Con le campagne di vaccinazione in corso in molti paesi del mondo - ma con un grande squilibrio fra nazioni ricche e territori in via di sviluppo - negli ultimi giorni ha fatto molto discutere la presa di posizione del presidente statunitense Joe Biden. L’ex vicepresidente di Obama ha spiegato di essere a favore della sospensione dei brevetti per i vaccini contro Sars-CoV-2, così da consentirne la produzione libera anche da parte di altre aziende, oltre a quelle che li hanno sviluppati e detengono i diritti di sfruttamento della proprietà intellettuale (o a quelle con cui, vedi il caso del patto fra Johnson & Johnson e Merck, abbiamo sottoscritto degli accordi specifici). La rappresentante al Commercio degli Usa, Katherine Tai, ha comunicato questa posizione ufficiale al Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio: “Tempi straordinari richiedono misure straordinarie” ha spiegato, invitando l’organismo presieduto da Ngozi Okonjo-Iweala a iniziare subito le trattative.

Il tema era sul tavolo da molto tempo e mescola i campi, che si contrappongono dividendo la politica, gli economisti, le associazioni e le organizzazioni sanitarie senza scopo di lucro. Tanto che raccontarla come la sfida fra la politica internazionale e Big Pharma non dà un’idea corretta della complessità del nodo da sciogliere. Basti sapere che la cancelliera Angela Merkel sembra contraria alla sospensione. Intanto di certo non stanno mancando gli inevitabili contraccolpi di Borsa (circa 20 miliardi bruciati dalle aziende farmaceutiche in un giorno dopo le dichiarazioni di Biden).

In sostanza da una parte c’è chi, come il governo italiano, quello francese e l’Organizzazione mondiale della sanità, sostiene che sospendendo temporaneamente i brevetti la produzione verrebbe notevolmente accelerata. Dall’altra chi invece mette in guardia dalla “deregulation” sia per un discorso di qualità e standard produttivi (senza dover sottoscrivere un accordo di licenza e avendo accesso a ogni informazione tecnica, chiunque potrebbe improvvisarsi produttore di vaccino), di spinta alla ricerca privata e di libero accesso ai paesi con cui, a livello geopolitico, c’è una profonda contrapposizione, Cina e Russia su tutti.

“Il fattore limitante per quanto riguarda la realizzazione dei sieri sono le capacità produttive e gli alti standard qualitativi richiesti, non i brevetti” ha per esempio spiegato una portavoce del governo tedesco da Berlino. “La protezione della proprietà intellettuale è fonte di innovazione e dovrà rimanerlo anche in futuro”. Sul fronte di chi è a favore, invece, una delle posizioni più chiare è proprio quella di Mario Draghi, secondo il quale “i vaccini sono un bene comune globale. È prioritario aumentare la loro produzione, garantendone la sicurezza, e abbattere gli ostacoli che limitano le campagne vaccinali”. Fin dallo scorso ottobre spingono in questa direzione Sudafrica e India, che guidano un gruppo di una sessantina di paesi che da tempo chiede una revisione delle regole sui brevetti in seno al Wto. E alla fine anche la Commissione Europea si è allineata, dicendosi pronta “a sostenere la sospensione dei brevetti vaccinali”.

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Bill Pugliano//Getty Images

Anche sulla questione della ricerca, i percorsi si dividono. Alcuni esperti segnalano infatti che sospendere i brevetti sarebbe un freno all’innovazione, perché sono proprio i guadagni ricavati per un certo numero di anni dai brevetti la ragione che spinge e finanzia la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci e prodotti con test clinici pionieristici e dunque molto rischiosi. Altri spiegano tuttavia che in nel caso dei prodotti anti-Covid quelle stesse aziende – si pensi al caso Biontech col governo federale tedesco - hanno comunque ricevuto ingenti finanziamenti pubblici che hanno consentito loro di limitare in parte quel rischio d’impresa. Anche se spesso soprattutto nell’ultima parte dello sviluppo del vaccino ma comunque in modo essenziale. Il punto è che il fabbisogno mondiale è enorme, si aggira secondo le stime del Cild sui 15 miliardi di dosi: una soglia irraggiungibile in tempi utili a contenere in tutto il mondo la pandemia scongiurando la libera circolazione del virus e l’emersione di varianti magari più problematiche. A meno che non si moltiplichino i siti produttivi.

Un problema di uguaglianza globale ma anche di interdipendenza fra i paesi che secondo molti si potrebbe risolvere sospendendo temporaneamente alcune sezioni del cosiddetto Trips, l’Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale promosso dall’Organizzazione mondiale del commercio, in particolare le sezioni 1, 4, 5, e 7 della seconda parte. Eppure le aziende farmaceutiche e diversi governi insistono: il problema reale non è rappresentato dai brevetti, anche perché di accordi di licenze gratuite ne sono già stati sottoscritti decine, ma dalla capacità produttiva globale e dalla complessa catena di fornitura e di produzione alla base dei vaccini, specialmente di quelli a mRna come quelli di Pfizer-Biontech e Moderna. Oltre ai brevetti, infatti, un paese deve disporre di impianti industriali di livello con le conoscenze adeguate, macchinari costosi e al momento introvabili sul mercato come i bioreattori e i sistemi di infialamento, materie prime (c’è perfino penuria di vetro per usi medici) e standard di igiene e sicurezza elevatissimi. Basti pensare che il vaccino Comirnaty (quello di Pfizer-Biontech) richiede 280 componenti prodotti da 86 fornitori in 19 paesi.

La posizione dell’amministrazione Biden segna ovviamente un punto molto forte a favore del fronte per la sospensione. Anche se gli esiti della trattativa sono tutto fuorché scontati e anche i tempi per raggiungere un accordo fra i 164 paesi che compongono il Wto – in quella sede occorre il consento unanime - non sembrano brevi. Anzitutto occorrerà capire se davvero togliere la copertura dei brevetti darà impulso alla produzione; servirà comprendere le mosse delle aziende, che in prospettiva potrebbero anche decidere di spostare parte della produzione in quei territori che garantiscono loro protezione intellettuale completa; bisognerà inoltre, specie per le tecnologie a Rna messaggero, realizzare quanta conoscenza scientifica verrebbe condivisa anche in prospettiva di futuri farmaci e terapie ben oltre il Covid-19.

Le aziende farmaceutiche venderanno cara la pelle nel corso del negoziato, come le dichiarazioni bellicose dei loro vertici hanno già lasciato capire (Albert Bourla, ad di Pfizer, si è detto “per niente favorevole” alla proposta), rischiando di rallentare ancora di più la produzione e magari tentando di disinnescarla garantendo forti donazioni ai paesi poveri. Ma per molti la soluzione non è quella.

Marie Claire aderisce alla petizione "STOP alla protezione dei brevetti per i vaccini anti-covid: tuteliamo la salute pubblica" promossa su Change.org dal CILD - Coalizione Italiana Libertà e Diritti civili. Se lo desideri, puoi firmare anche tu a questo link.

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