La nostra società santifica il ritmo incalzante, la velocità turbinosa, il feedback immediato. Chi si ferma è perduto, anche a costo di seminare sul suo cammino errori madornali dettati dalla celerità. Ed ecco che rallentare, ponderare, aspettare la maturazione del momento propizio per l'azione si configura quasi come una forma di resistenza passiva o, comunque, una faticosa nuotata controcorrente. La difficoltà deriva anche dal fatto che l'attesa non fa parte della natura umana. Reagire prontamente − scegliendo tra le due opzioni attacco o fuga − rappresentava infatti nella preistoria l'unico modo per mettersi in salvo dai pericoli (animali feroci, calamità naturali, attacchi nemici).

L'economista tedesco Holm Friebe sottolinea invece il valore della strategia rispetto all'urgenza febbrile, quest'ultima generata spesso dal timore di essere battuti sul tempo dall'avversario. E ha elaborato la "strategia del sasso", paragonabile a una sorta di sospensione vigile, ovvero il preludio alla mossa vincente del perfetto giocatore di scacchi. Sarebbe un'ingenuità scambiarla per inerte pigrizia. Definiamola piuttosto, con un ossimoro, uno "stand-by operativo", in cui le capacità percettive risultano acuite e perfettamente in grado, in senso figurato, di sentire l'erba crescere.

Analogamente, non arrovellarsi su un problema − con l'inevitabile corollario di ansia e tormento − ne accelera la soluzione. Ne sono consapevoli gli appassionati di funghi, predisposti a spaziare con lo sguardo invece di setacciare compulsivamente il terreno sotto i loro occhi. Consapevoli che chi sa cercare... viene trovato.