Una vita quantomeno romanzesca. Tanto per cominciare, era discendente di Lord Byron, proprietario di splendide residenze, amico di Federico Fellini e Rainer Maria Rilke, nonché amatissimo da Pablo Picasso, che lo definiva «il più grande artista moderno». Lusinghe a cui il conte Balthasar Klossowski de Rola (1908 − 2001), alias Balthus, replicava seccato: «È un pittore del quale non si sa nulla; ora guardate i quadri». Di fatto opere eccelse, al centro di quella che si preannuncia una retrospettiva irrinunciabile.
In scena dal 2 settembre all'1 gennaio 2019 alla Fondation Beyeler, la mostra ripercorre attraverso cinquanta artworks il corpus del maestro francese, irriverente iconoclasta delle avanguardie del Novecento, desideroso di essere giudicato esclusivamente per il suo lavoro. L'esito è una galleria di ritratti velati di sottile erotismo, in cui donne provocanti e conturbanti lolite si alternano a scorci affollati. E proprio uno di questi ultimi si staglia nel museo svizzero: Passage du Commerce-Saint-André, tela XL che riproduce il teatro della quotidianità, dove alcuni bambini giocano, un anziano li osserva stanco, mentre una ragazza lancia uno sguardo severo allo spettatore. Con pennellate lievi l'autore esprime il suo talento, restituendo una sensazione di sospensione temporale all'interno della quale le figure appaiono "immobilizzate" in un incantesimo. Antagonista dell'arte moderna, Balthus amava soprattutto la pittura rinascimentale e si ispirava a Piero della Francesca per composizione, linguaggio narrativo e inimitabile palette. Il riferimento è esplicito in Thérèse, superbo portrait della giovane vicina di casa, immortalata con linee morbide che si rifanno agli stilemi classici: le maniche della giacca sartoriale sollevate a scoprire gli avambracci, la mano languida appoggiata al ginocchio e l'espressione disinteressata, quasi annoiata; un'istantanea che cattura l'attimo fugace, prima che la magia si dissolva. Così Balthus mette in scena il suo realismo sempre in bilico tra sogno e realtà, sensualità e innocenza, serenità e inquietudine. Contraddizioni costanti in ogni opera, che lo rendono un interprete capace di cogliere lo spirito della sua epoca nel costante sforzo di svelare nuove forme di bellezza.