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David Goldblatt in mostra a Parigi

Il Centre Pompidou di Parigi dedica un’antologica al grande fotografo, che documenta sessant’anni di Sudafrica, tra lirismo e amarezza.

Di Benedetta Bernasconi
White, Black, Water, Black-and-white, Monochrome photography, Monochrome, Snow, Photography, Stock photography, Still life photography, pinterest

Profondamente convinto che una fotografia possa fare la differenza, da oltre sessant'anni il maestro dell'obiettivo David Goldblatt (Randfontein, 1930) denuncia discriminazioni e ingiustizie della società sudafricana. Il risultato? Un'amara narrazione per immagini attraverso un'epoca che va dal secondo Dopoguerra (ovvero dall'istituzione dell'Apartheid) fino ai giorni nostri.

Ora questi lavori sono al centro di una mostra-evento a lui dedicata. Dal 21 febbraio al 7 maggio, il Centre Pompidou di Parigi ospita una retrospettiva che ripercorre – con più di duecento opere – la carriera del provocatorio artista, vincitore di premi prestigiosi come l'Hasselblad Award e l'Henri Cartier-Bresson Award, nonché primo autore nato in Sud Africa consacrato al MoMA di New York.

In scena c'è tutto il suo universo: scatti celebri, documenti inediti tratti dagli archivi personali e foto giovanili (tra cui i poetici scorci realizzati sulle banchine del porto di Cape Town). Ritratti "ruvidi" svelati lungo il percorso espositivo da titoli fluviali, introdotti – a sorpresa – da Goldblatt stesso, la cui voce risuona nelle sale del museo. L'excursus si trasforma così in uno spettacolo struggente, dove ogni personaggio non è più il soggetto anonimo di un'opera, ma il protagonista assoluto della storia che l'interprete ha deciso di condividere. E sono proprio i dettagli a testimoniare il suo talento. Il deus ex machina, infatti, non riprende mai scene brutali, piuttosto rende visibile − con straordinaria empatia − la drammatica complessità della vita nei luoghi prescelti.

Lasciandosi ispirare dal quotidiano, cattura tate e bambini, pendolari addormentati sui bus, donne in chiesa; l'accusa è appena sussurrata, eppure: «Anche dove sembrava non accadesse niente, ribadivo le disparità, irritando l'establishment», rivela. Come nell'iconico A railway shunter who dreamed of a garden watered by his dam, Koksoord, Randfontein, Transvaal, 1962, della serie Some Afrikaners photographed: una raccolta che immortala uomini bianchi − discendenti da coloni olandesi o tedeschi − accesi sostenitori del Partito Nazionale. Accanto a questi masterpiece, spicca poi un ciclo più intimo e delicato: Particulars, di cui è parte Woman with pierced ear, Joubert Park, Johannesburg, 1975. Una collezione di close-up, comunque evocativa delle estreme divisioni sociali, economiche, culturali.

Perché con la consapevolezza di chi può solo raccontare, Goldblatt esclude ogni violenza per cristallizzare l'essenza più profonda dell'essere umano.

White, Black, Water, Black-and-white, Monochrome photography, Monochrome, Snow, Photography, Stock photography, Still life photography,

"A railway shunter who dreamed of a garden watered by his dam, Koksoord, Randfontein, Transvaal (3_4206)".

Wheel, Automotive wheel system, Stock photography, Mill, Black-and-white, Monochrome, Vehicle,

La fotografia capolavoro "Old mill foundations, tailing wheel and sand tailings dump, Witwatersrand Deep Gold Mine, Germiston, August 1966 (4_0378)".

Face, Hair, Photograph, Black-and-white, Head, Skin, Forehead, Hairstyle, Nose, Chin,

L'opera "Woman with pierced ear, Joubert Park, Johannesburg, 1975".

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