Il fascino innegabile delle carte dei menu. Collezionate, ammirate, accarezzate e sfogliate con finto distacco mentre lo stomaco pregusta ciò che potrà arrivare. Il popolo dei gastrofighetti, dei foodies, dei foodblogger e quante altre definizioni possiamo dare agli appassionati di cibo 2.0 (food-boner?!)non può resistere al richiamo primario verso le vette della cucina, fatto spesso da un innocente foglio di carta(paglia) non sbiancata chimicamente, vergata in caratteri tipografici vagamente hipster (aperta parentesi: i grafici iniziano a scagliarsi contro certi font come vent’anni fa sbugiardarono il Comic Sans) e dalle descrizioni evocativamente poetiche. Se il food marketing è diventato un’arte, molto dipende anche dagli studi psicologici si nascondono dietro la scrittura dei menu dei ristoranti, chiamato molto prosaicamente menu engineering.

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FineDiningLovers ha svelato in un’infografica disegnata da Aaron Allen i segreti su come scrivere il menu di un ristorante, la carta dei cibi e dei vini nei posti di fascia medio-alta: dettagli minutissimi che, inconsapevolmente, spingono l’attenzione del cliente verso le pietanze più importanti (anche economicamente) e lo conducono verso un certo tipo di esperienza gastronomica (non negativa, si spera). Spaventati e pronti a gridare al complotto, vi vediamo: fatevi affascinare, invece di preoccuparvi. Sono accorgimenti che si rifanno alla psicologia cognitiva, debitamente adattati alle necessità dei ristoranti (e che potrete sfruttare a vostro vantaggio).

Primo dettaglio: i colori del menu. Secondo la cromoterapia, ogni colore stimola un’emozione diversa e di conseguenza spinge verso determinate scelte. Il rosso è un eccitante, in natura è il colore usato per attirare, in campo gastronomico invece rinforza la scelta fatta. Il verde in cucina è sinonimo di cibo fresco e genuino, quindi viene abbondantemente utilizzato per sottolineare le materie prime (e non solo i piatti vegetariani/vegani). L’arancio stimola l’appetito, il giallo viene utilizzato per dare un tocco di leggerezza ragionata. E il blu? Immancabile e preferito dei ristoranti di pesce perché richiama le onde del mare e i suoi prodotti. Non è da meno il materiale con cui è realizzato un menu: vi siete mai chiesti il perché di quella finta pelle ribattuta agli angoli anche nel ristorante più infimo che avete frequentato? È purissima percezione: pesante ma morbido al tatto dà subito l’impressione che in cucina ci sia qualcosa di importante, cibo da "proteggere" e valorizzare. Idem per cartoncini pesati e grammature di carta speciali che folleggiano nei nuovi bistrot: il menu è il primissimo biglietto da visita di un ristorante, più del tovagliato o della mise en place. Ricercatezza del materiale utilizzato = il ristorante sale di livello nelle nostre considerazioni.

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E le pagine? Geometria perfetta. La regola del triangolo magico del menu vi indicherà i piatti che i ristoratori vogliono farvi ordinare a tutti i costi: va dall'angolo destro fino all'angolo sinistro a metà dell'elenco dei piatti, centro preciso, lo scrigno della realtà. Controllate bene l’elenco: in cima alla lista di ogni sezione di pietanze (primi, secondi, contorni) ci saranno sempre i piatti che garantiscono al ristoratore un maggior margine di guadagno e inconsciamente sceglierete proprio quelli. Gli ingegneri del menuconoscono il loro lavoro: lo sguardo è portato a selezionare ciò che sta al top nel vero senso della parola e a tralasciare ciò che si annida in fondo. Potere delle graduatorie, à la carte come nella vita reale.

Le parole dei menu. Sono importanti, sosteneva Nanni Moretti, e nella scrittura delle carte dei ristoranti ancora di più. Pensate alla dicitura “pasta al pomodoro” contrapposta a “spaghettoni con pomodorino scottato e basilico dop”: quale vi attirerebbe di più? Bravi, avete capito. Anche una semplicissima crostata, se travestita da “Torta della nonna Maria”, acquista un sapore vintage che ha un effetto nostalgia clamoroso sulla nostra immaginazione. Siamo facilmente ingannabili dalle parole giuste, ma soprattutto dagli accorgimenti grafici: se la descrizione di un piatto è leggermente più lunga delle altre di sicuro guadagnerà la nostra attenzione, e molto probabilmente sceglieremo quella pietanza in virtù delle battute in più spese per parlarne. Idem se il nome del piatto campeggia solitario: il silenzio dello spazio bianco vale in poesia come nei menu dei ristoranti. Less is more, soprattutto nella quantità: i grandi chef da record offrono al massimo sette pietanze per sezione, non di più, spesso di meno. Aiutano a indirizzare le scelte del cliente oltre ad essere spesso sinonimo di qualità. Concentrazione di proposte is the new "offro il meglio e non è per tutti": ci piace sentirci unici ed eletti. In realtà qualcuno ha già scelto per noi.

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