo, con appositi geroglifici, lungo la spina dorsale: Nubya Nyasia Emmelda Garcia. E per sceglierlo ci ho messo quasi 6 mesi. Dopo anni posso dire che lo amo ancora, che mi rappresenta e ne sono sicura: non troverò mai qualcuno nel mondo con lo stesso tatuaggio».

La versione di Natalia. «Desideravo tatuarmi un uccellino da quando ero 18enne, mi sembrava il simbolo più potente e romantico di libertà, di rottura delle catene con la famiglia e tutte quelle ribellioni adolescenziali. L’ho fatto sulla caviglia, piccolo, senza colori, in uno studio becero in Argentina, forse ero anche un filo ubriaca e la cosa che non mi rende affatto orgogliosa. Quando lo vide la mia compagna di ostello mi chiese “ehi perché hai un gambero tatuato sulla caviglia?" Oggi, dopo 10 anni quel tatuaggio ha perso di significato»

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courtesy photo Getty Images (le persone ritratte nelle foto non sono le protagoniste delle testimonianze)