La chiamiamo insicurezza. Che poi sarebbe paura degli altri, una delle tante che ci fa vivere male anche se bleffiamo con finte arroganze e snobismi di sorta. Keisuze Matsumoto dedica al tema Manuale di un monaco buddhista per sconfiggere la paura degli altri (Vallardi ed, 12,50 euro). Matsumoto è una celebrità ormai nel mondo, un ponte tra la filosofia giapponese e l'Occidente. Filosofo, Mba alla Indian School of Business, è bonzo del tempio Komyoji a Tokyo. Aveva compiuto da poco 30 anni quando ha introdotto la mentalità imprenditoriale nell'universo buddhista, oggi ha una pagina Facebook frequentatissima, come del resto il blog del tempio (che cura lui stesso). Serve difendersi dalle paure degli altri, ci ammonisce: l'approccio buddhista consiste però nel comprendere interamente il malessere che c'è alla base. Ecco cinque tecniche (buddhiste) anti-inquinamento dell'anima.

1. Attenti alle parole. Soffriamo perché le cose non vanno come desideriamo, prima di tutto. Soffriamo perché non siamo onesti, poi: dei 10 tipici comportamenti dis-onesti, 4 riguardano l'uso della parola. Teniamoci alla larga da menzogna, ipocrisia, calunnia e adulazione: la non verità fa ammalare soprattutto chi la concepisce.

2. Attenti ai buoni. Ovvero a quelli che non conoscono le proprie potenzialità malvagie e si definiscono tali. Sono solo ignoranti, altro che buoni. Se non si va in ospedale a fare un esame non possiamo pensare di essere coraggiosi nell'affrontare una malattia. Se non si è onesti con se stessi è inutile pensare di essere buoni ma ingiustamente condannati alla sofferenza: l'autostima di questi "buoni" sarà fragile.

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3. Attenti agli "accertamenti". Ovvero, attenti al bisogno di accertarsi che noi siamo superiori agli altri. «Io sono il migliore in ufficio e perché il capo chiama lui per la promozione?». Parliamo di questo insomma, del paragonarsi sempre con tutti. E se invece ci paragonassimo alla persona che eravamo in passato? È questa l'unica vera fonte di autostima, gli altri tipi di insoddisfazione sono umani: dunque gestibili.

4. Attenti a lei, l'ansia. L'ansia non ti fa trovare un luogo (fatto anche di persone) che ti faccia sentire a casa. L'ansia ti isola, mai e poi lascerai che gli altri possano aiutarti. L'ansia ti fa cercare relazioni che hanno un vantaggio immediato (ma sono le più fredde). L'ansia ci allontana dall'idea che la vera gratitudine dovrebbe avere queste parole: «grazie per il fatto di esserci». O al massimo: «grazie perché è merito tuo».

5. Attenti agli elogi. Se non sappiamo gestirli, soprattutto. Se un successo inatteso ci colloca su una vetta dove abbiamo paura di precipitare, qualcosa è sfuggito. Cioè la sensazione è che avete paura di deludere le aspettative nel confermare ancora il successo? Lavorate sull'autostima, su quel malessere che chiamate insicurezza e quando vorrete ripartire tenete bene in mente questo: se al centro di tutto metterete gli altri (e non voi stessi), il resto verrà da sé. L'egocentrismo causa insicurezza e poi, se può tornarvi utile: il 40% della nostra felicità dipende da voi.