Per quanto siano difficili da leggere, le etichette dei cosmetici ci "parlano" e sarebbe una buona abitudine imparare di più sugli ingredienti contenuti nei prodotti di bellezza che acquistiamo. Spesso, però, le indicazioni sono poco chiare per chi non ha una preparazione specifica e, a volte, persino fuorvianti. L'Inci (International Nomenclature of Cosmetic Ingredients) è l'indicatore più importante di un cosmetico, ovvero è la lista obbligatoria dei suoi ingredienti indicata sulla confezione. Ci aiuta a capirne di più Umberto Borellini, cosmetologo, autore di manuali di cosmetologia e di libri divulgativi come Tu chiamale se vuoi emulsioni (con un capitolo dedicato solo alla cosmesi antiage) e La divina cosmesi. A lui abbiamo chiesto qualche delucidazione per imparare a leggere l'Inci e, in generale, le etichette dei prodotti cosmetici.

Come si legge l'Inci dei cosmetici?
È l'unico strumento che il consumatore ha a disposizione per tentare di capire gli ingredienti. Sono obbligatoriamente scritti in ordine decrescente di quantità. Le sostanze artificiali sono indicate in inglese, quelle naturali con il loro nome latino. Questo è ovviamente uno scoglio perché bisogna sapere che Centaurea cyanus è il fiordaliso o persea l’avocado. Oppure sapere che Tocopherol indica la vitamina E. Non ci sono le percentuali degli ingredienti, per cui è come leggere una ricetta senza le quantità. Per esempio, la vitamina C è un ottimo antiossidante ma solo se presente almeno al 10%. Quindi mancano delle informazioni importanti. Rispetto agli anni 80 dove non c'era l'obbligo di scrivere niente, l'Inci è comunque un passo avanti.

Quindi è utile guardare a che punto della lista si trova l'ingrediente che dovrebbe essere alla base del prodotto? Per capire, per esempio, se una crema alla camomilla contiene tanto o poco estratto di camomilla.
Solo in parte. Bisogna sapere il nome preciso di quella pianta in latino. Una volta trovato il nome, possiamo verificare innanzitutto se c'è nella lista: a volte potremmo non trovare nemmeno l'ingrediente dichiarato nel nome del prodotto, perché magari si usa la profumazione sintetica. In teoria più in alto lo si trova, più alta dovrebbe essere la quantità. Ma per legge una volta raggiunto raggiunto l'1% di quantità, il produttore può indicare gli ingredienti in ordine sparso. Per cui potrei fare un tonico con acqua e glicerina al 99% e poi mettere: 0,01% di camomilla, 0,01% di lavanda... Tecnicamente la camomilla appare in terza posizione ma è quasi inesistente nella formula. Vederlo scritto è comunque un buon indicatore. Non dimentichiamo, poi, che l'acqua è spesso in prima posizione in tonici, creme, emulsioni, ma appunto non si sa la percentuale.

Ci sono marchi che forniscono le percentuali?
Pochi ma alcuni lo fanno, magari per evidenziare una formula con un ingrediente in quantità significativa. Non nell'Inci, però. Eventualmente li trovate nel commento, nel foglietto interno, sul sito del marchio.

Come leggere quindi le diciture sulla confezione simili a "con il 90% di ingredienti di origine naturale"?
Dobbiamo sempre partire dal presupposto dell'acqua, che può arrivare a percentuali anche alte nella formula. La dicitura "ingredienti di origine naturale" indica gli estratti vegetali, ma anche ingredienti di sintesi ricavati da una base come l'olio di cocco. Palma e cocco sono alla radice di molti tensioattivi ed eccipienti vari, che quindi possono essere definiti di origine naturale. Una base vegetale di fatto c'è. Poi ovviamente esistono prodotti anche al 100% naturali, oli puri vegetali, ma sono prodotti più di nicchia o professionali.

Con i prodotti particolarmente puri bisogna fare più attenzione alle allergie?
Relativamente. Diciamo che, in generale, i prodotti con Inci molto lunghi, anche fino a 45 ingredienti, hanno più probabilità di avere all'interno qualcosa che può darci fastidio. Ovviamente si può essere allergici sia a ingredienti di sintesi che naturali. Tendenzialmente è difficile scoprire un'allergia con un cosmetico, perché di solito lo sappiamo prima, ma può capitare. Una persona allergica ai legumi può avere una reazione a un ingrediente cosmetico estratto dal pisello, perché i recettori allergenici sono presenti sull'epidermide. Il medico dermatologo o l'allergologo vengono in aiuto in questo senso.

Cosa significa che un cosmetico è testato per il nichel?
Il nichel nei cosmetici è vietato, ma può essere rilasciato per esempio dalla strumentazione con cui vengono preparati. Alcune ditte usano macchinari in metallo, ma non leghe metalliche che possono rilasciare nichel. Esistono quindi dei test che vanno a cercarne le tracce. Se sono fatti bene e sono seri, queste sono sicuramente le formule più indicate per chi ha tale allergia.

Cosa significa invece la dicitura "dispositivo medico"?
È una categoria a parte, non un cosmetico: si seguono altre regole, bisogna produrre un dossier, una bibliografia. Ci sono varie categorie numerate, classe 1,2,3… Per ogni categoria bisogna seguire diverse regole. Non è una medicina e non serve la prescrizione medica.

