Narrano le leggende che la piazzetta triangolare incastrata tra la striscia lunga di via Labicana e la collina dolce verso il Colosseo, sia stata trasformata in una finta place di Parigi per una serie tv. Credibile: il quartiere Celio è uno dei gioiellini di Roma e piazza Iside, accanto ai resti dell’omonimo tempio, ha un fascino sottile e senza tempo che nelle sere di primavera fa venire voglia di scambiarsi baci sulle panchine. È in questa atmosfera roman-parisienne super internazionale che sorge Perpetual Roma, il nuovo ristorante dello chef Cezar Predescu e di una brigata di 16 collaboratori di età media 26 anni (glom) e provenienze da tutto il mondo. Già il colpo d’occhio delle tre vetrate affacciate sui sampietrini suggerisce la discrezione e la raffinata ambizione del ristorante, ma sono gli interni su tre piani curati dall’architetto Simone Subitoni a confezionare egregiamente l’esperienza cibo del Perpetual.

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La cucina è parzialmente a vista e ci si può affacciare (previo permesso). L’ingresso è illuminato magistralmente dai punti luce fenomenali di Davide Groppi e non si può evitare di ammirare il bancone in legno fossile del Kazakistan attorno al quale si struttura la zona bar-pranzo-aperitivo del pianoterra. Un legno particolare, un monumento in molti sensi, e primo incontro con la filosofia di casa Perpetual. Il piano superiore è parzialmente occupato dal salottino con la cantina dei vini dove un’installazione a parete simula elegantemente la mescita in bottiglia, e si apre il ristorante minimal (zero tovaglie, luci dirette sui tavoli in legno, sedute comode) che condivide lo spazio con il laboratorio di pasticceria furbescamente nascosto da una parete scorrevole. L’ultimo piano è appannaggio assoluto dello staff del ristorante, che alla giovanissima età unisce una sensibilità esagerata nei confronti degli ingredienti utilizzati in cucina.

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Lo chef di Perpetual Cezar Pradescu.

Il cibo. D’altronde in un ristorante ci si va per questo, per mangiare. Al Perpetual si parte da un assunto: la materia prima è l’essenza primordiale da trasformare senza tradirla. Una sfida notevole per la ristorazione romana, che sta rialzando la testa proprio grazie all’impegno di nuovi chef (stellati o meno) in fase di intervento radicale sul territorio. Ma non c’è la dittatura del km 0 o altre fissazioni a tutti i costi: al Perpetual si cerca l’eccellenza, la nicchia, la preziosità senza superbia, il “poco ma superiore”, partendo dal rapporto diretto coi produttori. Lo spacciatore di tartufi è Carlo Caporicci della Tenuta San Pietro a Pettine di Trevi (ghiotta provincia di Perugia) e la classe si sente tutta sugli inebrianti gnocchi di patate cotte sotto la cenere e spolverate di prezioso tubero del sottobosco, totemica essenza di terra. I ravioli ripieni di taleggio conditi con dadini di pere e nocciole tostate sono un apparente classico rivisitato, la sfoglia tirata in cucina come una volta incontra la sperimentazione che avvolge anche gli abbinamenti piatto-drink: il sake Shirayuki Edo Genshu, ultime due bottiglie di una ricetta del 1500 che riposa diciotto anni prima di essere servito, è abbinato ad un dessert eccellente come il panino al cioccolato, fatto di gelato al lievito madre e cioccolato tiepido piacevolmente salato. La ricerca è un pilastro fondamentale di Perpetual e la nota di merito va ai dessert nati dalle mani morbide di Daniela Ruse, sulla quale scommettiamo molto in questa nuova ondata di pastry chef al femminile: abbinare la freschezza del kefir brinato con lici e bergamotto su biscuit morbido in doppia cottura è un gioco di equilibri notevole.

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Uno dei dolci nel menu di Perpetual, pastry chef Daniela Ruse.

Da Perpetual Roma diventa chiarissimo che semplicità non equivale a banalità: anche il tradizionalissimo pane e olio sale di livello con un pane integrale di lievito madre e olio Parallelo 46 del Garda, ultimo baluardo geografico per la coltivazione hic sunt olives, zero acidità tantissima dolcezza aromatica. Modificare il comfort food comporta prendersi delle responsabilità, assolte completamente dalla brigatona di Chef Predescu. Un perpetualrichiamo alla terra, alla solidità degli ingredienti selezionati, che fanno di questo ristorante un’esperienza che punta alle stelle. Non solo metaforiche.