Sopra, Hannes Peer con il Jack Russell Rocky di fronte al murale Envy, di sua creazione. A sinistra, brise-soleil di Jean Prouvé, ideato per una scuola a Béziers, Francia, da Galleria Bellucci, come la luce Taccia. Per l'outfit: camicia e pantaloni Acne Studios; scarpe Loewe.
Luci di Gio Ponti, modernariato brasiliano, tocchi neoclassici e pezzi di sua creazione, tra i quali il divano nel conversation pit e il murale Envy, a metà tra Bauhaus e ironia alla Pedro Almodóvar. L'architetto Hannes Peer ci accoglie nel nuovo atelier milanese, concepito come un appartamento in un'ex tipografia risalente alla metà del Novecento: manifesto filosofico di un creativo che ama «i clash tra memorabilia (perfino con incursioni barocche o neogotiche) in contesti contemporanei. Ovvero, la trasposizione décor di una playlist eclettica, comprendente Beethoven, Kanye West, Led Zeppelin, Beatles e Smashing Pumpkins», spiega. Nato a Bolzano quarantacinque anni fa, forte di studi al Politecnico nel capoluogo lombardo, ora è un immaginifico artefice di interni (residenziali, retail, hôtellerie e uffici), pronti a rivelarsi autentici palinsesti di epoche e mood nutriti da suggestioni colte: «Le idee potentissime di donne geniali, da Gabriella Crespi a Nanda Vigo, lo spirito trasgressivo di Rem Koolhaas, mio maestro; e poi, l'utopia sociale unita alla sperimentazione dei rivoluzionari anni Sessanta e Settanta».
Hannes ha all'attivo arredi per Spotti, limited edition per Nilufar Gallery e una serie di prototipi; inoltre, ha ideato i negozi Iceberg e i flagship store di N°21 a Tokyo e Seul. Attualmente work in progress il restyling di un albergo in Camargue e un ristorante a Miami, nonché un tavolo marmoreo per il brand La Chance. La dimensione internazionale – che si sostanzia nella conoscenza di cinque lingue – affonda le radici nel savoir-faire italiano: artigianalità (è anche ebanista), vocazione bespoke e una passione viscerale per la grande bellezza del nostro Paese: «Luoghi nei quali scopro un caminetto o una boiserie destinati magari a trainare un intero progetto, pensato da me con rigore eppure aperto alla casualità e a illuminanti incidenti di percorso. Adoro l'atmosfera del cantiere; ci dormirei se potessi, in contemplativo ascolto». Oltre alla vista, è il tatto a dimostrarsi cruciale e si esprime nella matericità delle texture, nella densità di una patina, nell'incanto di un'imperfezione sul cotto. «Ho una predilezione per il travertino a poro aperto, perché questa lavorazione esalta l'aspetto naturale della pietra», aggiunge Hannes, al pari amante del seminato veneziano e, in ambito cromatico, del blu cobalto e del rosso presente negli affreschi di Pompei. Dalla moda (il partner è Philippe Rinaudo, una carriera presso Alessandro Dell'Acqua) ha imparato «il coraggio di osare nelle contaminazioni e la rapidità d'inventiva»
Un immaginifico artefice di interni, pronti a rivelarsi autentici palinsesti di epoche e mood nutriti da suggestioni colte
Il futuro post-Covid? «Ricevo un numero esorbitante di richieste per abitazioni. Oggi la casa è il primo desiderio: uno spazio tutto per sé, carico di ricordi e storie personali, pieno di noi. L'antitesi del minimalismo». Una consolatrice Wunderkammer del cuore.