Come orientarsi tra le varie certificazioni e diciture del mondo green? Ne esistono molte, come Vegan, Cruelty Free, Ecocert, Icea, Natrue, il coniglietto che salta...
Sono bollini rilasciati da enti privati che forniscono queste certificazioni. Ognuno deve capire, in base ai propri valori, quali certificazioni sono importanti sul cosmetico che vuole acquistare. La frase "non testato sugli animali" è però una dicitura disonesta, perché in Europa è vietato da diversi anni testare sugli animali, sia i singoli ingredienti che la formula finale. Ogni persona ha dei valori diversi, se non vuoi cosmetici con ingredienti derivati da animali bisogna guardare le certificazioni del mondo "vegan". Ciò non toglie che alcuni prodotti senza bollino vegan possono comunque non contenere ingredienti derivati da animali.

Ogni certificazione segue regole diverse?
Sì. Nel mondo delle certificazioni vegan c'è chi controlla solo la formula per rilasciare il bollino o altri enti che danno l'ok se in tutto il laboratorio di produzione non c'è stoccato nemmeno un grammo di cera d'api o altri ingredienti di origine animale. Se siamo particolarmente rigidi dobbiamo verificare quale certificazione usa regole che troviamo più giuste per noi. Così come nel mondo delle certificazioni bio, bisogna verificare quali sono le più adatte alle nostre esigenze. È innegabile che chi utilizza la particella "bio" nel nome del prodotto e poi come primo ingrediente dell’Inci mette un derivato del petrolio non sta facendo un gioco pulito con i propri consumatori.

Nelle formule si usano ancora molti ingredienti di origine animale?
Sono pochi rispetto a 20 anni fa. Una volta si trovava il midollo di bue, il collagene bovino oggi è più facile che sia marino. Ma ancora si utilizza la bava di lumaca o l'acido ialuronico può derivare da animali. Da creste di gallo, cordoni ombelicali, bulbi oculari. Alcuni marchi scelgono invece quello di sintesi. Quindi torno a dire che dipende dai valori personali: c’è chi demonizza gli ingredienti di sintesi ma a volte sono stati creati proprio per non utilizzare quelli derivati da animali. Per esempio l'alcol cetilico è stato costruito per imitare una sostanza una volta ricavata dai cetacei. O un derivato del cocco è usato per sostituire la lanolina delle pecore. Personalmente nelle mie formule prediligo ingredienti di origine vegetale o altrimenti ingredienti di sintesi.

Cosa possiamo dire dei petrolati?
Tendenzialmente non piacciono al consumatore di oggi, perché sono derivati dal petrolio e quindi danneggiano l'ambiente. Sulla pelle sono particolarmente occlusivi e non la lasciano traspirare bene. Ma c'è chi potrebbe aver bisogno di creme a base di vaselina perché ha esigenze protettive più alte della media, per esempio un meccanico.

Cosa sono i parabeni?
Sono dei conservanti. Si utilizzano anche nell’alimentare, nei collutori o negli sciroppi per la tosse. Se non ci sono, possono essere sostituiti da altri tipi di conservanti.

Quindi se leggo la dicitura "senza parabeni" devo pormi il dubbio di cosa li ha sostituiti?
Se quell'ingrediente aveva una funzione ed è stato tolto, sarà stato sostituito per forza. Infatti quando i parabeni sono diventati poco amati dai consumatori, i marchi si sono rivolti a un altro conservante (metil cloro isotiazolinone) ovvero un "rilasciante di cloro". Ha avuto successo per qualche anno fino a quando il nuovo regolamento europeo lo ha vietato nelle creme e consentito solo nei prodotti da risciacquo. Qualsiasi prodotto a base di acqua senza conservanti fa la muffa.

Nelle sue formule cosmetiche c'è qualcosa che preferisce non usare?
Non usavo le microplastiche, che finalmente sono state vietate a partire da gennaio 2020. Non uso i filtri solari in formato nano, ma solo quelli che agiscono in superficie. In etichetta sono indicati con il nome del filtro e la dicitura (nano) tra parentesi. Non uso i gas infiammabili per i deodoranti. Preferisco gli oli vegetali a quello di vaselina. Sono tutte mie preferenze personali, nessuno di questi ingredienti è vietato.

Esistono molte app e siti che aiutano a leggere l'Inci (Biotiful, Biodizionario, Greenity, EcoBio Control, Inci Beauty), li trova utili?
Quelli che aiutano a leggere le etichette e mettono i semafori giallo-rosso-verde in realtà li trovo disorientanti per chi non ha una formazione specifica. I siliconi sono malvisti, ma sono derivati dal silicio che non fa male né alla pelle né all’ambiente. I prodotti a base siliconica sono spesso lavorati a freddo e quindi si risparmia energia. Anche a me non piace usarne troppo, ma nella giusta quantità aiuta con la spalmabilità.

C'è ancora un cambiamento che vorrebbe vedere nelle etichette dei cosmetici e nell'Inci?
Vorrei una vera rivoluzione della trasparenza e che quindi siano indicate le quantità o le percentuali degli ingredienti. Se posso sapere quanto cashmere e quanto acrilico c'è nel maglione che acquisto, non vedo perché non dovremmo fare lo stesso ragionamento per i cosmetici.