La Pantelleria di Fuksas
Il famoso architetto Massimiliano Fuksas e la moglie Doriana hanno ritratto i colori dell'isola di Pantelleria: vibranti ocra, indaco, smeraldo. Tonalità che mutano assecondando la luce e le stagioni, creando un'oasi di libertà e poesia.
Si percorre quasi un chilometro dal cancello, uno zigzagare tra la vegetazione fitta e robusta prima di imbattersi in un gruppo di dammusi incastonati tra le rocce. Sullo sfondo, cielo terso e acque di un blu assoluto (foto di Gianni Basso/ Vega Mg).
A Pantelleria, la proprietà di Massimiliano e Doriana Fuksas è quasi invisibile dal mare e dalla terra; domina un lungo tratto di costa ripida e selvaggia. Di una bellezza scabra imparentata col mito, e la sua semplicità ed energia hanno incantato Doriana Mandelli Fuksas che ne ha tratto un intimo, solitario approdo.
«La storia del mio amore per Pantelleria è strana», confida. «Ormai Africa, non più Sicilia, sono arrivata a questa isola inclemente, per caso. Come è successo a Giorgio Armani, la prima volta non mi era piaciuta: troppo difficile, nessun comfort, sole cocente e vento. La seconda volta ci sono tornata con alcuni amici e, quasi per sfida, ho cominciato a batterla con un fuoristrada per conoscerla e capirla.
Finisco così in questo luogo impervio, prendendolo da sotto, dalla sterrata che asseconda il mare. Tra sassi e cespugli, incontro costruzioni diroccate, tuttavia ne resto affascinata. Credo che in alcuni luoghi ci sia qualcosa che ci chiama... è stato così anche per le nostre case di Roma e Parigi.
Un vero colpo al cuore! Ma a Pantelleria ho fatto quasi tutto da sola: mio marito, troppo preso da altri lavori e abituato a progettare in grande, aeroporti, grattacieli, interi quartieri, non voleva occuparsene. Le mie figlie - la prima anche architetto - non riuscivano a vederci tutta questa meraviglia. Così ho lasciato cadere la cosa. Fino a due anni fa, quando si è aperta una nuova trattativa e mi sono avventurata in questa impresa, devo dire, questa volta con l’approvazione di tutti.
Quando al tramonto i cieli si incendiano e i rossi rimbalzano sulla spiaggia nera di lava, si ha la sensazione che il tempo dilatato domini gli spazi, dosandone colori e atmosfere. Anche gli ambienti interni vibrano della stessa danza della luce. Allora, ci piace indugiare con gli amici, finché le ombre ci avvolgono animando la notte, rotta solo dai bagliori delle candele».
Parla con passione e un commosso compiacimento di questo luogo che ha rieditato con freschezza e contemporaneità. Edifici secolari, forti ed essenziali, i dammusi sono divenuti dopo il suo intervento dimore accoglienti dove, con emozione, l’idea di vacanza prende forma. Per ingentilirne i tratti Doriana ha scelto per loro nomi di piante: Lavanda, Ginestra, Oleandro, Gelso, Melograno, rimarcando il legame con la natura che ha guidato il suo intervento di ristrutturazione.
«Il rapporto con il territorio è stato, per me, l’aspetto più impegnativo», spiega, «che all’inizio avevo in parte sottovalutato. Aprire una strada d’accesso senza violare la texture verde, creare gli allacciamenti e poi ripiantare fichi, mirti, melograni, rosmarino, palme, è stata davvero la fase più complessa e delicata del lavoro. Ho deciso questa operazione di architettura paesaggistica sul luogo, senza un disegno prestabilito. E, seguita in questa fase da una solerte squadra di operai del Vivaio del Faro di Catania, via via ho visto profilarsi un naturale ordine estetico nel quale inserire orci antichi e anfore tunisine.
Abbiamo lavorato a ritmi serrati: a giugno ancora si scavava per l’impianto elettrico e a luglio, come per incanto, tutto aveva preso dimensione e armonia». Quella dimensione che Doriana Fuksas aveva immaginato con visionaria lungimiranza anni addietro. La straordinaria fascinazione del luogo deriva, oltre che dalla felice relazione con una realtà così pregnante, dalla scelta di liberare gli spazi da tramezze e soffitti per ottenere pochi vani, ma ariosi, decorati di volte e cupole di rara suggestione.
Se pietra e calce ritmano la lineare partitura dei volumi esterni, all’interno si è avvolti da sorprendenti cromie. Lucide inebrianti intensità ocra, indaco, smeraldo si alternano a toni ambrati e soffusi ottenuti trattando pavimenti e pareti con impasti pigmentati su latte di calce. Ne sortisce un palpitare di timbri che muta nel giorno con l’intensità di raggi e riflessi. Una magia raddoppiata dal vigore evocativo di pochi pezzi d’arredo provenienti da paesi lontani: Turchia, India, Thailandia, Marocco.
Doriana Fuksas, architetto e storico dell’arte, una rara sensibilità per ogni espressione di cultura, da anni, durante i suoi viaggi, raccoglie mobili, tessuti, tappeti e oggetti: «Li acquisto perché li trovo originali, interessanti, senza sapere dove collocarli», racconta. «Esiste una bellezza intrinseca nelle cose, un fascino che bisogna saper cogliere, senza lasciarsi condizionare dalle mode».
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