La guglia d'acciaio della Torre UniCredit, in Piazza Gae Aulenti, fissa quella Maggiore del Duomo senza alcun antagonismo. È l'esempio più compiuto di quella simmetria edilizia tra preesistente e nuovissimo, che è anche la perfetta metafora di Milano: metropoli di relazioni per antonomasia. Se la Fondazione Prada affaccia sul vecchio Scalo Romana (in corso un megaprogetto di riqualificazione), la sede della Feltrinelli è in armoniosa corrispondenza con i caselli di Porta Nuova, lì dove in un futuro prossimo sorgeranno pure l'ADI Design Museum e il Museo Nazionale della Resistenza.
Gli architetti fautori della rivoluzione urbanistica, da Herzog & de Meuron a Libeskind, fino ai giapponesi Sejima e Nishizawa dello studio Sanaa, compongono un illustre pool cosmopolita mosso da profondo rispetto per i loro predecessori – Ponti, Muzio, Portaluppi – e non hanno tradito il Dna del capoluogo: la composta eleganza borghese, rivitalizzata attraverso i codici della contemporaneità. Dopo anni eccitanti in cui i big planetari sono arrivati a colonizzare edifici scintillanti (Amazon, Google, Microsoft), la postemergenza Covid avvia un'ulteriore fase. La città salotto riparte attingendo dalle proprie energie, ma si muove con passo più felpato. Un ossimoro si fa realtà: intima collettività.
Aggregazione, creatività e buongusto restano le parole chiave, esercitate in una modalità diversa all'insegna di una maggiore lentezza e della fruizione di luoghi preziosi, fuori dagli eventi di massa. Si esplorano raffinati design store allestiti in appartamenti d'epoca – Dimoregallery, per esempio, prima a dettare la tendenza dello showroom/abitazione confidenziale e riservato – o si fa shopping nelle boutique oltre il canonico Quadrilatero della moda. È il caso di Antonioli, padrone di casa che guida gli ospiti tra le collezioni in un'affascinante ex officina ridisegnata da Vincenzo De Cotiis.
All'interno di un cortile segreto anni Trenta, poco oltre la Darsena, si trascorrono ore di appagante edonismo da Roots, spazio multifunzionale in cui si passa dal taglio di capelli ai tattoo e ai massaggi ritempranti. «Avanguardia di stile in un contesto dal sapore rétro», spiega l'hair stylist Giampaolo Gori. La socia Lucille Ninivaggi, tatuatrice con un trascorso da fashion designer, considera il negozio «un contenitore di passioni disparate che coinvolge tutto il quartiere». Il mondo dell'arte percorre una strada parallela all'imponente patrimonio delle istituzioni museali, ovvero «minuscole gallerie, concentrate soprattutto in zona NoLo, talvolta solo atelier personali che accolgono i visitatori», rivela Alice Ronchi, giovane scultrice. Coerentemente, la gastronomia esplora alternative. I ristoranti di altissimo livello snelliscono i menu, potenziando l'inventiva e promuovendo il zero waste, mentre si riscopre il piacere di mangiare all'aperto – tra parchi e dehors – e proliferano i locali easychic. «Tutto è possibile a Milano, capace di recepire con curiosità narrazioni inedite», è il parere di Alessandro Longhin, fondatore di format innovativi quali Botanical Club, Champagne Socialist e, da ultimo, Chihuahua Tacos, mexican bar che punta su tre carte vincenti della food experience e non solo: internazionalità, fantasia, divertimento.