Il sorriso aperto e spontaneo di chi ha passato tutta la sua vita a contatto con le persone e ancora sembra un bambino dentro un negozio di caramelle. Nel suo caso, pardon, in una pizzeria. Pizza purissima, la quintessenza dell’esaltazione del cibo, pochi fronzoli. E una città da sfamare. Gino Sorbillo + Napoli = pizza, un amore così grande. Da Sorbillo ai Tribunali infatti si serve solo lei: niente fritti e niente caffè. Servizio spartanissimo, il focus fondamentale non poteva che essere sulla Regina (Margherita, of course). Tra cornicioni ripieni di ricotta (che sono incredibili) e qualche proposta innovativa, c’è un filo conduttore che non si spezza mai: la semplicità di una tradizione solida e pulita. Perché Gino Sorbillo è la pizza napoletana da vent’anni a oggi, da quando il suo impegno per donare una nuova dignità ad uno dei cibi più goduriosi del mondo è iniziato in primissima persona, dietro il bancone della pizzeria di famiglia nel centro storico di Napoli, all’epoca zona off limits. Gino Sorbillo oggi è a capo di un piccolo impero di mozzarella&pomodoro, con nuove aperture che si susseguono ogni anno. E finalmente anche un libro che racchiude la sua personale filosofia di vita e di cucina, "Pizzaman", in uscita per Dissapore (2017). Lo abbiamo intervistato di ritorno da New York, dove a Little Italy ha aperto il primo Sorbillo point degli USA: “È venuto pure Bill De Blasio e ha preparato la pizza con me come se niente fosse. Pure Mario Batali, pure Jimmy Fallon. Questa cosa mi fa andare sempre più avanti per la mia strada” ci ha raccontato al telefono, senza accusare minimamente il jet lag (beato lui).

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Pizzaman, il libro di Gino Sorbillo (Dissapore)


Dal tuo libro emerge come questa “lievitazione” della tua attività ti abbia portato anche negli States. Cominciamo dalla fine: hai aperto la pizzeria classica o una filiale della pizza fritta?

La pizza al forno, classica. A New York abbiamo aperto la pizza Gino Sorbillo, l’evoluzione della pizza a libretto o portafoglio che si fa da secoli nei vicoli e vicoletti della città di Napoli. È una pizza fondamentale, in fondo molto semplice e molto povera. So che è in atto un’evoluzione della pizza, io sono stato tra i promotori: la mia pizza, per quanto si sia evoluta col tempo e con i prodotti scoperti, in fondo in fondo non tradisce mai la sua origine. Ci tengo a precisarlo.

La tua pizza “a portafoglio” è molto diversa da quella romana “al taglio”, eppure sono entrambe delle tradizioni da rispettare. Secondo te nel mondo della pizza non si sta esagerando troppo, virando verso la fissazione gastronomica?

Io sto notando una cosa di questo “fermento” attorno alla pizza. È anche un po’ colpa mia se la pizza e i pizzaioli sono tornati alla ribalta perché ho fatto un certo tipo di comunicazione, ho lavorato sull’orgoglio dei pizzaioli… Però questa cosa a volte sfugge di mano. Sono stato e sono un pizzaiolo innovativo, a volte “provocatore” per suscitare un interesse maggiore verso la pizza e verso ciò che si fa e si è fatto, però a volte i ragazzi della nuova generazione perdono un po’ di vista quali sono i propositi di continuare a fare questo lavoro. Pensano di fare i pizzaioli solo attraverso i social, con i like che ottengono. Non sanno che like e social possono essere uno sfogo, un modo vivace di comunicare nei tempi giusti il nostro mestiere: ma il vero lavoro si fa dietro al banco, nelle proprie botteghe, anche in senso di rispetto e di relazione con gli altri pizzaioli, soprattutto di chi ci ha preceduto ed è più anziano. È anche un modo di essere, uno stile: si è pizzaioli anche nella vita, non lo sei solo dietro una tastiera. A volte esagerano. Sarebbe da metterli alla prova: vieni una settimana alla sede storica in via dei Tribunali, vediamo come te la cavi nell’organizzazione del lavoro, nell’acquisizione delle materie prime e in tutto quello che comporta essere pizzaioli veramente organizzati. Il buon 90-95% non durerebbe più di qualche ora.

