Dopo secoli di guerra contro l’insonnia, la prossima aspirazione sarà riuscire a dormire di meno. Nella liturgia della non accettazione del corpo, l’obiettivo successivo alla palestra e al botox consiste nell’interferire nelle proprie funzioni vitali, nelle impostazioni di default che derivano dall’evoluzione. È il biohacking, il “sabotaggio” biologico volontario dell’organismo che sta ossessionando i manager americani. Una versione meno sciamanica e più pragmatica delle espansioni di coscienza negli anni 70. Perché la natura è più lenta del progresso umano, lo prova l’affollamento moderno dei denti in mascelle e mandibole che si riducono a ogni generazione per colpa delle posate. Ma non dobbiamo essere più noi ad adattarci all’ambiente, bensì l’ambiente ad adattarsi alla nostra impazienza, al new me, più forte di ciò per cui siamo stati creati. Senso di onnipotenza: altissimo. Questa biologia fai da te si basa, fondamentalmente, sul principio con cui un hacker altera un device attraverso l’intrusione nel suo software, impostando nuovi parametri. Il biohacking si esprime in vari modi, a cominciare dal progetto di introduzione di un microchip sottopelle per monitorare le funzioni dell’organismo. Si declina nella ricerca di formule magiche dagli effetti inediti, come il criticato bibitone di acqua, limone e sale che Jack Dorsey di Twitter butta giù ogni mattina. Nello sperimentare diete che vanno contro il comune buonsenso, considerato cosa da codardi. E punta a renderci macchine sovrumane che non hanno più bisogno di un letto, perché dormire è tempo sottratto all’attività e dobbiamo aspirare a dedicargli al massimo due, tre ore al giorno.

Il concetto non è nuovissimo, ed è già noto con la definizione di Sonno Polifasico. Secondo varie leggende non più verificabili, ma di cui i sono parecchie testimonianze, personaggi geniali come Leonardo da Vinci, Napoleone Bonaparte, Benjamin Franklin e Nikola Tesla lo avevano adottato con successo. Il sonno dei comuni mortali è monofasico perché segue il ciclo circadiano giorno/notte, durante il quale si raggiunge la fase Rem che serve a rigenerare le cellule cerebrali. Quello dei neonati e anche di molti animali, invece, è polifasico. I lattanti si addormentano dopo la poppata e tutti abbiamo visto i gatti sonnecchiare più volte durante la giornata. Secondo la Polyphasic Society, un’organizzazione che al motto Dormirai Quando Sarai Morto promette di cambiare le abitudini del sonno in meglio, questo cambiamento si può realizzare in vari tipi di proposte. Uno prevede un sonno lungo da 90 minuti, integrato da sonnellini da 20 minuti, per arrivare fondamentalmente fino a 7 ore di sonno. Ma quello drastico consiste in soli periodi di 20 minuti che, sommati, danno due o tre ore in tutto. In base a queste cifre, e considerato che in genere la fase Rem si raggiunge 90 minuti dopo essersi addormentati, il problema principale è come ottenerla in tempi molto più brevi, dato che evitarla potrebbe causare, a lungo andare, danni cerebrali. Secondo i profeti di questa disciplina, che ha conquistato la Silicon Valley, è possibile tramite una rieducazione del proprio sonno.


Che la fase Rem si possa anche raggiungere in meno di 90 minuti è vero. Pensiamo a quando ci addormentiamo su un treno in un viaggio che dura molto meno di 90 minuti, e sogniamo. Vero che per alcune persone sia un tipo di riposo ideale, che riescono realmente a caricarli maggiormente di energia, ma anche a vivere attivamente una vita e mezzo, visto che una persona normale ne “spreca” un terzo in stato di incoscienza. Vero, però, che per le persone che non sono dotate naturalmente di questo tipo di ciclo, il sonno polifasico è deleterio. Invece di un futuro dalle prestazioni ad alto profilo che ci si aspetta, una mancanza di sufficienti momenti in fase Rem possono portare depressione e ansia. L’aumento dello stress, e quindi del cortisolo nel sangue induce, inoltre, a mangiare di più, compulsivamente e peggio, con la certezza di andare incontro a sovrappeso, obesità, diabete e colesterolo. E a gravi perdite di memoria, che comprometterebbero drasticamente il rendimento sul lavoro. Forse il sonno polifasico sarà la nostra condizione naturale fra tre o forse quattro, o addirittura dieci generazioni. Per ora, meglio andarci cauti.