Nella foto in apertura: Mario Merz, Architettura fondata dal tempo - Architettura sfondata dal tempo, 1981, tubolare in ferro, vetri dipinti, morsetti, pietre, acrilico su tela, neon, fascine, 300 x 1400 x 400 cm. Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli-Torino. Donazione Fondazione Marco Rivetti.

C’è stato un momento preciso ad Alba, nel 1956, che ha condensato in un simposio scintille di creatività. Nel settembre di quell’anno, ad autunno imminente, intellettuali di otto diverse nazioni si riunirono per il primo Congresso mondiale degli artisti liberi. Attori in primo piano: Pinot Gallizio, Asger Jorn e Piero Simondo. Al loro invito di riunirsi nella cittadina piemontese, per un evento destinato a lasciare tracce nella storia dell’arte, risposero i rappresentanti dell’Internazionale Letterista francese, gli esponenti dell’ex gruppo CoBrA di Copenaghen, Amsterdam, Bruxelles e del Movimento Arte Nucleare milanese.

L’obiettivo condiviso? Emanciparsi dalla pressione della produzione industriale dell’epoca e avviare una ricerca basata sulla spontaneità, su una nuova innocenza e vitalità creativa. L’idea alla base era contrapporre al funzionalismo di quegli anni l’immaginismo e la fantasia, una nuova relazione tra arte e tecnologia, una pratica artistica sperimentale e collettiva. L’intento affascinante, a metà strada tra sogno e utopia, è tornato alla ribalta in questi giorni nella stessa location, con la complicità di un nuovo congresso – rievocazione poetica di quello di sessant'anni fa – e un evento espositivo sulla stessa lunghezza d’onda, organizzato da Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e la Fondazione CRC. In programma fino al prossimo 10 novembre 2019.

La mostra dal titolo Per un rinnovamento immaginista del mondo ha una cornice antica: la Chiesa di San Dominico, fondata nel 1292. Sotto le volte a crociera – tra colonne decorate a scacchiera bianco-nera (come a Orvieto e Siena) e affreschi tre-quattrocenteschi – le opere moderne e contemporanee rimandano a una riflessione sull’idea di collettività, di rappresentazione sociale, di produzione laboratoriale e di arte libera. Lungo questo filo rosso sfilano pezzi firmati Pinot Gallizio, Piero Simondo, Mario Merz, ciascuno con la propria, personalissima, danza di colori e materia. E due interventi chiave, collocati all’inizio e al termine dell’esposizione.

Painting, Modern art, Art, Head, Acrylic paint, Watercolor paint, Self-portrait, Illustration, Street art, Portrait, pinterest
Courtesy Archivio Gallizio, Torino
Pinot Gallizio, Senza titolo (o rotolo di pittura industriale), 1958, tecnica mista su tela, 349 x 70 cm, collezione privata.

Ad aprire significativamente il percorso è il dipinto Senza titolo: un olio e resina su masonite, di 155 x 75 centimetri, realizzato nel 1956 a più mani da Pinot Gallizio, insieme a Constant, Asger Jorn, Jan Kotík, Piero Simondo e Giorgio Gallizio (figlio di Pinot). L’opera corale, completa di scritte e curiosi riferimenti antropomorfi, è frutto di un laboratorio sperimentale e testimonia l’importanza della fiducia nel lavoro di gruppo che avevano gli artisti coinvolti nel Congresso del ’56. «I loro laboratori erano concepiti come uno spazio di lavoro collettivo e sperimentale, in cui la sensibilità artistica incontrava la conoscenza scientifica e alchemica dei materiali (polvere, resine, pigmenti). Gli interessi si estendevano alle culture popolari e all’urbanistica con lo scopo di realizzare l’idea di artista ‘libero’, capace di operare e sviluppare la propria ricerca trasversalmente in diversi campi del sapere», spiega Carolyn Christov-Bakargiev, direttore del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e curatrice della mostra insieme a Caterina Molteni.

Wall, Art, Tree, Painting, Mural, Visual arts, Architecture, Photography, Window, Tourist attraction, pinterest
Courtesy photo
Taner Ceylan, Volpedo’s The Fourth Estate - Copy of Taner Ceylan, (Il Quarto Stato di Volpedo – Copia di Taner Ceylan), 2015, olio su tela, 250 x 465 cm.

Nella zona del coro di San Domenico, spicca, invece, l’olio su tela Volpedo’s The Fourth Estate – Copy of Taner Ceylan: una riedizione del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, collegato allo stesso spirito di utopia collettiva. Firmata da un artista contemporaneo, il turco Taner Ceylan, su invito della direzione artistica della 14maBiennale di Istanbul del 2015, è l’opera ponte tra passato e presente. Il pezzo chiave, che chiude idealmente il cerchio.