Il libro è anche una biografia dove ti metti veramente a nudo, racconti dettagli personali della tua famiglia che è indissolubilmente legata al mondo della pizza e ci sono personaggi meravigliosi da scoprire. Come tua Zia Esterina, alla quale poi hai dedicato i locali della pizza fritta. Cosa ti direbbe lei oggi di fronte a tutto questo successo meritato e mediatico?

Zia era una persona che non amava tanto pubblicizzarsi, ma nello stesso tempo aveva molta fiducia in me. Ho aperto diversi punti per onorare la storia di questa donna semplice, che ha dato segnali fortissimi sia a me nella famiglia, ma anche al mondo intero. Da anni ci tenevo a darle questo riconoscimento. Era una donna che veniva presa in giro perché secondo molti era una poverella che andava a fare la spesa, adesso in un certo senso è diventata un’istituzione, grazie a questo nipote che inizialmente non era calcolato per niente… pur a me dicevano “ma tu che fai, ma la pizza”. Dobbiamo onorare la nostra famiglia, soprattutto le famiglie di pizzaioli perché sono le generazioni precedenti che hanno consentito alle successive di avere un appoggio. Le storie del passato vanno ricordate e premiate.

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Un’altra donna che è molto importante nella tua vita è tua moglie Loredana, che si occupa della gestione più amministrativa. Hai mai pensato di far preparare le pizze anche a lei?

No, lei no, lei è interprete! Mi aiuta in altre cose, non mi è mai venuto in mente né lei ci ha mai provato, nemmeno come provocazione. Ha un competenza straordinaria sulle lingue e sull’organizzazione delle cose.

Un'altra cosa molto importante che emerge dal libro il tuo rapporto fondamentale e strettissimo con la città di Napoli, che tu celebri attraverso la pizza ma nomini anche alcuni quartieri (Forcella, l’Avvocata, i Tribunali) e i problemi endemici della città. Hai contribuito a rivalutare Napoli?

Ho contribuito ma non spetta a me dirlo. Più che altro ho contribuito alla rinascita del centro antico di Napoli. Quando ho cominciato io 20 anni fa, questa zona si conosceva solo per il maggio dei monumenti e Natale. Mi sono sentito denigrare, comunque, persino molti amici dicevano “che schifo, non verremo mai”. Volevo fare questo lavoro che sembrava, e lo è ancora, una missione di famiglia. Ho dato involontariamente sicurezza alla intera zona, accendendo una specie di riflettore: i commercianti dei Tribunali si sono caricati di buoni propositi, hanno diversificato le attività quindi non solo le pizzerie ma tanti negozi, biancheria, articoli per la casa, tabaccai… Mi ringraziano, io non capisco ma mi spiegano che i clienti, mentre aspettano per entrare da Sorbillo, comprano le mutande, fanno la spesa, comprano il vino… Questa cosa mi fa capire quanto lavoro positivo ho fatto. Ho teso mani a persone normali con cui potevo allacciare legami per iniziative di beneficenza: mi ha aiutato il fiuto di stare lontano dalle persone che non mi piacevano, in questo anche il servizio militare nei Carabinieri è servito. Sono generosissimo fino alla fine, appoggio tutte le iniziative sane che mi vengono proposte, ma altre cose no. Sono in contatto con le istituzioni ma non chiedo mai favori a nessuno, lo sanno tutti benissimo, voglio sentirmi libero di fare le cose con le mie forze. La forzatura, le cose che non mi quadrano, le tengo ben lontane. Ogni giorno ricevo centinaia di lettere di pizzaioli che mi ringraziano perché hanno aperto pizzerie ispirati dal mio lavoro, perché vogliono visitare Napoli, per i motivi più disparati. Mi scrivono tutti, tutti, tutti, e io sono felice di questo.

(PSSSST, volete sapere come fa la pizza Gino Sorbillo? Pizza napoletana ricetta, direttamente dal libro: 120 gr di mozzarella, 120 gr di pomodoro condito e 300 grammi di impasto. E il basilico all'uscita. Cottura rapidissima nei forni a legna, un minuto a 400 gradi circa. Stop. Ai fanatici delle diete potrebbe sembrare un’esagerazione pazzesca (tutti quei carboidratiiiii?), ma questo rimarca la vera origine povera della pizza, la sua missione di sfamare in poco tempo le persone, e il legame strettissimo tra la famiglia Sorbillo e questo cibo degli dèi).

in apertura Foto di Peter Clarkson su Unsplash /courtesy photo / GettyImages.com