L’acqua nelle bottiglie di plastica è contaminata. O almeno, questo è quello che risulta da un controllo effettuato sulle marche in vendita nel Regno Unito. Si tratta di piccolissime tracce di plastica, che vengono però ingerite inconsapevolmente insieme all’acqua. Una scoperta shock che ha indotto l’Organizzazione Mondiale della Sanità ad avviare subito un’inchiesta per verificare se si stratta di un fenomeno isolato che riguarda solo le marche incriminate, o se è il problema è globale e anche legato all’uso della bottiglia stessa. L’acqua sul pianeta è contaminata ovunque dalla plastica, ormai. L’anno scorso vi abbiamo raccontato di come nel mare la quantità di plastica si aggiri sulle 270mila tonnellate, una cifra così ingente che c’è chi come Javie Goyenche, fondatore di Ecoalf ha pensato di raccoglierla per ricavarne fibre tessili e moda sostenibile. Ma è troppo poco. Per il momento, OMS ha rassicurato i consumatori, ma come riporta l’Independent in Uk, “test condotti presso la State University di New York a Fredonia hanno rilevato che la maggior parte delle 259 bottiglie d'acqua valutate da ricercatori di 11 marchi diversi sono state contaminate”. Scientific Report scende maggiormente nei particolari e spiega che si tratta di una media di 10 particelle di plastica per litro d’acqua, anche dello spessore del capello umano. Microparticelle si trovano però anche nell’acqua del rubinetto, nella birra e in tutte le bevande che richiedono aggiunta di acqua. Ma da dove provengono queste scorie?

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Tatiana Balletti per Unsplash

La microplastica nelle acque arriva da molte fonti. Dai processi industriali, dal lento (millenario) dissolversi delle confezioni e della bottiglie di plastica. Ma anche dai cosmetici che sciacquiamo via dalla faccia. Alcuni scrub con particelle non naturali, ad esempio, ma soprattutto i famigerati glitter, che oltre a inquinare scivolando giù dallo scarico della doccia (per finire in bocca ai pesci), possono essere dannosi alla salute se finiscono nelle parti intime o vengono ingeriti. Per ora l’Oms non ha ancora alcuna prova che queste particelle di plastica trovate nell’acqua siano pericolose (forse che l’apparato digerente le espella come le fibre vegetali?), ma è necessario fare una verifica sul lungo periodo. Capire, insomma, che senso ha scegliere alimenti biologici, fare attività fisica e controlli di prevenzione se poi passiamo una vita a ingerire plastica. E soprattutto, quali effetti può avere se la ingeriamo da anni.

A detta dei portavoce dello European Food Safety Authority, come riporta ancora l’Independent “Le microplastiche sono presenti nell'ambiente, sia sulla terra che nell'acqua, quindi è inevitabile una certa presenza nel cibo, ma ciò non significa necessariamente che questa presenza sia dannosa. Valuteremo tutte le informazioni emergenti riguardanti le microplastiche nei cibi e nelle bevande”. Ma siamo sicuri che sia inevitabile? Chi è abbastanza agé da ricordare i paguri e le stelle marine sui litorali romani, ricorda pure che l’acqua minerale, fino agli anni 80, si comprava in bottiglie di vetro che una volta vuote si riportavano al supermercato, altrimenti pagavi una piccola penale. Le gomme da masticare avevano l’involucro di sola carta, non si compravano in vasetti (di plastica) dalle forme attraenti. Il caffè in polvere si versava nella moka, e dopo averlo bevuto restavano solo una tazzina e la caffettiera da lavare, non una cialda (di plastica). Il sapone era sapone, nel suo guscio di carta, non usciva da un dispenser (di plastica). Forse, se la plastica non vogliamo berla più, sulla questione abbiamo molto più potere d'azione di quanto ne sembriamo consapevoli.