La Rossa, non nel senso della guida Michelin. Anche perché Eleonora Cozzella si occupa sì di guide, ma più tricolori. Rossa per il colore di capelli, semplicemente. Rossa perché dal carattere tenace, caparbio come la Sardegna in cui è nata. A Masterchef Eleonora Cozzella, nelle vesti di ospite, fa quello che le riesce meglio: analizzare il cibo. E giudicare, laddove serva, in modo inflessibile, una critica puntuale e nondimeno costruttiva, se è vero che le critiche devono anche dare un suggerimento per migliorare. E di suggerimenti vincenti ne ha regalati tanti nel corso di una lunga e appassionata carriera iniziata ben presto, da bambina, con la curiosità come motore principe. Coordinate (astrali) della pioniera del food&wine Made in italì: nata il 27 marzo 1974 a Lanusei, cresciuta tra Roma e Civitavecchia, attuale base a Pietrasanta e a Livorno. Apolide sì, per vocatio ciborum. Il curriculum di Eleonora Cozzella include studio, viaggi, cibo e gran passione per i prodotti della terra, dell’Italia, oltre alla ricerca di valorizzazione della materia prima di qualunque foggia essa sia. Un rispetto e una ricerca che l’hanno portata con costanza e intuito a diventare una delle giornaliste di food più rispettate d’Italia. Ispettrice della Guida Ristoranti de L’Espresso, è da qualche anno a capo della giuria italiana del World’s 50 Best Restaurants (quelli che hanno fatto trionfare Massimo Bottura, per intenderci). Una donna che si divide tra assaggi, degustazioni, scoperte quotidiane. Chi non la invidierebbe? Il suo segreto non è solo la costanza, Eleonora è una donna di passione: “Sin da bambina ero quella che convinceva gli amici, dicevo “andiamo a provare un ristorante che ho letto che è interessante, carino… All’inizio erano anche le sagre. Cominciavo così, dal prodotto” raccontava Eleonora qualche anno fa in un’intervista a Dissapore.

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Nel corso degli ultimi 10 anni, la sua esperienza è diventata certezza granitica di qualità. Il suo palato ha fatto (e fa) felici sortite fuori patria ma Eleonora, lo sguardo seminascosto dall’occhiale quadrato un po’ da professoressa prontamente smentito da un sorriso aperto e da una simpatia genuina come un piatto di amatriciana cucinato bene, ama visceralmente la cucina italiana contemporanea, della quale è stata spesso ambasciatrice e talent scout. Vocazione, appunto. “Fin da bambina ero appassionata di cucina, giocavo a fare la cuoca quando c’erano le prime trasmissioni di cucina in tv, e facevo il verso alla conduttrice Wilma De Angelis, spiegando le ricette alle telespettatrici”, diceva in un’altra intervista all’Abano Ritz. “Dopo le medie avrei voluto fare l’alberghiero ma i miei non erano molto d’accordo per tradizione familiare e volevano il Liceo Classico. Mi lasciai convincere, del resto le lettere erano l’altra mia passione”. La laurea la prende in filosofia ma invece di stare appresso a Kant e Hegel, Eleonora si tiene stretto il metodo di studio senza troppi sofismi. Con la classica volontà di ferro e non senza svisate di bordo: alla laurea aggiunge un master all’Università Cattolica del Sacro Cuore per la comunicazione sanitaria e una scuola di giornalismo, che le danno le basi più forti. Ma per parlare di cucina, serve altro: "Occuparsi di enogastronomia vuol dire andare a toccare delle corde sentimentali nella vita di chiunque: il cibo coinvolge la memoria, i sentimenti, persino la religione. È una materia veramente intima, che va avvicinata con una grande passione" racconterà tempo dopo, in un’intervista per il master in Food&Wine della Bologna Business School, del quale è stata anche docente. Le corde sentimentali che il cibo evoca durante i tasting vanno tradotte in parole. E quello vuole fare, perfezionandolo sempre di più. Ma intanto la giornalista Eleonora Cozzella studia, diventa sommelier, partecipa a master sul caffè e sui formaggi di cui diventa degustatrice professionista. Tutto per soddisfare quella ragazzina appassionata, la foodie ante litteram che andava alla ricerca di prodotti tipici particolari, ricchi di identità, di sfaccettature, di storie. Storyteller before it was cool, direbbero gli hipster foodie.

Dopo la formazione classica, Eleonora Cozzella è stata tra le prime a comprendere la ricchezza clamorosa di Internet per il food world: già nel 2007 lavorava per riunire i contenuti sparsi dei giornali locali del gruppo L’Espresso nel portale aggregatore L’Espresso Food&Wine, sotto l’egida e la guida affettuosa di quello che considera il suo maestro, Enzo Vizzari. Portale che poi è confluito, anche grazie all'impegno di Eleonora Cozzella in Repubblica Sapori. “Io credo molto nel compito del raccontare, qualcuno si affida a te per farsi raccontare una cosa dove lui non c’è” spiegava sempre a Dissapore. Cibo come passione, cibo come lavoro = passione come lavoro. Sempre serissimo. E non è vero che con la passione non lavorerai mai un giorno in vita tua, perché Eleonora è una “food writer globe-trotter”, non si ferma mai. Puoi incrociarla all’apertura di un ristorante, ad un incontro a porte chiuse, a un convegno sul vino: lei c’è. Consapevole del suo ruolo ma senza la minima protervia. Sul suo Linkedin snocciola rigorosamente le collaborazioni giornalistiche e non (in Italia e all’estero), il lavoro di ispettrice, quello di giurata, non per ultimo il suo libro di cucina, o meglio di saggistica di cucina, ma si tratta di elementare ordine di idee. Negli anni Eleonora Cozzella ha conquistato ufficialmente tutti, ed è la instancabile cacciatrice di storie, ma anche la studiosa ordinata a appassionata di Pasta Revolution, racconto illuminato di come il cibo principe degli italiani abbia lentamente (ri)conquistato le vette dell’alta cucina dopo essere stata snobbata in quanto alimento troppo abusato, troppo scontato, troppo legato a una tradizione estremamente mediterranea. E invece oggi gli chef di tutto il mondo la inseriscono nei loro menu, sperimentando sul classico già tracciato tra cotture funky, salse di pasta e riscoperte antiche. Il segreto del suo successo è semplice: “Questa è una materia che non si può solo studiare” sostiene senza mezzi termini. “Non posso immaginare un manager che si occupa di food&wine che non ami mangiare o bere, che non abbia piacere in quello che deve fare nella vita. Questo è uno di quegli ambiti in cui lavoro e piacere devono coincidere”. E chi se non la contatrice di storie del cibo, avrebbe potuto dirlo.

photo courtesy Giunti